Funzione rieducativa della pena, “maggiore riconoscimento del ruolo degli educatori”

Sergio Santoro (Associazione nazionale funzionari del trattamento): "La nostra figura è sempre più marginalizzata. Chiediamo un incontro al ministro Bonafede"

Funzione rieducativa della pena, “maggiore riconoscimento del ruolo degli educatori”

"Da diversi anni si assiste ad un processo di marginalizzazione dei funzionari dell’area educativa - esecuzione penale per adulti - nei processi gestionali degli Istituti penitenziari, nonostante la previsione di centralità del ruolo di questo funzionario disegnata dal quadro normativo e dalle circolari  sulle aree educative al fine dare applicazione  al principio costituzionale dell’art. 27 della Carta Fondamentale dello Stato". A dirlo è l'Associazione nazionale Funzionari del trattamento (Anft) che sul tema ha chiesto un incontro al ministro Alfonso Bonafede.

"Evidentemente la politica dimostra - scrive nella nota il presidente dell'Anft, Stefano Graffagnino -, da diversi anni, di aver dato ragione a coloro che hanno parlato di 'crollo del mito della risocializzazione' e dimostra di avere caricato di eccessivo significato dati afferenti alla recidiva dei condannati rappresentati con pretesa di scientificità".

"L'effettività della funzione rieducativa della pena in carcere passa necessariamente dalla funzionalità dell’assetto organizzativo del personale che attende alle attività di osservazione e trattamento dei condannati, nonché dall’impiego di adeguate risorse per dare piena attuazione all’ordinamento penitenziario - continua la nota -, anche con riferimento a quegli organi e quelle attività che concernono i condannati che si approssimano alla dimissione dall’istituto".

"Purtroppo c'è ormai da alcuni anni un processo di marginalizzazione della nostra figura - aggiunge Sergio Santoro, dell'associazione Funzionari del trattamento - che, invece, nell'interesse soprattutto di chi è recluso in carcere, andrebbe valorizzata e non certo sminuita. La nostra è una delicata funzione di equilibrio con riferimento a tutti gli interessi coinvolti nell'esecuzione penale, nel senso che, dopo avere rilevato le carenze personologiche dei reclusi, ne osserviamo pure i punti di forza per potere avviare le attività trattamentali più idonee per  colmare  le lacune; valorizzando i punti di forza, l'obiettivo è quello di restituire alla società libera delle persone maggiormente capaci di rispettare il patto sociale. Dobbiamo essere messi però nella condizione di potere fare in maniera qualitativamente alta e proficua il nostro lavoro. La partecipazione alle attività di osservazione e di trattamento del detenuto è prevista anche per il personale di polizia penitenziaria con cui va instaurata una relazione funzionale all'approntamento di azioni sinergiche; tale personale è quello che con costanza osserva il comportamento dei reclusi e le dinamiche relazionali tra gli stessi e, quindi, conosce da vicino le persone detenute. Fondamentale quindi  è la circolarità di informazioni tra noi e la polizia penitenziaria al fine di approntare un efficace programma di recupero".

"Negli ultimi anni la valorizzazione degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria ed in particolare dei Funzionari di tale Corpo, non accompagnandosi ad una  parallela valorizzazione della figura del Funzionario dell'Area Educativa - continua Sergio Santoro - ha cambiato notevolmente l'equilibrio dell'assetto organizzativo del personale che cura le attività di osservazione e trattamento dei condannati. Occorrerebbe trovare, invece, le strade per favorire con il corpo della polizia penitenziaria quel comune senso di comune appartenenza  e di impegno comune per perseguire efficacemente la risocializzazione dei condannati. Pochi anni fa sono state  ridotte pure le piante organiche. Abbiamo chiesto come associazione un incontro con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede da cui attendiamo le prime risposte".

"Fin quando gli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria e i funzionari di area educativa non maturano un senso di comune appartenenza, essenziale per il perseguimento della mission del recupero sociale del reo e verso il quale dovrebbe concorrere l’impegno sinergico di tali operatori - continua Stefano Graffagnino nella nota -, si assisterà ad una miope contrapposizione tra istanze di sicurezza e istanze di risocializzazione il cui esito discenderà dal potere contrattuale degli attori istituzionali in campo (...). Ma dove stiamo andando? La mission del reinserimento sociale del reo ha perso la primazia nell’esecuzione penale intramuraria? La sicurezza negli Istituti Penitenziari, da condizione per la realizzazione della finalità del reinserimento sociale del reo (art. 3 D.p.r. 230/2000) deve in modo surrettizio e contra costitutionem, assurgere a finalità esclusiva dell’esecuzione della pena?".

L'associazione nazionale ha presentato una proposta di legge, depositata in Senato in data 04.03.2020 in cui è tecnicamente argomentata la funzionalità di un diverso assetto organizzativo del personale preposto al trattamento penitenziario.
Nella proposta normativa, secondo l'Anft "il modello proposto, consiste nella creazione di un apposito ruolo tecnico all’interno del comparto sicurezza che assorbirebbe i funzionari giuridico-pedagogici e contiene accorgimenti tecnici che pur consentendo il mantenimento di adeguati margini di autonomia professionale alle figure coinvolte nelle attività di osservazione e trattamento, al fine di escludere derive securitarie da certi settori paventate, assicurerebbe la maturazione, in tutti gli operatori, del senso di comune appartenenza, di un reciproco riconoscimento dei ruoli, agevolerebbe la circolarità delle informazioni concernenti la personalità del reo e le dinamiche relazionali tra i detenuti nonché  l’approntamento di interventi maggiormente sinergici, elementi tutti  indispensabili per il perseguimento della mission del reinserimento sociale del reo".

Dianele Iacopini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)