Giustizia, al via 200 tirocini formativi per ex detenuti del Sud Italia

Sono finanziati dal programma europeo “Legalità” e destinati a persone che stanno scontando la pena fuori dal carcere o che sono in procinto di uscire. Lucia Castellano: “Il lavoro come leva fondamentale per la riabilitazione”

Giustizia, al via 200 tirocini formativi per ex detenuti del Sud Italia

Parte con 200 tirocini formativi, destinati a persone che stanno scontando la pena fuori dal carcere o che sono in procinto di tornare in libertà, il progetto europeo rivolto alle regioni del Sud Italia che vede il lavoro come leva per abbattere la recidiva e sottrarre manodopera alle organizzazioni criminali.
Il piano, dal titolo “Innovazione sociale dei servizi di reinserimento delle persone in uscita dai circuiti penali”, fa parte del programma operativo europeo “Legalità” varato dal dipartimento della Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno, sostenuto dall’Ue e attuato dal dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità. “Il progetto – spiega il direttore generale per l’Esecuzione penale esterna e di messa alla prova, Lucia Castellano – favorisce la diffusione della legalità attraverso percorsi di inclusione sociale e lavorativa rivolti a particolari categorie di soggetti a rischio devianza come gli ex detenuti, i minori in fase di uscita o usciti dai circuiti penali e i soggetti che appartengono a famiglie mafiose”.

Per il progetto l’Unione Europea ha stanziato un milione e 600 mila euro: fondi destinati a coprire il costo dei 200 tirocini formativi, per la durata di 24 mesi, che saranno attivati in Basilicata (25), Calabria (30), Campania (50), Puglia (45) e Sicilia (50). Il modello di innovazione al centro del piano “tende a sviluppare politiche integrate – spiega il bando – per il potenziamento complessivo del sistema territoriale, per rafforzare la sicurezza sociale e ridurre la recidiva”.
Il lavoro, dunque, come prezioso strumento per ridurre il forte rischio di emarginazione sociale delle persone che stanno scontando la pena fuori dal carcere o che stanno uscendo dagli istituti penitenziari e come “leva fondamentale per la riabilitazione” di detenuti ed ex a cui si offre una maggiore possibilità di inclusione sociale “evitando le sollecitazioni provenienti dalle organizzazioni criminali”.

Tre le linee di intervento: costituzione e rafforzamento delle reti territoriali dei servizi di inclusione sociale volti a realizzare un sistema integrato di interventi. Sviluppo di nuove opportunità di inserimento socio-lavorativo, con la realizzazione di nuove sinergie e collaborazioni sul territorio. E costruzione di percorsi individualizzati per favorire il reinserimento sociale e ridurre la recidiva.
La regione con il più alto numero di misure alternative e sanzioni di comunità è la Sicilia, seguono la Campania, la Puglia, la Calabria e la Basilicata. Mentre i detenuti di queste regioni con una pena inferiore a 12 mesi arrivano prevalentemente dalla Campania e dalla Sicilia.

“Nei territori ad alta densità criminale e mafiosa – spiega il bando – si registra un rischio elevato di marginalizzazione delle persone che provengono da ambienti criminali e che sin dall’età scolare entrano in contatto con il sistema penale. Questi soggetti, così come quelli in esecuzione penale o appena fuorusciti, vengono discriminati ed esclusi dalle comunità locali che non vogliono coltivare relazioni di scambio con chi proviene da quegli ambienti. Si alimenta così un circuito vizioso che genera isolamento, discriminazione ed esclusione che alimentano a loro volta il ricorso alle logiche criminali e mafiose”. Il fine del progetto è proprio incidere su questi meccanismi intervenendo per migliorare l’efficienza e l’efficacia della rete dei servizi per i percorsi di inclusione socio-lavorativa.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)