Da manicomio a struttura per disturbi alimentari, "inaccettabile e grave"

L'associazione Unasam interviene sul “caso” del Santa Maria della Pietà di Roma, l'ex-manicomio all'interno del quale è stata appena inaugurata una struttura residenziale per disturbi alimentari: “Una comunità terapeutica deve essere nella città e nei quartieri, non isolata dentro l'area di un ex manicomio”

Da manicomio a struttura per disturbi alimentari, "inaccettabile e grave"

I disturbi del comportamento alimentare, come quelli mentali, si curano nei “luoghi della vita e delle relazioni”, non in un ex-manicomio, luogo “stigmatizzante per ciò che di terribile ha rappresentato”: è quanto denuncia Unasam, intervenendo duramente sull'inaugurazione della struttura residenziale per disturbi alimentari all'interno dell'ex manicomio romano Santa Maria della pietà. La lettera, firmata dalla presidente di Unasam Gisella Trincas e del Coordinamento Unasam Lazio, è indirizzata al presidente della Regione Zingaretti, all'assessore D'Amato, al direttore generale della Asl Roma1 Angelo Tanese, al sindaco di Roma Gualtieri e, per conoscenza, al ministro della Salute Speranza. Già alcuni giorni fa era stata la Consulta regionale per la Salute mentale ad esprimere dure critiche nei confronti di questa scelta.

Dalla residenzialità alla prossimità

Unasam evidenzia innanzitutto “le gravi criticità presenti da tempo sul territorio regionale: gravissima carenza di personale nei Csm, pratiche coercitive nei Spdc, assenza di percorsi di ripresa personalizzati e condivisi, ricorso massiccio alle Cliniche Psichiatriche private e alle Comunità Terapeutiche private senza adeguata verifica degli esiti, difficoltà da parte delle famiglie e delle Associazioni del territorio ad interloquire serenamente e con spirito di collaborazione con i servizi territoriali”. Tali criticità, secondo l'associazione, “avrebbero dovuto indurre a percorrere ben altre strade per affrontare e risolvere la complessità dei bisogni espressi dalle persone che utilizzano i servizi di salute mentale, e per la piena tutela della salute mentale delle comunità laziali. I percorsi residenziali di cura e di ripresa – afferma Unasam – si attuano sul territorio, nei luoghi della vita e delle relazioni, in prossimità con i servizi territoriali di salute mentale di appartenenza e col contesto sociale di vita delle persone. La stessa Conferenza Nazionale Salute Mentale tenutasi nel giugno 2021, ha posto fortemente l'attenzione sul ricorso massiccio alla 'residenzialità' indicando, nei diversi gruppi di lavoro, nuove e più funzionali strategie di intervento che partono dal riconoscimento del diritto al percorso di cura in regime 'residenziale' di prossimità”.

In tal senso, “l'ex Ospedale Psichiatrico Santa Maria della Pietà (ma nessun ex Ospedale Psichiatrico), come luogo dell'abitare, seppure temporaneo per ragioni terapeutiche riabilitative, è fortemente stigmatizzante per ciò che di terribile ha rappresentato. E totalmente inadatto in quanto luogo altro dalla vita di relazione e dagli scambi sociali, i percorsi di cura e di ripresa, in regime residenziali, hanno bisogno per essere efficaci di un ambiente sociale ricco di scambi e di opportunità e le persone che intraprendono un percorso di ripresa in regime residenziale devono potersi muovere agevolmente e liberamente in un ambiente sociale che offre tutte le opportunità di una normalità di vita che non deve essere in alcun modo interrotta”.

Al contrario, “è nella città, dentro i quartieri che andava fatta la ricerca per realizzare una comunità terapeutica per le persone che soffrono di disturbi alimentari, non isolata dentro l'area di un ex manicomio. E' inaccettabile e grave. E' una scelta che respingiamo con forza.”. La richiesta è quindi “che si ponga rimedio con urgenza ad una scelta sbagliata per rispondere ad un problema reale la cui soluzione va trovata nel contesto urbano fuori dall'ex Ospedale Psichiatrico”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)