Genitori e didattica a distanza: “Preoccupati per la perdita di formazione. Subito in classe”

Pubblicato il report “La scuola a casa raccontacela tu” sugli effetti della chiusura delle scuole sulle famiglie milanesi con figli minori. Ben il 90 per cento dei bambini ha entrambi i genitori occupati. Dalla fase 2 diminuito il tempo da dedicare allo studio dei figli. Le soluzioni? I nonni

Genitori e didattica a distanza: “Preoccupati per la perdita di formazione. Subito in classe”

Qual è l’impatto della chiusura prolungata delle scuole sulle famiglie di Milano con figli dai 3 ai 18 anni? È a questa domanda che prova a rispondere “La scuola a casa raccontacela tu”, indagine condotta dal Laboratorio di politiche sociali del Politecnico di Milano insieme con il Comune del capoluogo lombardo. È stato realizzato un questionario online, diffuso dai primi di giugno, per rilevare la condizione dei nuclei in merito a conciliazione, didattica online, cura dei figli, dotazioni digitali e orientamenti per il futuro. Sono stati diffusi i primi risultati dell’indagine (a settembre sarà restituita un’analisi più complessa e articolata), che riguarda soprattutto le scuole primarie.

Il campione analizzato

L’ 85 per cento dei rispondenti è donna. I nuclei familiari rappresentati in totale sono 2.241. La popolazione scolastica intercettata è pari a 3.344 iscritti e iscritte a scuole dell’infanzia, primarie o secondarie di primo grado nel comune di Milano. Nel 65,9 per cento dei casi i bambini vivono in nuclei il cui rispondente ha un’età compresa tra i 40 e i 49 anni. Oltre metà dei bambini dei genitori rispondenti frequenta la scuola primaria.
Complessivamente il titolo di studio dei membri adulti del nucleo è elevato. Il 64,9 per cento dei nuclei è composto da persone con titolo di studio pari alla laurea o superiore, il 26,6 per cento dichiara un titolo inferiore alla laurea per entrambi i membri e nell’8,5 per cento dei casi il nucleo presenta una composizione mista. Nel 90 per cento dei questionari analizzati (1806 casi) entrambi i partner del nucleo sono occupati. Il 9,4 per cento ha un solo occupato; solo in 7 casi nessuno dei due membri è occupato.
Durante il periodo di lockdown, il 72 per cento dei rispondenti ha vissuto con 3 persone. La dimensione delle abitazioni in cui è stato trascorso il periodo di lockdown è complessivamente elevata. Il 53 per cento dei nuclei dichiara un’abitazione superiore ai 100 m².

I tempi di reazione delle scuole

I tempi di reazione delle scuole per adeguarsi alla didattica online sono stati mediamente elevati, con differenze significative per ciclo. Sul territorio la reazione è stata eterogenea, ma non con differenza così elevate. Le primarie, in media, hanno avviato la dad circa 20 giorni dopo l’inizio del lockdown; le secondarie ci hanno messo meno, poco più di 15 giorni; la scuola dell’infanzia è stata più lenta, adeguandosi dopo un mese (30,59 giorni).

Le dotazioni digitali

Nel 42 per cento dei nuclei, il figlio o i figli condividono il dispositivo tramite il quale seguire la dad (computer o il tablet) con un altro membro della famiglia e nel 20 per cento dei casi con più di uno. In un terzo dei nuclei, invece, il figlio ha a disposizione un dispositivo a uso esclusivo. Per quanto riguarda la connessione internet, più del 70 per cento gode di una connessione con fibra ottica.

Le dimensioni dell’abitazione e lo spazio per la dad

Le dimensioni dell’abitazione influiscono ovviamente sulla disponibilità di uno spazio proprio dedicato allo studio e alla didattica a distanza: il 41 per cento di coloro che vivono in case di 120 m² o più, hanno a disposizione una scrivania in una camera singola. Tale percentuale si riduce mano a mano che i metri quadrati diminuiscono, fino ad arrivare al 13 per cento per coloro che abitano in case di meno 50 m². Un terzo dei rispondenti utilizza un tavolo in sala o in cucina per la didattica online e tale percentuale aumenta sino al 41 per cento per coloro che vivono tra 51 e 80 m². Il titolo di studio dei genitori non sembra influire in maniera significativa sullo spazio messo a disposizione per le attività didattiche a distanza.

Il lavoro dei genitori

Ben il 90 per cento dei bambini ha entrambi i genitori occupati. Di questi nuclei, quasi metà ha uno dei genitori che lavora part-time. Nel 10 per cento dei casi i genitori non lavorano. Durante la fase di lockdown, nel 51 per cento dei casi il tempo di lavoro è complessivamente aumentato o rimasto invariato; mentre nel 49 per cento dei casi c’è stata una riduzione dell’orario di lavoro. Quanto al tempo dedicato dai genitori alle attività educative dei figli dall’allentamento delle misure, per oltre la metà dei rispondenti (53,2 per cento), il tempo dedicato ai figli per aiutarli nelle attività scolastiche è rimasto invariato dall’allentamento delle misure rispetto al periodo di lockdown. Il 40 per cento ha però visto tale disponibilità diminuire per uno (18,1 per cento) o per entrambi i genitori (21,8 per cento). Con il protrarsi della chiusura delle scuole, queste sono le famiglie su cui sono gravati maggiormente i problemi di conciliazione lavoro/figli. E allora chi segue o seguirà i bambini quando il tempo a disposizione dei genitori diminuirà? Nel 30 per cento dei casi, una volta riprese le attività lavorative fuori casa, le famiglie hanno affidato o affideranno la cura dei figli ai nonni. I 24 per cento ricorre/ricorrerà a una babysitter. Rimane molto alta la percentuale di famiglie che non esternalizzerà le cure (circa il 37 per cento).

Le preoccupazioni

Il 74,3 per cento dei rispondenti afferma di essere preoccupato della perdita di formazione dei figli. La preoccupazione è minore tra quanti affermano di aiutare giornalmente i figli nelle attività scolastiche (78,9 per cento) e aumenta tra chi non lo fa mai (87,4 per cento). Quello che è sicuro è che la presenza a scuola è fondamentale per tutti. Il 64,1 per cento dei nuclei, infatti, afferma di essere molto d’accordo sul fatto che “Le esigenze dei bambini e delle bambine sono state tenute poco in considerazione”. A questi si aggiunge un 17,5 per cento che si dichiara abbastanza d’accordo. La volontà di mandare i figli a scuola appena queste riapriranno è alta (87 per cento) e trasversale a tutti i livelli di studio.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)