Depressione, in Emilia-Romagna 26 mila persone trattate ogni anno

Nella maggior parte dei casi si tratta di donne. In regione il dato è costante, nonostante la pandemia. Mila Ferri: “Attenzione: con l’emergenza sanitaria gli utenti sono meno propensi a rivolgersi ai servizi, molti dei quali hanno anche ridotto l’offerta”

Depressione, in Emilia-Romagna 26 mila persone trattate ogni anno

Sono circa 26 mila i casi collegati alla depressione che, annualmente, vengono seguiti dai centri di salute mentale dell’Emilia-Romagna (circa il 5 per mille della popolazione). Sono le donne le più colpite, nel 67 per cento dei casi. In regione i casi non risultano in aumento, il dato resta costante. Nella fase emergenziale, dal febbraio 2020, si registrano addirittura meno ricoveri legati a questo tipo di problematiche. Anche per i tentativi di suicidio e per gli eventi di autolesionismo non si registrano incrementi, neanche tra i giovani. “Ci sono però alcuni fattori da non sottovalutare – ammonisce Mila Ferri, funzionaria regionale responsabile di salute mentale e dipendenze psicologiche, in commissione Politiche per la salute e politiche sociali –: con l’emergenza gli utenti sono meno propensi a rivolgersi a questo tipo di servizi. Non solo: i centri stessi hanno ridotto l’offerta”. E proprio sulla necessità di affrontare anche il tema della salute psichica delle persone nella fase della pandemia e non solo quello della salute fisica si è soffermata Ottavia Soncini, presidente della commissione.

Pandemia e depressione, infatti, rappresenterebbero un binomio da non sottovalutare. “Oltre il 30 per cento delle persone risultate positive al virus ha avuto sintomi neuropsichiatrici, compresa la depressione, anche nei mesi successivi alla guarigione – spiega Claudio Mencacci, psichiatra e presidente della Società di neuropsicofarmacologia –. La depressione è la prima causa di disabilità al mondo e la prima malattia cronica a livello europeo. Con la pandemia è previsto un aumento dei casi di depressione, in particolare fra giovani, donne e anziani”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il professor Marco Menchetti del dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie dell’Università di Bologna: “I disturbi emotivi – depressione, ansia, attacchi di panico, disturbi del sonno – riguardano una persona su cinque. Il 15 per cento di questi casi sono gravi. Per questo tipo di problematiche, le Case della salute possono assumere un ruolo fondamentale”.

Di sindrome depressiva post partum, invece, ha parlato Marcella Falcieri, direttrice dell’Unità operativa consultori familiari dell’Ausl di Bologna: “La mortalità materna tardiva – la morte di una donna per cause ostetriche dirette o indirette oltre i quarantadue giorni ma entro un anno dal termine della gravidanza – è nel 25 per cento dei casi legata alla salute mentale. È fondamentale sostenere le donne in questa fase: informare su queste problematiche, individuare i soggetti a rischio e poi implementare i fattori protettivi”. Durante la commissione sono state approvate due risoluzioni con voto unanime: la prima per aderire al manifesto di Onda; la seconda per potenziare, in questa fase emergenziale, le azioni di supporto psicologico a studenti e docenti, oltre ai caregiver familiari.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)