Giornata mondiale contro il cancro pediatrico: “Tutti i bimbi malati devono accedere alle cure”

Francesca Testoni è la Direttrice generale di Ageop Ricerca, che da 40 anni assiste e accoglie i bambini malati di tumore e le loro famiglie. “Finalmente è stato annunciato un Piano europeo e l’istituzione di un Registro oncologico delle disuguaglianze. Oggi è la giornata in cui i bambini sono tutti vincitori”

Giornata mondiale contro il cancro pediatrico: “Tutti i bimbi malati devono accedere alle cure”

Un costume di Carnevale, i dolci tradizionali, una piccola sorpresa per ogni paziente, nella propria camera. Un tentativo, anticipando il martedì grasso, di spezzare la monotonia dell’attività giornaliera. “Nella sala giochi comune non si può stare, è così da un anno. Le attività sono sospese, tutte. Abbiamo voluto organizzare un momento speciale per ogni bambino perché pensiamo sia giusto pensare a loro, loro che stanno lottando adesso. In reparto ci rimpiangono anche gli infermieri, ci dicono: ‘È così triste’. Musicoterapia, arteterapia, letture animate. Ogni pomeriggio c’era un’attività diversa. Siamo stati costretti a sospendere anche i gruppi di sostegno per i genitori, erano tutti i giovedì. Ci vedevamo in reparto mentre i volontari giocavano con i bambini. La pandemia ha amplificato la solitudine in un reparto indubbiamente triste. Francesca Testoni è la Direttrice generale di Ageop Ricerca, associazione bolognese che, dal 1982, si impegna nell’assistenza e nell’accoglienza dei bambini malati di tumore e delle loro famiglie e contribuisce alla ricerca scientifica nella lotta al cancro infantile e alla diffusione di una buona cultura sanitaria. Punto di riferimento del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, ha sostenuto la realizzazione del reparto di Oncologia pediatrica, progettando e realizzando un reparto all’avanguardia e a misura di bambino.

Nasce il Registro oncologico delle disuguaglianze

Oggi, 15 febbraio, è la Giornata mondiale contro il cancro infantile. Il tema di quest’anno è il diritto di accesso alle migliori cure possibili per tutti i bambini. “Al netto della pandemia in corso, abbiamo un motivo di grande soddisfazione”. Pochi giorni fa, infatti, l’Ue ha annunciato un Piano europeo che, per la prima volta, si occupa in modo specifico del cancro in età pediatrica. Non solo: sono previsti 4 miliardi di euro di investimenti. “Il Piano ha potenzialità davvero straordinarie: la Commissione Europea ha deciso di istituire la ‘Helping Children with Cancer Initiative’, per garantire a tutti i bambini accesso rapido a screening, diagnosi, trattamenti e presa in carico. Inoltre, per individuare disparità e disuguaglianze tra Stati membri e regioni sarà istituito, nel corso del 2021, un ‘Registro oncologico delle disuguaglianze’. Una svolta epocale: nell’impegno europeo nelle politiche per la salute, un focus d’attenzione sui bambini oncologici non c’è mai stato. Basti pensare che, lo scorso anno, nella road map di stesura del Piano la voce ‘bambini’ non compariva neppure. Noi, le associazioni europee, i familiari, non ci siamo arresi e abbiamo continuato a chiedere che si parlasse di oncologia pediatrica e di accesso alle cure”. C’erano altre due voci che Ageop aveva chiesto di inserire: la Carta di Each (European Association for Children in Hospital, la Carta dei diritti del bambino in ospedale) e un accenno alla buona morte per i bambini. “Non sono rientrati nella stesura finale, ma già quello a cui abbiamo assistito è un grande successo, una deviazione che ci fa sperare in un cambio di rotta”.

