D come Dialogo. Il dialogo famigliare è palestra provvidenziale per le altre occasioni in cui parliamo col prossimo

Dialogare presuppone il “dovere di sedersi”, scegliere un luogo e un tempo deputati all’ascolto reciproco.

Per quanto possa essere completa, l’unione di due anime
lascia differenze che rendono piacevole la conversazione.
Georg Christoph Lichtenberg

D come Dialogo. Il dialogo famigliare è palestra provvidenziale per le altre occasioni in cui parliamo col prossimo

D come Dialogo. Quelle in apertura sono parole che evidenziano solo l’aspetto piacevole di un ambito che mette alla prova ogni coppia ed ogni famiglia, ovvero l’arte del dialogo. C’è un periodo in ogni storia d’amore in cui parlarsi sembra la cosa più naturale del mondo. Le parole scorrono senza alcuna difficoltà, spesso sono parole di gratuito apprezzamento sussurrate dolcemente e i fidanzati magari si vantano di “dirsi tutto”. Col tempo, poi, le cose possono cambiare, anzi comunque cambiano ed è importante essere attrezzati, o almeno disponibili ad un allenamento specifico perché le nostre conversazioni mantengano il sapore dell’autenticità e della gentilezza.

Prima ancora che arrivino le interferenze dei figli e che anche con loro si avvii un’educazione alla parola e al confronto, è la coppia che è chiamata a dialogare secondo regole non scritte eppure fondamentali. Sapersi guardare negli occhi, dedicarsi una reciproca attenzione anche nella postura che può essere più o meno disposta all’accoglienza delle parole dell’altro. Vi è mai capitato, per esempio, di avere degli scambi verbali fra un ambiente e l’altro della casa, uno in salotto e l’altra in cucina, senza porre freno al movimento o ad altre attività mentre si parla? Ecco, quello non è un vero dialogo, ma un semplice scambio di informazioni. Dialogare presuppone il “dovere di sedersi”, scegliere un luogo e un tempo deputati all’ascolto reciproco. Così come la modalità di parlare: senza improperi, senza insulti, senza alzate di spalle, ma – invece – lasciando parlare l’interlocutore, aspettando che abbia finito, senza interromperlo. Quando la consuetudine del vivere insieme oltre alla confidenza porta anche le scorie dell’abitudine e del dare per scontato che il canale dell’altra persona sia sempre aperto, è in questi casi che ci si può accorgere di quanto la qualità del nostro parlarci possa essere curata e preservata.

A ciò si aggiunge che il tempo insieme dovrebbe rendere maggiormente consapevoli che “gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”: l’espressione è tratta dal bestseller di John Gray sull’argomento e si comprende facilmente. Finché non si sarà fatto i conti con la diversità sostanziale fra il modo di pensare maschile e femminile si rischierà sempre di essere insoddisfatti sul piano della conversazione, dando materiale a iosa ai comici e agli umoristi che si nutrono delle nostre defajances. Per esempio, chi dei mariti non ha sperimentato che molto spesso alle istanze o lamentele della propria moglie non è necessario rispondere prima di tutto con la soluzione pratica del problema, quanto piuttosto con l’offrire uno spazio, una camera di decantazione, in cui il bisogno è di essere ascoltata molto prima di risolvere concretamente? Questo è tipico della diversità di genere, ma si potrebbe andare avanti a lungo se non fosse che – come accennato – negli anni poi, arrivano i figli. Dai loro primi vagiti (o pianti sconsolati), fino ai capricci da bambini e alle impuntature da adolescenti, essi sono inevitabilmente degli ostacoli ad una comunicazione tranquilla e lineare fra i coniugi. Ecco perché l’allenamento è importante, perché senza di esso non si capisce neanche quando la qualità del nostro dialogare è insufficiente.

Una coppia che parla solo dei figli e con i figli e non riesce più a ritagliarsi uno spazio d’intimità che vada oltre quello della camera da letto, rischia di avere il motore imballato e procedere solo per forza d’inerzia. Vi è poi da dire che anche il dialogo fra fratelli ha delle regole non scritte che sarebbe bello riuscire ad applicare. Basterebbe ricordare che le parole possono ferire come una percossa e che i ragazzi purtroppo sanno far male quando affiora in loro un’invidia, un dispiacere o un fastidio. Saper chiedere “permesso” nella relazione con l’altro, senza sgomitare per attirare l’attenzione dei genitori, saper fare pace e chiedere scusa, sono solo alcuni dei segreti che possono rendere più percorribile il sentiero della vita famigliare, a tutti i livelli e a tutte le età.

È così che il dialogo famigliare può diventare una palestra provvidenziale per tutte le altre occasioni in cui siamo chiamati a parlare col prossimo e a dimostrarci persone “in ascolto” e accoglienti, un tratto raro e prezioso, che ci connota fortemente rendendoci attraenti e ricercati.

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Fonte: Sir