“Dopo la guerra viene la pace”. Le lettere che Felice scrive alla moglie Teresa ci portano direttamente al fronte della Grande Guerra

La vita al fronte è dura. È messa costantemente in pericolo. Anche Teresa lo sa bene. Ma Felice, per non preoccuparla, le racconta il lato positivo di quelle sue giornate.

“Dopo la guerra viene la pace”. Le lettere che Felice scrive alla moglie Teresa ci portano direttamente al fronte della Grande Guerra

“Cara mia, sto sempre aspettando tue nuove e non ricevo mai niente, considero che non sarà tua colpa ma la cagione sono questi cambiamenti che fo di spesso”.

Porta la data dell’8 dicembre 1915 la cartolina che Felice Conti scrive dal fronte della Galizia alla moglie Teresa, che vive a Molveno (Trento).

A postare in questi giorni su Fb quello che, prima ancora di essere un documento storico è un frammento di vita familiare, è stato Alberto Stenico, nipote di Felice e Teresa.

Felice Conti, originario di Molveno, è un Tiroler Kaiserjäger, arruolato nel novembre 1914. Fa parte di uno dei quattro reggimenti dell’esercito austro ungarico, arruolati in particolare in Tirolo e in Trentino. I Kaiserjäger non erano truppe di montagna, ma unità di fanteria regolare, spesso coinvolti nella realizzazione di infrastrutture militari e civili.

Felice, insieme ai suoi commilitoni, si trova in Galizia, uno dei principali teatri di guerra della prima guerra mondiale. Su quello che oggi ricordiamo come il fronte orientale, aperto nell’agosto 1914 dai russi con l’invasione della Prussia orientale, si scontrarono Germania, Austria-Ungheria e le truppe dell’Impero ottomano di supporto da una parte, a cui si affiancò la Bulgaria nel 1915, e l’impero russo dall’altra, a cui – qualche mese più tardi – si unì per breve tempo la Romania.

La “Feldpostkorrespondenzkarte” che Felice scrive alla moglie Teresa ci porta direttamente al fronte. Le parole, scritte con una calligrafia particolarmente curata – “frutto della 5.a elementare ‘rafforzata’, con obbligo scolastico fino a 14 anni in tutto l’Impero austro-ungarico”, precisa oggi il nipote Alberto – non hanno tanto il profumo dei libri di storia, quanto piuttosto quello della terra e della polvere da sparo. Un mondo che oggi sembra essere lontano anni luce. In un’epoca come la nostra, in cui anche la parola scritta in digitale (sms, whatsapp e messaggistica varia) viene sempre più soppiantata dalle immagini (stories di Fb e Instagram, video su TikTok), scrivere di proprio pugno pare qualcosa di anacronistico. E sembra di essere ancor più fuori dal tempo, se per scrivere a mano si decide di usare una penna stilografica, divenuta quasi un oggetto vintage, apprezzato solo dai collezionisti.

Felice impugna la sua penna stilografica e “in bella scrittura”, fa scendere le parole sulla carta, lettera dopo lettera, spazio dopo spazio, con la stessa precisione che si ha quando si tiene in mano un contagocce. E con la stessa cura e precisione riempie quelle sue parole di pensieri.

Non nasconde la sua amarezza nel non avere ancora ricevuto notizie da casa, ma non ne fa una colpa alla moglie. È lui stesso a giustificarla. E pensare che oggi ci si arrabbia, a volte anche ferocemente, se non riceviamo subito risposta ad un messaggio o si va in crisi se non si vede comparire la spunta blu accanto ad un whatsapp.

“Non pensar male per me – scrive Felice –, io mi trovo bene, adesso sto qui (come ha detto il comandante dell’armata ieri) tutto il mese di dicembre in riposo e se non succedono cose straordinarie anche parte del gennaio”.

La vita al fronte è dura. È messa costantemente in pericolo. Anche Teresa lo sa bene. Ma Felice, per non preoccuparla, le racconta il lato positivo di quelle sue giornate. “Tre o quattro ore al giorno si fa manovra col comando ungherese – prosegue –, vedrai bene quando vengo a casa, saprò parlare il tedesco, il boemo, il polacco e l’ungherese. Che uomo studiato sapere cinque lingue bene”.

Felice racconta di essere a Serafince (oggi Ucraina), e chiede alla sua amata Teresa di mandargli notizie e di pregare per lui. Insieme ai saluti al padre e agli amici, Felice affida alla moglie un desiderio: “Spero che oggi, festa della Madonna, pregherete anche per me”.

“Addio – conclude il Kaiserjäger trentino – sta’ sempre allegra e prega per il tuo Felice”.

“Fatti coraggio e spera che un giorno si cambierà, dopo la guerra viene la pace”.

Felice fu uno dei pochi Kaiserjäger che riuscì a festeggiare la fine della guerra e a salutare l’arrivo della pace. Nel 1918 tornò vivo a Molveno, suo paese natale.

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Fonte: Sir