Fumana, l’ultimo romanzo di Paolo Malaguti. Una storia fra nebbie e parole antiche, magia e emancipazione

Fumana, l’ultimo romanzo di Paolo Malaguti, è ambientato nel basso Polesine, fra Adige e Po. La protagonista, una ragazza orfana che cresce libera e selvaggia, è una “strigossa”, una “segnatrice”, capace di curare gli altri che la cercano e anche la tengono a distanza. Nel romanzo c’è l’elemento magico: «Credo che oggi rivolgersi alla magia o ai cartomanti nasconda un vuoto di valori, un’aura dell’ignoto che ha a che fare con la perdita della fede»

Fumana, l’ultimo romanzo di Paolo Malaguti. Una storia fra nebbie e parole antiche, magia e emancipazione

Paolo Malaguti è ormai considerato il cantore della storia e dei territori del Veneto. Ha al suo attivo una dozzina di romanzi, ognuno ambientato in un luogo geografico preciso, dove l’autore esplora realtà culturali e sociali attraverso le storie minime dei protagonisti. Storie che incontra durante la sua attività di ricerca; anche Fumana è stato ispirato da poche righe di un documento. «Mi piaceva l’idea di un romanzo che avesse al centro le guaritrici e sono state le fonti a guidarmi, come sempre mi accade. Durante le ricerche svolte per Piero fa la Merica, il romanzo precedente, mi sono imbattuto in una lettera di un migrante che, scrivendo a casa, raccontava di essere andato a curarsi da una guaritrice. Sapevo poco o niente sulla questione ma c’era molto materiale a disposizione. Tra le mie fonti principali cito Marisa Milani, professoressa di Letteratura delle tradizioni popolari all’università di Padova, importante per ancorare la narrazione al dato storico-antropologico».

La storia del Veneto e dei veneti è sempre al centro dei tuoi romanzi, come mai?
«All’inizio non è stata una scelta consapevole. I primi libri sono nati da storie che incontravo per caso, come quella dei recuperanti o dei perteganti tesini e erano storie legate a luoghi come il Grappa o la Valsugana. Ne ho subìto la fascinazione e ho scritto. Credo anche che il motivo principale di questa scelta involontaria sia legato alla variabile linguistica. A me piace non accontentarmi dell’italiano, ho bisogno di storie che mi permettano di sperimentare l’uso del dialetto locale».

Perché è così importante inserire nella trama il dialetto veneto?
«Certamente c’è un gusto personale che deriva da autori che amo molto, su tutti Meneghello. Inoltre, sono convinto che l’italiano contemporaneo non restituisca tutto ciò che è possibile, invece, restituire usando determinati registri, soprattutto se si scrivono romanzi storici. Poi, come insegnante di italiano, trovo sia bello quando il testo letterario è in grado di stupire i lettori e interrogarli sul significato di una parola antica. Mi piace giocare con il lettore usando anche parole che io stesso non conosco prima di scrivere il libro».

L’elemento magico è fondante in questo romanzo ma è anche un tema che va molto di moda negli ultimi anni. Stanno uscendo tanti romanzi legati proprio alla figura della strega in termini di guaritrice ma non solo. Perché secondo te?
«L’ho notato mentre raccoglievo la bibliografia per studiare le figure delle segnatrici. È stato complicato trovare libri con un approccio antropologico o di tradizioni popolari; sono tantissimi, invece, i testi esoterici sul mercato ma io non ero interessato a quelli. È anche per questo che nella trama del mio romanzo, anche se Fumana fa un lavoro che ha a che fare col magico, l’approccio è sempre quello o della fede popolare o dell’autoconvincimento. Ho cercato di mantenere un tono asciutto rispetto all’effettiva magia di quei riti. Credo che la fascinazione per il sovrannaturale si verifichi quando c’è più incertezza, si vive una qualche inquietudine e non si trovano risposte altrove. E questo è un pericolo. I nostri nonni, semplificando, vivevano questo tipo di credenze, ci sono sempre state le “strigozze”, ma le incardinavano in una fede cristiana che aveva una struttura e una positività di base. Oggi si sono scollate queste due cose e credo che rivolgersi alla magia o ai cartomanti nasconda un vuoto di valori, un’aura dell’ignoto che ha a che fare con la perdita della fede».

Nato a Monselice, vive ad Asolo, insegna a Bassano
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Paolo Malaguti è nato a Monselice nel 1978 ma è cresciuto a Padova, nel quartiere dell’Arcella. È laureato in lettere e insegna al liceo Brocchi di Bassano del Grappa; oggi vive ad Asolo. Pubblica romanzi a sfondo storico sin dal 2009. Per Einaudi ha pubblicato Se l’acqua ride (2020), Il Moro della cima (2022), Piero fa la Merica (2023), Fumana (2024) e Sul Grappa dopo la vittoria (2024).

Il Polesine fa da sfondo all’ultimo romanzo

Fumana è il titolo ma anche il nome della protagonista dell’ultimo romanzo di Paolo Malaguti. Un nome evocativo che già immette il lettore in un’atmosfera e in un preciso paesaggio veneto: il basso polesine, terra dove sfocia sia l’Adige sia il Po e la nebbia viene chiamata, appunto, fumana. La protagonista nasce nel 1882 a Voltascirocco, proprio nel giorno di una terribile alluvione. La madre muore dandola alla luce e sarà il nonno pescatore, soprannominato Petrolio, a crescerla lasciandola libera per i campi e insegnandole “l’arte onesta” della pesca notturna. Ma il suo destino l’attende: lei diventa presto “strigossa”, ovvero una “segnatrice”, è capace di curare gli altri che la cercano nei momenti di difficoltà ma la tengono anche a distanza. La sua vita svolta quando incontra l’amore, l’unica malattia che nessuna “strigossa” può guarire.

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