Ecco chi era Ivo Cilesi, esperto di doll therapy per l'Alzheimer

Positivo al coronavirus, Cilesi è morto in ospedale a Parma. Aveva sperimentato con pazienti Alzheimer la “terapia della bambola”, inventata in Svezia per i ragazzi con autismo e utilizzata in Italia per ridurre i comportamenti legati alle demenze

Ecco chi era Ivo Cilesi, esperto di doll therapy per l'Alzheimer

ROMA – Si chiama “doll therapy” ed è un approccio non farmacologico impiegato con alcuni pazienti anziani e con Alzheimer. Arriva dalla Svezia, dove verso la fine degli anni Novanta lo mise a punto Britt Marie Egidius Jakobsson, una psicoterapeuta che creò la bambola per aiutare il suo bambino autistico. Maneggiare una bambola e “accudirla” può infatti ridurre alcuni disturbi comportamentali come il cosiddetto wandering (il vagare), l'ansia e l'aggressività, l'agitazione, la depressione, l'apatia e i disturbi del sonno. A valorizzare questa terapia e applicarla con particolare fortuna ai pazienti con Alzheimer è stato Ivo Cilesi, bergamasco, uno dei massimi esperti di questa malattia e studioso appassionato di metodi non farmacologici per affrontarla e ridurne gli effetti. Ivo Cilesi è morto ieri, in ospedale a Parma. Dicono sia il primo italiano ucciso dal coronavirus, visto che era risultato positivo al test, pochi giorni fa, quando era stato ricoverato per un problema respiratorio.

Lo chiamavano “il dottor treno”, perché proprio il viaggio in treno ero degli strumenti utilizzati come “terapia” da Cilesi, ma anche perché in treno viaggiava spesso e per molti chilometri, per raggiungere i suoi pazienti e i suooi colleghi. Che oggi lo ricordano così: “Il nostro caro Cilesone ci ha lasciati nel dolore e nello sgomento – commenta l'associazione italiana Psicogeriatria - Era un nostro grande amico; participava sempre ai nostri eventi, ha parlato ai nostri congressi nazionali". 
La sua vita professionale è stata caratterizzata da una forte attenzione per i problemi clinici delle persone affette da demenza. In Italia è stato il protagonista indiscusso della diffusione delle cosiddette terapie non farmacologiche; avevamo deciso qualche settimana fa di organizzare un gruppo di studio che cercasse di fondare scientificamente i vari approcci, dalla terapia della bambola a quella del treno. Lui ci credeva per il bene degli ammalati e riteneva che fondare su basi solide i diversi approcci avrebbe allargato la possibilità di fruire dei relativi vantaggi – ricorda Marco Trabucchi, presidente dell'Aip - Ora non c’è più e ha lasciato tante amiche e tanti amici desolati, perché con il suo coraggio e la sua presenza aveva dato suggerimenti e indicazioni importanti a quelli che lavoravano con gli anziani fragili. Per questo lo ricordiamo con gratitudine e nostalgia; quelli che credono preghino per lui e per il nostro povero paese. Tutti gli rivolgano un saluto deferente”.

Un ricordo arriva anche dalla Federazione Alzheimer Italia: “Ivo Cilesi è stato uno dei massimi studiosi delle terapie non farmacologiche, l’ideatore della doll therapy e della terapia del viaggio. Una grave perdita per le persone con demenza, le loro famiglie e per tutti i professionisti con cui aveva condiviso passione e conoscenze. Per tutti noi”.

Cos'è la doll therapy

La “terapia” consiste nell'offrire al paziente la bambola come oggetto simbolico con cui creare una relazione e riversare il naturale desiderio di accudimento e scambio affettivo. La “somministrazione” della bambola deve avvenire nel rispetto di alcuni criteri, tempi e modalità prestabiliti. Questo può ridurre gli accessi di ira e degli stati d'ansia, dal momento che concentrare l'attenzione sulla bambola e avere nei suoi confronti degli atteggiamenti di dolcezza e affetto aiuta a rilassarsi e ha ripercussioni positive anche sull'alternanza sonno-veglia, limitando l'insonnia. L'azione dell'accudire, seppure rivolta a un oggetto inanimato, può anche favorire il risveglio di ricordi piacevoli, riportando alla mente emozioni e sensazioni legate a un momento felice della sua vita. Infine, la bambola può diventare una sorta di “intermediario” nelle relazioni con gli altri ospiti della struttura o con i caregiver, riducendo l'apatia e stimolando la persona a lasciarsi coinvolgere nelle attività, riducendo gli stati depressivi e migliorando la memoria.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)