Covid in carcere, in un mese incremento del 120% di contagi. L’allarme della polizia penitenziaria

Circa 1700 in positivi nell’ultima settimana: 876 tra gli agenti penitenziari, 48 del personale amministrativo e 804 tra i detenuti, Di Giacomo (Spp): “Sono solo dati parziali. Subito open day di vaccinazione nelle carceri”. De Fazio (Uilpa Pp): “Si aggiorni il protocollo sanitario e intervenga il Governo”

Covid in carcere, in un mese incremento del 120% di contagi. L’allarme della polizia penitenziaria

 “La diffusione del Covid nelle carceri ormai ha raggiunto una media del 40% a settimana: secondo i dati di fonte del ministero, nell’ultima settimana sono 876 i positivi tra agenti penitenziari (860 con degenza a domicilio), a cui aggiungere 48 del personale amministrativo e 804 tra i detenuti. In un mese i contagi nelle carceri, sicuramente anche per effetto della nuova variante, hanno raggiunto l’incremento del 120%. I focolai più numerosi in atto sono la riprova che specie negli istituti del Nord la diffusione è più rapida rispetto a quelli del centro-sud”. Lo denuncia il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria (Spp), Aldo Di Giacomo. Che aggiunge: “La preoccupazione tra il personale, le famiglie, i detenuti è altissima aggravando la situazione del controllo degli istituti per il numero ridotto di agenti in servizio. I dati ufficiali di fonte ministeriale purtroppo sono parziali e arrivano in ritardo rispetto alla realtà che segna un trend di contagi in forte aumento in queste festività natalizie e destinato dunque ad avere conseguenze impattanti sulla gestione delle carceri. Sminuire o nascondere la verità può solo portare ad un’ulteriore sottovalutazione e a complicare le problematiche esistenti”.

Per Di Giacomo, “non è più sufficiente condividere la nostra preoccupazione ma bisogna procedere all’organizzazione immediata di Open Day di vaccinazioni nelle carceri proprio come accade fuori e all’obbligo del green pass e di mascherine Fpp2. Continuiamo a mettere in guardia su ulteriori ritardi che si sommano a quelli già accumulati da mesi. Si sta ripetendo lo stesso grave errore di sottovalutazione compiuto con l’avvio della prima fase di vaccinazione anti-Covid: per la somministrazione della dose booster (cosiddetta terza dose) del vaccino – evidenzia Di Giacomo - non c’è alcuna corsia preferenziale per il personale penitenziario e i detenuti. E se qualcuno pensasse che attualmente sia sufficiente il green pass deve ricredersi perché non è così: la sicurezza di detenuti ed agenti si garantisce con tutta una serie di strumenti e comportamenti di rigorosa prevenzione e con un monitoraggio costante della diffusione del virus”.

Il segretario del Sindacato Penitenziari rinnova l’appello ai Ministri alla Salute e di Grazia e Giustizia perché nella circolare (Ministro Speranza) si prevede la somministrazione della dose booster anche alla fascia d'età tra 40 e 59 anni - dopo almeno 5 mesi dal completamento del ciclo primario - "in considerazione dell'aumentata circolazione del virus SarsCoV2, che ha determinato un incremento dell'incidenza di nuove infezioni", ma non c’è indicazione sulle priorità che riguardano agenti e detenuti.

De Fazio (Uilpa Pp): “Si aggiorni il protocollo sanitario e intervenga il Governo”

Stessa lettura arriva da Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria. Che afferma: “Complice la variante Omicron, dilagano i contagi da Covid-19 nel Paese e nelle carceri, con focolai di vastissime proporzioni, come presso la Casa Circondariale di Verona, dove secondo le nostre informazioni sarebbero circa 140 fra i reclusi e una trentina fra la Polizia penitenziaria gli affetti da Coronavirus. Ciononostante, nelle carceri si continua a combattere il nemico invisibile che ha potenziato enormemente le proprie armi con strumenti divenuti ormai inefficaci, come fossimo difronte alla prima sequenza del virus isolata a Wuhan. Difatti, mentre per contrastare l’eccezionale virulenza della nuova variante della SARS-CoV-2 il Governo, con il decreto festività, ha varato nuove misure per stadi, cinema, teatri, trasporti, etc., conclamando la sostanziale inerzia in tema di politiche penitenziarie, nulla ha sinora previsto per le carceri, al di là di un obbligo vaccinale per gli operatori, la cui efficacia contro la variante Omicron sembra peraltro ridotta. Non è richiesto green pass (neppure quello semplice) a utenza e visitatori, fra cui detenuti e rispettivi familiari che si recano a colloquio, avvocati, etc… e non vi è dotazione di mascherine FFP2, le quali non sono obbligatorie; insomma, niente di niente. Per tali ragioni, nella mattinata odierna abbiamo indirizzato una nota al Direttore generale del personale, Parisi, e per conoscenza, oltre che ai Capi di Dap e DGMC, Petralia e Tuccillo, anche ai ministri della Salute e della Giustizia, Speranza e Cartabia, con la quale abbiamo richiesto l’aggiornamento del ‘Protocollo Quadro per la Prevenzione e la Sicurezza nei luoghi di lavoro in ordine all’emergenza sanitaria da Covid–19’ risalente al 23 ottobre 2020”.

“Stanti i proverbiali ritardi della politica e dei Governi per ciò che concerne le questioni carcerarie, non possiamo far altro che affidarci alla sensibilità dimostrata dai vertici dipartimentali, soprattutto in tema di politiche di contrasto al Covid-19, per cercare di arginare gli effetti di questa quarta ondata della pandemia. Attraverso l’aggiornamento del Protocollo sanitario, pensiamo che si possano prevedere misure e accorgimenti adeguati alla contagiosità della nuova variante, dotando anche tutti coloro che vivono o operano in carcere di mascherine FFP2”.
“Nondimeno – conclude -, auspichiamo che il Governo, nella riunione del Consiglio dei Ministri prevista per oggi, vari specifici provvedimenti in tal senso e, non ultimo, che si appresti a promuovere un pacchetto di norme specifiche per affrontare la complessiva emergenza penitenziaria, che è ormai di dimensioni straripanti”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)