La disparità nell’accesso alle cure

In Europa il cancro è la prima causa di morte per malattia nei bambini dopo il primo anno di vita: ogni anno vengono registrati circa 35 mila nuove diagnosi di tumore in età pediatrica di cui 6 mila con esito infausto. Gli standard di cura per i centri di oncologia pediatrica sono già definiti, tuttavia non sono applicati omogeneamente. Il problema della disparità nell’accesso alle cure è drammatico nella maggior parte dei Paesi a basso e medio reddito, dove vive l’80 per cento dei bambini con tumore: Africa, Asia, America Latina e alcuni Stati dell’Europa orientale e meridionale. “L’istituzione di un Registro europeo è molto importante: fa male vedere che, ancora nel 2021, il diritto alla salute e alla vita ai bambini malati di cancro non è garantito. 
E questo accade anche nei Paesi europei più poveri, nell’area pre-Schengen, nei Paesi dell’ex Jugoslavia e dell’ex Unione Sovietica. Anche in Italia la situazione non è omogenea: i centri di alta specialità, per tutta una serie di ovvi motivi, sono vicini alle grandi città. E così, se non ci fossero realtà come la nostra, anche per chi vive in provincia o in aree lontane dai centri di eccellenza, il diritto alla cura non sarebbe garantito”.

La copertura finanziaria per le cure salvavita ai bambini non italiani

Oltre a organizzare attività in reparto, Ageop gestisce tre grandi case per accogliere i bambini malati e le loro famiglie durante il periodo delle cure. Nell’applicazione della Carta di Each, le case di Ageop permettono anche ai bambini venuti da lontano di entrare, appena possibile, in regime di day hospital, usufruendo delle dimissioni protette in strutture d’accoglienza vicino all’ospedale. Cure alla mattina e pomeriggi a casa, per avvicinarsi quanto più possibile a una normalità. Tutto è a carico delle associazioni. Degli oltre 130 bambini che ogni anno vengono accolti e assistiti da Ageop, nelle case di accoglienza e nel Reparto Lalla Seragnoli del Policlinico di Sant’Orsola, il 40 per cento è straniero. “È di noi associazioni il compito di trovare il modo di portare in Italia stranieri e la copertura finanziaria; oltre che una liceità di permanenza su suolo italiano. Noi, in caso di trapianto di midollo osseo, ci assumiamo l’onere delle spese per la ricerca di donatore e per l’espianto: una cifra tra i 15 mila e i 30 mila euro, perché spesso sono necessari più tentativi. Poi c’è l’intervento da coprire. Abbiamo stretto un accordo con il Sant’Orsola per avere condizioni economiche e burocratiche facilitate per far arrivare questi bambini”. Attraverso accordi internazionali, particolari protocolli tra Ministeri degli Esteri e in alcuni casi grazie a fondi per la salute, individuati da Ageop in accordo con le associazioni straniere, i bambini e gli adolescenti non italiani possono accedere al Policlinico Universitario di Sant’Orsola, “un luogo che fa davvero la differenza per la vita dei piccoli e dei ragazzi con cancro o leucemia. Spesso vi arrivano purtroppo con diagnosi sbagliate, dopo periodi di cure con farmaci non idonei alla loro giovane età – come quella bambina di 5 mesi curata con protocolli pediatrici normali dimenticando che, sotto l’anno, i protocolli sono diversi – o curati nei loro paesi di origine secondo protocolli oramai vecchi e superati, con farmaci obsoleti anche ad altissima tossicità, con conseguenze invalidanti e talvolta mortali. Il panorama, per noi che viviamo questa situazione da vicino, è sconfortante”. La cosa si aggrava quando il paese di provenienza è povero o in via di sviluppo: se in Europa la percentuale dei guariti oscilla tra l’80 e il 90 per cento, nei paesi più poveri le percentuali si invertono.

