Covid e disabilità, “vaccinare subito i nostri figli, fragili e a rischio”

Uomini e donne che potrebbero non essere in grado di affrontare il contagio né l’eventuale ricovero: a Bologna i familiari delle persone con disabilità in campo per chiedere tempi certi per la somministrazione dei vaccini anti-Covid. “Ancora una volta nessuno si occupa di noi”

Covid e disabilità, “vaccinare subito i nostri figli, fragili e a rischio”

Familiari di ragazzi con disabilità cognitive e comportamentali insieme per chiedere tempi certi per la somministrazione del vaccino anti-Covid ai figli e ad almeno un caregiver, per riprendere quelle attività ferme, ormai, da quasi un anno. Angsa, Aias, Grd, la richiesta è una sola: fare presto, perché molti dei loro familiari con disabilità, in caso di contagio, potrebbero non essere in grado di sconfiggere il virus e, in caso di ricovero, non potrebbero essere lasciati mai soli. Alle loro voci si unisce anche quella di Graziella Cremonini, mamma di Michela, 48 anni, a cui è stata diagnosticata una forma di epilessia farmacoresistente con disturbi del comportamento. Sulla sua cartella clinica c’è scritto: Sindrome di Lennox Gastaut. Oggi Michela vive in una casa famiglia dell’associazione bolognese Casa Santa Chiara, frequenta un centro diurno e rientra a Borgo Panigale, dove vivono i genitori, nel fine settimana. Questa, almeno, era la prassi pre-Covid. Un anno fa, tutto è cambiato. Dopo i mesi primi di chiusura totale della struttura (come abbiamo raccontato nel podcast di Redattore Sociale “Quaranta giorni senza mamma e papà”), a giugno i primi incontri dal vivo: passaggi non semplici, perché per Michela la routine è tutto.

Oggi la situazione è ancora diversa: un protocollo dell’Azienda Usl stabilisce la possibilità, per Michela, di poter tornare a casa ogni 15 giorni per massimo due notti. “Tutto sommato, per ora va bene così – spiega Graziella, anche autrice del libro autobiografico “Un pranzo semplice” –. Michela sembra essere meno stressata, con queste scadenze. Purtroppo il brutto tempo di impedisce di fare buona parte delle attività a cui eravamo abituati, ma alla fine lei è felice, e così lo siamo anche noi”. Ogni 15 giorni Graziella e Sandro fanno o sierologico o tampone rapido: fino a dicembre tutto a carico loro, per un totale di oltre 120 euro al mese. Dalla fine dell’anno, però, in qualità di caregiver possono effettuare gratuitamente un tampone rapido al mese. Ora una nuova normativa regionale ha previsto la gratuità di un tampone rapido ogni 15 giorni per determinate categorie, ma ancora non è chiaro se i caregiver vi rientrino: “Il fatto che non si parli esplicitamente di persone con disabilità e caregiver è esemplificativo – continua Graziella –. Purtroppo siamo abituati, nessuno si occupa mai di noi. Pur di vedere nostra figlia siamo disposti a sobbarcarci le spese, ci mancherebbe. Ma crediamo sarebbe ora che di noi, dei nostri figli, si parlasse di più”.

Michela, a oggi, non ha ancora ripreso le attività al centro diurno, al contrario di altre persone che abitano con lei: “Pare sia un problema comunale. Ci hanno spiegato che è il Comune che deve dare il consenso. Siamo in contatto con i servizi specifici, speriamo presto facciano ripartire il percorso di nostra figlia. Per fortuna i suoi educatori – è quasi un anno che passa le sue giornate a Casa Santa Chiara – la portano fuori due o tre volte la settimana. Una passeggiata in centro, un giro in uno dei parchi della città. Quando sono in giro chiedo sempre che mi mandino qualche foto, in modo da avere argomenti di conversazione con lei per quando ci vediamo. Da che è arrivato il Covid, purtroppo, so molto meno di lei rispetto a prima. Se c’è brutto tempo, fanno un giro con il pullmino: a lei piace moltissimo, come andare in macchina. È sempre stato così, da quando era piccola”.

La casa dove vive Michela è una casa famiglia, dunque non rientra in nessuna delle categorie ricomprese nella fase 1 della campagna vaccinale: al momento nessuno è stato vaccinato, perché gli educatori non sono inseriti come operatori socio-sanitari. “Tutti viviamo in un limbo: i nostri ragazzi potrebbero non essere in grado di affrontare il Covid, certamente non sarebbero in grado di affrontare, da soli, un ricovero – continua Graziella, anche membro di Insieme si può, l’associazione di familiari delle persone con disabilità che frequentano i gruppi e i centri della cooperativa Casa Santa Chiara –. Gli educatori sono in difficoltà: hanno famiglie, figli. Sanno di avere un’enorme responsabilità anche nei confronti delle persone che seguono. Capisco bene che le categorie che dovrebbero avere la priorità sono molte, ma penso che, subito dopo i sanitari, dovrebbero esserci le persone con disabilità e chi si occupa di loro. I nostri familiari con disabilità sono chiusi da un anno perché considerati fragili, a rischio. E allora perché ancora nessuno ci ha contattato per il vaccino? Forse perché noi siamo solo un costo, per lo Stato? Spero di sbagliarmi e che presto riusciremo a superare anche questa sfida”.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)