I cambiamenti ambientali cambiano i vincoli della produzione, ma forse aprono anche nuove opportunità

L’innalzamento dei livelli del mare, in Italia ma non solo, sta spingendo l’acqua salata nell’entroterra: è il "cuneo salino".

I cambiamenti ambientali cambiano i vincoli della produzione, ma forse aprono anche nuove opportunità

Si chiama cuneo salino e si tratta di qualcosa di cui tutti, in qualche modo, dovremmo tenere conto. Soprattutto perché è una delle manifestazioni più insidiose – seppur nascoste -, degli effetti del cambiamento climatico che a sua volta sta capovolgendo un po’ tutto l’assetto agroalimentare oltre che gli equilibri idrogeologici (anche italiani). Non è solo teoria. Il cambiamento climatico, il cuneo salino, così come il meteo pazzo, che alterna gran secco a grandi piogge, stanno mettendo in crisi abitudini e prodotti del nostro buon vivere. Non una apocalisse, ma certamente qualcosa con la quale dobbiamo ancora imparare a convivere. E che ha effetti anche dal punto di vista economico oltre che sociale.

Cuneo salino, dunque. Tutto nasce dall’innalzamento dei livelli del mare che, in Italia ma non solo, sta spingendo l’acqua salata nell’entroterra. Il mare si infiltra lungo i corsi dei fiumi e rende inutilizzabili le risorse idriche e spesso gli stessi terreni agricoli. Uno scenario preoccupante, dicono i coltivatori diretti, soprattutto per quanto riguarda l’economia agricola della valle del Po, cioè di una delle aree più importanti e ricche dal punto di vista agroalimentare, dove, fra l’altro, si concentra circa il 35% della produzione agricola nazionale, fra pomodoro da salsa, frutta, verdura e grano, oltre ad allevamenti da latte e produzione di formaggi. E non è solamente il sale a impensierire i coltivatori. A preoccupare, sempre dal punto di vista della produzione alimentare, è anche per esempio il riscaldamento delle acque che ha già alterato gli equilibri ittici.

I conti fatti da Coldiretti indicano che i danni provocati all’agricoltura italiana dai cambiamenti climatici negli ultimi dieci anni, siano ormai pari a 14 miliardi di euro. Lo si è già detto molte volte: colpa di quella che i meteorologi chiamano “tropicalizzazione” del clima.

E’ difficile dire però che tutto questo sia l’inizio della fine della produzione agricola: è certamente un suo forte cambiamento. In tema di rapporti fra ambiente e agroalimentare occorre tuttavia tenere anche conto d’altro.

Stando infatti ad un’indagine di Nomisma resa nota in questi giorni, i consumatori sono ogni giorno più coscienti che l’ambiente deve essere sempre più al centro dell’agenda politica, tema che occupa il terzo posto delle priorità di oggi degli italiani, dopo disoccupazione e tasse. E, ovviamente, sono soprattutto i giovani con meno di 30 anni a chiedere a gran voce massima priorità all’attenzione sull’ambiente. Si tratta di richieste generiche che si trasformano in un atteggiamento disponibile a cambiare. L’82% dei giovani, per esempio, dichiara di essere disponibile a ridurre al minimo gli sprechi (dall’acqua alla luce, dalla plastica al cibo) e il 70% sceglie aziende di cui condivide i valori, impegnate nella salvaguardia dell’ambiente. E non solo. La ricerca di Nomisma dà conto (scientifico) anche di un’osservazione comune a chi segue l’agroalimentare: la crescente consapevolezza ambientale tocca in modo sempre più decisivo le scelte di acquisto delle famiglie italiane, spingendole verso la ricerca e la richiesta di prodotti sostenibili con ridotto impatto ambientale. Si aprono, in qualche modo, nuovi mercati (anzi molti di questi si stanno già consolidando) che non fanno più semplicemente riferimento all’agricoltura biologica, ma a qualcosa di molto più variegato, multiforme e complesso. Qualcosa che, per una certa parte, è ancora tutta da esplorare e scoprire.

Certo, la risalita del mare nelle falde, i cicloni tropicali in valle Padana, il dissesto idrogeologico che imperversa in Italia, non possono essere certo dimenticati. Ma accanto a tutto questo cresce anche il livello di una consapevolezza di consumo che si fa anche opportunità di mercato e, fra l’altro, di cura stessa dell’ambiente a rischio.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir