Gabriele Salvatores a Cloud: “I giovani che raccontano la pandemia? Spontanei e veri”

Ospite del festival organizzato da Cnca e dedicato alle giovani generazioni, il regista e sceneggiatore commenta il mini-doc “Tempo presente”, girato da oltre 200 ragazzi di diverse comunità d’accoglienza su tutto il territorio italiano: “Mi ha emozionato"

Gabriele Salvatores a Cloud: “I giovani che raccontano la pandemia? Spontanei e veri”

“Sincerità, spontaneità, verità: sono questi gli elementi che mi hanno colpito nelle testimonianze dei ragazzi durante questa pandemia”. A parlare è il regista e sceneggiatore Gabriele Salvatores, premio Oscar al miglior film in lingua straniera con la sua pellicola “Mediterraneo”, che commenta il mini-doc “Tempo presente”, girato da oltre 200 ragazzi di diverse comunità d’accoglienza su tutto il territorio italiano. È il risultato dell’omonima call lanciata a inizio anno dal Cnca – Coordinamento Nazionale Comunità d’Accoglienza, che ha chiesto ai giovani tra i 13 e i 17 anni di realizzare brevi video, di due minuti circa, per raccontare il loro tempo presente. I video sono poi stati montati in un unico cortometraggio. “Ho visto con interesse e tenerezza questo film – continua Salvatores –. A volte gli adulti si mascherano un po’ troppo, forse per difendersi, forse perché la vita ti dà delle botte e tu pian piano ti costruisci un’armatura. Invece qui la cosa che mi ha colpito di più è la mancanza di difese. In questo senso parlo di tenerezza: ho visto questi ragazzi provati dalla difficoltà di conciliare sicurezza e libertà individuale, li ho visti senza maschere”.

Il mini-doc verrà presentato stasera, mercoledì 24 marzo, in occasione di “Cloud”, il Festival delle giovani generazioni dedicato agli adolescenti, quest’anno alla sua prima edizione. Organizzato dal Cnca, il festival si svolgerà interamente online in diretta sui canali 

 e Facebook dell’organizzazione, e lascerà uno spazio aperto al dialogo tra generazioni, sperimentando nuovi linguaggi. Tra gli ospiti ci sarà proprio lui, Gabriele Salvatores, che negli ultimi mesi ha firmato un film collettivo sulla pandemia intitolato “Fuori era primavera”. “In questo momento di emergenza sanitaria, trovare un equilibrio tra sicurezza e libertà è molto difficile – commenta Salvatores –. Quello che andrebbe sviluppato è un senso civico generale. Certe immagini che ho visto dei Navigli milanesi o di certi assembramenti mi hanno fatto in qualche modo impressione, anche se comprendo il perché sia successo: se da giovane avessi vissuto una situazione del genere, probabilmente mi sarei comportato come questi ragazzi. La gioventù in sé è trasgressiva e rivoluzionaria, è un cavallo selvaggio”.

E rispetto alla qualità delle immagini del documentario, girate dagli stessi ragazzi spesso solo con uno smartphone, Salvatores si dice colpito: “L’uso delle fotocamere dei cellulari ha migliorato il gusto delle persone, soprattutto dei giovani: le inquadrature del film mi hanno sorpreso, le scene sono girate bene – conclude il regista –. Bisogna fare attenzione a una cosa, però: ogni macchina da presa, ogni macchina fotografica, anche ogni telefonino, ha in realtà due obiettivi. Uno che riprende verso l’esterno e uno che riprende verso l’interno della persona che filma, cioè che mostra il suo sguardo. La cosa importante è far vedere questo secondo obiettivo, quello che mostra il nostro lato più personale, che fa vedere la nostra prospettiva. Se tu riprendi solo il mondo esterno, non ne fai altro che una copia. Se invece il tuo sguardo diventa importante, non racconti solo la realtà, ma racconti la tua visione della realtà”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)