Finiremo sott’acqua? Il pericolo dell'innalzamento degli oceani

Solo negli ultimi 10 anni, i mari si sono innalzati di quasi 4 mm ogni anno, con un aumento totale di 0,2 metri dal 1900 ad oggi.

Finiremo sott’acqua? Il pericolo dell'innalzamento degli oceani

E’ cosa ben nota che gli oceani, attualmente, ricoprono il 71% della superficie terrestre, mentre un ulteriore 10% è ricoperto da ghiacci. Insomma, a voler sottilizzare (con un pizzico di ironia), forse avremmo fatto meglio a denominare Acqua, anziché Terra, la nostra amata “casa”.
Ma il punto è un altro. E cioè il fatto che questa enorme massa d’acqua riveste un ruolo essenziale per la vita di tutti noi, abitanti del pianeta Terra. Non è certo un caso, quindi, se l’Intergovernmental panel on climate change – il foro scientifico formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale ed il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, allo scopo di studiare il riscaldamento globale -, in questo anno, ha scelto di dedicare uno speciale report sull’oceano e la criosfera, nel quadro del cambiamento climatico in atto. Il documento, pubblicato pochi giorni fa, sintetizza i risultati di numerose ricerche scientifiche di tutto il mondo, offrendo un quadro aggiornato di cosa stia davvero avvenendo a questa importante parte del nostro pianeta proprio in seguito ai cambiamenti climatici.

Partiamo anzitutto dalla considerazione di quanto sia importante la funzione delle acque oceaniche per la nostra vita quotidiana. Esse, infatti, sono per tutti noi fonte di nutrimento e idratazione, mitigano il clima e sono parte di molteplici ecosistemi a cui siamo strettamente interconnessi. Basti pensare che, nel mondo, quasi una persona su dieci vive in ambienti costieri.

Ora, i dati più recenti attestano che, negli ultimi 30 anni, le masse oceaniche hanno assorbito calore dall’aria sovrastante per una quantità doppia rispetto agli inizi del 1900, con un aumento termico di circa 0,6°C. Divenute così più calde, le acque superficiali sono diventate meno dense e, a causa dello scioglimento dei ghiacciai, anche meno saline; in parole povere, acque più “leggere”, che con maggiore difficoltà vanno a fondo, ostacolando il mescolamento con gli strati oceanici più profondi. Un fenomeno, quest’ultimo, preoccupante, considerando che le acque superficiali oltre ad assorbire calore dall’aria, “catturano” anche CO2 atmosferica. Ovviamente, se l’anidride carbonica assorbita non viene diluita nel resto dell’oceano, ma resta concentrata entro i primi 200 metri (in verticale) d’acqua, inevitabilmente succederà che, prima o poi, il “solvente” si saturerà, e noi avremo perso un “pozzo” (dissipatore) che, ad oggi, cattura più del 30% della CO2 da noi emessa. Inoltre, questo strato superficiale più caldo e più acido (a causa della CO2) sta già mostrando importanti effetti negativi sulle riserve ittiche, con pesanti conseguenze sull’economia di molti Paesi e sul sostentamento di molte persone.

I dati raccolti mediante dei carotaggi artici, per altro, evidenziano come l’ultima volta che la concentrazione atmosferica di CO2 era ai livelli di oggi (450 parti per milione), il livello dei mari era più alto dell’attuale di quasi 14 metri! E va aggiunto, però, che quei livelli di anidride carbonica e di altezza si formarono in decine di migliaia di anni, mentre le nostre emissioni attuali hanno raddoppiato la concentrazione di CO2 in meno di cento anni! Cosa succederà, se non interveniamo in tempo? E’ un fatto che, solo negli ultimi 10 anni, i mari si sono innalzati di quasi 4 mm ogni anno, con un aumento totale di 0,2 metri dal 1900 ad oggi. Le principali cause concomitanti sono due: meno della metà dell’innalzamento è dovuto all’espansione termica dell’acqua, dovuta al riscaldamento, mentre la causa preponderante è lo scioglimento dei ghiacciai delle regioni polari, in entrambi gli emisferi. Dunque, solo se sceglieremo di ridurre nei prossimi decenni le emissioni di anidride carbonica potremo tenere a bada l’innalzamento del livello oceanico, evitando che superi il mezzo metro. In caso contrario, entro il 2100 potremmo raggiungere 1 metro d’innalzamento, con un’accelerazione di oltre 2 cm ogni anno!

Nella nostra Italia, ad esempio, ben il 37% della popolazione vive entro 5 km dalla costa. Ciò significa che un innalzamento eccessivo dei mari, nello stesso periodo, farebbe addirittura decuplicare il numero di persone che vivono in aree a rischio di inondazioni. Per l’Intergovernmental panel on climate change, dunque, due sono le sfide urgenti da affrontare con decisione e concretezza: agire per mitigare la drasticità dei cambiamenti che ci aspettano e prepararsi ad essi nel modo più efficace possibile. E, con tutta evidenza, non c’è un minuto da perdere!

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Fonte: Sir