Green pass e salute mentale, Unasam scrive a Speranza e Draghi

L'associazione chiede che “il governo, il ministro della Salute e il Parlamento, nell’accogliere le nostre preoccupazioni, vogliano ripensare all’ampliamento generalizzato del green pass, o quantomeno impedirne il parossistico uso anche per accedere ai luoghi della protezione della salute mentale dei cittadini”

Green pass e salute mentale, Unasam scrive a Speranza e Draghi

Il Green Pass preoccupa Unasam e gli operatori e famigliari che stanno accanto alle persone con disagio mentale: è quanto è emerso dai lavori della direzione nazionale, che si è riunita nei giorni scorsi e ha dibattuto, tra gli altri temi, anche quello dell' ampliamento generalizzato dell'impiego del Green Pass. “L’Unasam ha sempre difeso la libertà di scelta in merito ai trattamenti sanitari – ha ribadito la direzione, come già anticipato qui dalla presidente Gisella Trincas - evidenziando inoltre l’abuso abnorme che è stato compiuto in merito ai trattamenti sanitari obbligatori nel campo della salute mentale (che dovevano costituire l’extrema ratio), con le conseguenze drammatiche che tutti conosciamo. Consideriamo il vaccino covid-19 uno strumento importante di prevenzione della malattia, unitamente alle tempestive cure sanitarie domiciliari all’insorgenza della patologia – precisa Unasam - E’ mancata a nostro parere, una sufficiente corretta e rassicurante campagna informativa circa la profilassi vaccinale, indirizzata soprattutto alle persone anziane più esposte al rischio e ai soggetti più fragili dal punto di vista sanitario. Essa avrebbe potuto invogliare alla vaccinazione spontanea, senza ricorrere a messaggi e immagini terrorizzanti o minacciosi come purtroppo è avvenuto nella comunicazione mediatica”.

Ne è conseguita, “attorno ad una questione sanitaria così delicata e importante, una guerra esasperante e gravissima” e “un clima sociale preoccupante”.

In tale contesto, l'impiego del Green Pass “è vissuto come atto discriminatorio finalizzato a indurre le persone alla vaccinazione, a pena di scontare un'esclusione di fatto dalla vita civile. Ne segue che per una parte considerevole della popolazione vi è il rischio che si determinino, oltre all’esclusione sociale, ulteriori disuguaglianze”.

Unasam ricorda poi quanto affermato da Sara Gandini, ricercatrice, epidemiologa e docente di Biostatistica all’Università Statale di Milano, durante le Audizioni in Commissione Affari Costituzionali del Senato: “Siamo all’80% di vaccinati, e i vaccinati non hanno nulla da temere dai non vaccinati, perché la quota di 'non responders' è molto bassa”. Alla luce di questo, Unasam ritiene “ che si possa rivedere la scelta dell’ampliamento generalizzato del Green Pass”.

Unasam è particolarmente preoccupata per quanto accade “nell’ambito specifico della salute mentale: di fatto non c'è più accesso libero in nessun luogo. Nei servizi territoriali della salute mentale si fa ingresso sempre con difficoltà e le regole sono ogni giorno più rigide: ora già qualche servizio sta chiedendo il Green Pass non solo ai dipendenti ma anche agli utilizzatori dei servizi. Registriamo quotidianamente una sofferenza enorme da parte delle persone e delle famiglie nella gestione del rapporto con i servizi, che l’emergenza covid-19 ha ulteriormente indebolito, nell’accesso ai luoghi e ai percorsi di cura. Tutto è più complicato, farraginoso, confuso e non ci sono linee chiare da parte delle Regioni o dei Dipartimenti di Salute Mentale”, denuncia ancora Unasam.

Non solo: “Ci giungono anche moltissime segnalazioni di situazioni di conflitto e sofferenza all'interno delle famiglie: sono aumentati i livelli di intolleranza, di aggressività; prolifera il desiderio di farla finita (in particolare tra i giovani e giovanissimi), o di andare a vivere da un'altra parte”. E poi ci sono le strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, dove si riscontra “la stessa rigidità: i familiari entrano solo con vaccino o tampone. Ma un tampone ogni due o tre giorni, per chi va a trovare il proprio caro con costanza, è insostenibile sia materialmente che economicamente. Si chiede quindi che possa essere consentito l’ingresso in questi luoghi non ospedalieri ai familiari, ai volontari, e a tutte quelle persone che arricchiscono i percorsi riabilitativi e di inclusione sociale. Manteniamo le disposizioni già in vigore, comunque proficue in termini di sicurezza e vigilanza per evitare contagi. E poi, ci sono i lavoratori delle strutture sociali e riabilitative, che soffrono una situazione in cui non ci sono sufficienti risorse finanziarie, né umane, e faticano ad offrire vicinanza, continuità, partecipazione: ciò di cui le persone con un disagio mentale hanno maggiormente necessità. Ora dovranno obbligatoriamente vaccinarsi, come da disposizione delle Aziende Sanitarie Locali, non basterà più il tampone pena la sospensione dal servizio”.

In conclusione, Unasam chiede “che il governo, il ministro della Salute e il Parlamento, nell’accogliere queste nostre preoccupazioni, vogliano ripensare all’ampliamento generalizzato del Green Pass, o quantomeno impedirne il parossistico uso anche per accedere ai luoghi della protezione della salute mentale dei cittadini”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)