Serbia, Bosnia, Kosovo: il ruolo della mediazione

Nel 2008 Ageop ha dato vita a un gemellaggio con la Serbia, costruito con un’associazione nazionale di genitori serbi. “In Serbia la situazione era drammatica: bambini allettati e genitori che li potevano vedere solo in orario di visita. Con l’epidemia di suina, H1N1, i reparti sono stati chiusi una ventina di giorni e i rapporti totalmente interrotti. Insieme abbiamo contribuito a un cambio di prospettiva: oggi in tutti i reparti serbi ci sono le sale giochi e i genitori possono rimanere. A Niš, una delle città più grandi e più povere, il reparto di oncologia pediatrica è una copia di quello del Sant’Orsola. Siamo riusciti anche a presentare una legge di iniziativa popolare – cosa impensabile in Italia – per i congedi parentali ispirandoci alla nostra 104. È stata approvata una legge migliore, che comprende anche la riabilitazione psico-sociale. È cruciale che le prestazioni più basiche possano essere erogate dal paese d’origine: così, piano piano, cresce la sanità locale. Abbiamo provato a fare la stessa cosa in Bosnia-Erzegovina, ma l’inaffidabilità dei governi non ce l’ha permesso. Lavoriamo, comunque, a stretto contatto con le associazioni di Sarajevo e Tuzla. È grazie a loro che ci arrivano le drammatiche segnalazioni dal Kosovo – Paese dove non esiste l’oncologia pediatrica –, dal Montenegro, dalla Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina – i cui bambini non possono accedere alle cure di Sarajevo –, dalla Macedonia del Nord”. E poi l’Albania, la Moldavia, il Kirghizistan, “con i bambini che non hanno mai dormito su un letto né visto un interruttore”. “Riceviamo tante domande, molte di più di quelle a cui possiamo rispondere. È un po' come svuotare l’oceano con un cucchiaino. Ma non ci arrendiamo: un giorno una persona ci ha detto che nelle nostre case si riunisce l’ex Jugoslavia.
Perché sì, la convivenza tra famiglie storicamente divise a livello etnico non è facile: ma è lì, nelle situazioni più difficili, che nascono le amicizie più forti. Abbiamo imparato tanto sulla mediazione e sulle differenze. Ricordo ancora quando, nella stessa casa, alla stessa ora, c’era la famiglia venezuelana che friggeva i peperoni mentre quella nordafricana beveva carcadè. Ma appena entrambe hanno capito che le loro due abitudini avrebbero potuto incontrarsi e incastrarsi, è stata fatta”.

I bambini senza possibilità di guarigione

Secondo Testoni, in Europa dovrebbe essere previsto un fondo da redistribuire per le cure salvavita, di alta specialità, ai minori che provengono dai Paesi poveri. “Continuiamo a ospitare anche i bambini senza possibilità di guarigione, perché sappiamo che nei paesi d’origine non esiste la cultura della terapia del dolore né dell’accompagnamento. I genitori sono terrorizzati dall’idea di riportare a casa i figli: là il bambino o rimane a casa, senza terapie domiciliari, oppure viene ricoverato in rianimazione, dove i genitori non hanno accesso. Sono nel mondo dell'oncologia pediatrica dal 1999 e mi sono sempre trovata di fronte a risposte tipo: ‘I bambini oncologici sono pochi e costano tanto’. Per noi i bambini, invece, sono sempre troppi. Così, anche se la sopravvivenza nei paesi occidentali è migliorata tantissimo, vogliamo lanciare un appello all’Europa, perché cominci a occuparsi, specificatamente, dei problemi dell’oncologia pediatrica, anche i costi sono alti, altissimi”.

Francesca e Nicolò

Nel 2001 Francesca Testoni ha perso suo figlio Nicolò di 7 anni a causa di un rabdiomiosarcoma al diaframma, un tumore che l’ha ucciso in due anni, nonostante i cicli di chemioterapia e radioterapia. Da mamma, cosa significa per lei la Giornata mondiale? “Quando si riesce a capire che ogni storia è importante, che non bisogna mai sovrapporre la propria; quando si impara a svuotarsi del proprio vissuto e ad ascoltare gli altri, i loro bisogni, ci si sente genitori di tutti i bambini oncologici. Oggi è la giornata in cui i bambini sono tutti vincitori. Chi è morto non è meno vincitore di chi ce l’ha fatta. Perché la malattia può vincere il corpo di questi bambini, ma non il loro spirito, non la loro speranza. Loro ci hanno insegnato la capacità di apprezzare la vita in ogni momento, anche nelle condizioni più estreme. Ci hanno insegnato a vivere la vita e a non sprecarla. E noi, che siamo testimoni di questo, non possiamo piangerci addosso. Oggi è il giorno in cui tutti i bambini vincono sulla malattia, in cui fanno sentire la propria voce. La malattia non è un tabù, non può essere motivo di esclusione: la realtà dei bambini oncologici va urlata a squarciagola, come i loro diritti. Come il loro diritto a vivere da bambini”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)