Dopo di noi, "liberi di scegliere": cosi si sperimenta l'autonomia

Partito nel febbraio 2020 il progetto di Anffas ha l’obiettivo di sperimentare percorsi di vita indipendente tarati sui desideri di ognuno per consentire un progressivo distacco dalla famiglia di origine. Bertini: “Se l’aspettativa di vita è cresciuta, con essa è cresciuta anche la probabilità che le persone disabili rimangano sole”

Dopo di noi, "liberi di scegliere": cosi si sperimenta l'autonomia

Sperimentare percorsi di autonomia e vita indipendente tarati sui desideri di ognuno per consentire un progressivo distacco, non in condizioni emergenziali, dalla famiglia di origine. È questo l’obiettivo del progetto “Liberi di scegliere… Dove e con chi vivere” promosso dall’Anffas (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale) per dare seguito “all’approvazione della legge 112/2016, la cosiddetta legge sul Dopo di noi – spiega Emanuela Bertini, direttore generale di Anffas nazionale –. Perché se l’aspettativa di vita è cresciuta, con essa è cresciuta anche la probabilità che le persone disabili rimangano sole, soprattutto senza quei sostegni che nella maggior parte dei casi vengono garantiti dalle famiglie”. A questa constatazione ne va aggiunta un’altra, elemento chiave dell’impegno di Anffas: la conoscenza del territorio. “Sin da subito, sono state chiare le difficoltà di vedere attuata questa legge, di vedere concluso il progetto di vita e garantite al contempo quelle soluzioni che nel “durante e dopo di noi” tutelano la persona stessa. Parliamo, per esempio, di un contesto di vita sicuro, che non necessariamente è quello familiare o quello in struttura. Ma che, questo sì necessariamente, è un progetto individuale, tarato sui bisogni specifici di quella determinata persona con disabilità”.

Partito nel febbraio 2020, “Liberi di scegliere… Dove e con chi vivere” ha raggiunto un primo importante traguardo con la chiusura della fase formativa. Trentacinque le équipe multidisciplinari che, in questi mesi – a distanza a causa della pandemia –, sono state formate su tutti gli aspetti tecnici del progetto, finanziato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali grazie al Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo settore. Queste équipe sono ora chiamate ad avviare le attività relative alla sperimentazione e attivazione degli Sportelli per la progettazione individualizzata e la vita indipendente. Come? In primis contattando le 350 persone con disabilità – individuate attraverso la collaborazione con le realtà sui territori – e le rispettive famiglie che prenderanno parte alla sperimentazione: saranno loro i protagonisti nella costruzione e redazione del progetto di vita.

“In collaborazione con tutte le realtà del Terzo settore e le istituzioni – continua Bertini – lavoriamo per superare la standardizzazione dei servizi e dei sistemi di valutazione connessi verso un modello di progettazione individualizzata e personalizzata che, partendo dalle volontà, dalle aspettative e dalle preferenze espresse direttamente dalle persone con disabilità e/o da chi se ne prende cura e carico, individuino tutti i sostegni formali e informali che, per qualità, quantità e intensità, possano essere concretamente garantiti determinando un miglioramento della qualità di vita”.

Per farlo, Anffas ha scelto di adottare il suo sistema informatico di valutazione multidimensionale “Matrici ecologiche e dei sostegni”. Si tratta quindi di mettere a sistema un sostegno adeguato alle persone con disabilità nel momento in cui le loro famiglie non risultino più in grado di fornirlo. Un sostegno flessibile, costantemente monitorato e di conseguenza rimodulato. “Non è detto che le esigenze di oggi di una persona disabile siano le stesse di domani o dell’anno prossimo. Il progetto di vita, quindi, deve essere in grado di evolvere».

Al termine del percorso con l’équipe di riferimento, la persona disabile e i suoi familiari avranno in mano un progetto di vita da presentare al Comune quando sarà il momento, per esigere l’erogazione di tutti i servizi necessari: “La legge 112/2016 da sola non basta. Molti dei fondi stanziati non sono stati ancora spesi e, a oggi, il sistema di presa in carico, tendenzialmente emergenziale, non garantisce il rispetto dei diritti fondamentali della persona con disabilità e dei suoi familiari. Mancano strumenti e modelli da seguire: il nostro progetto nasce proprio per supplire a queste gravi carenze. Una volta rodati, i nostri sportelli dovranno essere in grado di costruire adeguati progetti di vita per tutte le persone con disabilità”, conclude Bertini.

(L’articolo è tratto dal numero di aprile di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)