Giornata infanzia, i "cinque passi" per ascoltare i bambini. Il libro di Tonucci

“Può un virus cambiare la scuola?” è il titolo del volume edito da Zeroseiup, che oggi esce in libreria. Il pedagogista: “Nessuno ha ascoltato i bambini, per raccogliere e soddisfare le loro richieste. Dove questo è stato fatto, ci sono state grandi idee”. E la sorpresa: i bambini pensano prima agli altri: da loro l'idea delle videochiamate agli anziani

Giornata infanzia, i "cinque passi" per ascoltare i bambini. Il libro di Tonucci

La Convenzione dei diritti dell'Infanzia p stata violata: è accaduto con il lockdown, ma accadeva anche prima, perché alcuni principi fondamentali non vengono rispettati nel nostro Paese. E' ora di cambiare le cose, di dar voce ai bambini, di rimetterli al centro, con i loro bisogni, le loro capacità, la loro immaginazione e – perché no? - la loro solidarietà. E' questa, in estrema sintesi, la tesi che porta avanti il pedagogista Francesco Tonucci nel suo ultimo libro, che esce oggi, in occasione della Giornata mondiale, edito da Zeroseiup: “Può un virus cambiare la scuola?”. Un libro in cui parla di scuola, ma anche di molto altro. Perché i bambini non sono “solo scolari”, ma solo come tali sono considerati e ricevono attenzione nella pandemia globale che stiamo attraversando.

Per capire chi siano i bambini e i ragazzi, di cosa abbiano bisogno e quali siano i loro diritti imprescindibili, Tonucci radica la sua riflessione proprio nella Convenzione Onu che oggi celebra i suoi 31 anni. In particolare, all'articolo 29, in base a cui “l’educazione del bambino deve avere come finalità: favorire lo sviluppo della personalità del bambino nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità”. Per Tonucci, dunque “compito della famiglia e della scuola non dovrà essere quello di far raggiungere ai figli e agli allievi gli obiettivi educativi e didattici sperati o previsti, ma innanzi tutto aiutare ciascuno e ciascuna a sviluppare la sua personalità e le sue attitudini e poi offrire loro gli strumenti adeguati perché possano svilupparle in tutta la loro potenzialità”- Ed ' esattamente ciò che la scuola non fa. Non lo fa ora che c'è il Covid e non lo faceva prima. E come non lo fa la scuola, non lo fanno le altre istituzioni, che ai bambini e ai ragazzi non prestano ascolto.

La pandemia, il lockdown e le misure di prevenzione del contagio non hanno che evidenziare un atteggiamento e un approccio all'infanzia e all'adolescenza che è ormai radicato nella nostra cultura e che, forse proprio grazie a ciò che il Covid ha messo in luce, possono e devono essere profondamente corretti.

Verso una nuova scuola (promessa da tempo). I cinque passi

Il primo e significativo cambiamento deve avvenire nella scuola: è un cambiamento che il Movimento di Cooperazione educativa propongono da tempo e che Tonucci riassume, nel libro, in cinque punti: primo, il “progetto educativo integrato”, che prevede appunto l'integrazione tra scuola e territorio e l'espansione della scuola al di fuori delle sue mura, con gruppi di studenti che vanno a imparare nei diversi luoghi della città. Il secondo cambiamento che deve avvenire riguarda il tragitto da casa a scuola: “a scuola si va da soli, anzi con gli amici”. Permettere questo, naturalmente predisponendo tutte le misure di sicurezza, significa non solo dare autonomia ai bambini, ma anche ridurre “della metà il numero delle persone per strada nelle ore di entrata e uscita da scuola, garantendo più facilmente il mantenimento delle distanze e annullando l’assembramento di persone davanti alle scuole”. Il terzo cambiamento contiene la proposta di far diventare “le strade adiacenti alla scuola spazio di rispetto della scuola”, chiudendo queste strade al traffico durante il periodo di apertura. “A parte la necessità immediata di avere più spazi per la scuola, per garantire le necessarie distanze, mi sembra importante pensare che intorno alle scuole ci sia sempre un’area di rispetto senza traffico, rumore e inquinamento. Fare insomma delle scuole come delle isole ecosostenibili”. Il quarto passo riguarda il superamento dell'aula come unico spazio di apprendimento. “Il luogo naturale dove gli alunni lavorano è l’aula. Se si esamina la pianta di una scuola, si noterà che si utilizza meno della metà dello spazio disponibile, quello delle aule: spazi uguali con arredi sostanzialmente uguali. In un momento nel quale le scuole cercano spazi, già questa considerazione dovrebbe suonare allarmante. Ma le ragioni per criticare questo uso dello spazio sono più profonde. Un ambiente naturale che perde diversità muore”.

Il quinto punto propone e chiede la “partecipazione degli alunni con assunzione e condivisione di responsabilità”. Da fruitori passivi di un sapere che viene semplicemente trasmesso a protagonisti di una conoscenza che si costruisce insieme e si condivide. E lo stesso, a maggior ragione, deve avvenire per le norme, prime fra tutte quelle imposte dal virus: “Anche la gestione delle nuove regole e delle decisioni prese per una nuova scuola dovrà essere seguita in modo condiviso”.

Non solo scuola, non solo scolari: per il rispetto dei diritti fondamentali

Non è però solo la scuola che, su sollecitazione della pandemia, deve profondamente modificare il suo modo d'essere: è il ruolo del bambino e del ragazzo nella società che deve radicalmente cambiare, perché non sia solo “scolaro” né “futuro cittadino”, ma “cittadino” fin d'ora. I bambini e iragazzi vanno ascoltati, in luoghi e modalità adeguati, perché hanno molto da dire e da suggerire: i loro bisogni, innanzitutto, ma non solo. E' l'esperienza delle Città dei bambini e dei ragazzi, circa 200 in tutto il mondo, che con la pandemia hanno continuato ad assicurare ai più giovani un ruolo da protagonisti, prestando attenzione alle loro richieste. I Consigli dei bambini hanno affiancato i sindaci delle rispettive città, complice l'uso “orizzontale” di quelle piattaforme che invece la scuola ha usato verticalmente”. Il libro racconta esperienze che arrivano dall'Argentina, dalla Spagna, ma anche dell'Italia, in particolare dalla città di Latina. Quando i bambini sono stati consultati, le sorprese non sono mancate: la più bella è stata forse quella della “solidarietà” e dell'interesse naturale e spontanea che i bambini nutrono verso chi sta male. Tra le proposte e le attività in cui i bambini e i ragazzi hanno voluto impegnarsi, ci sono infatti le video chiamate e le lettere agli anziani nelle Rsa e nelle case di riposo, come pure i disegni e le frasi “Incoraggianti” da recapitare alle persone ricoverate in ospedale.

In conclusione, il libro di Tonucci invita a dare ai bambini fiducia e ascolto, perché Elisa, peruviana, 9 anni, non debba più dire che “prima non potevamo capire queste cose, perché stavamo a scuola”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)