Il Risorto nell’arte e nella letteratura. La Resurrezione ha affascinato artisti e scrittori di tutti i tempi e latitudini

La Risurrezione ha da sempre affascinato scrittori, pittori, scultori, che hanno tentato di restituire il senso di stupore e di gioia dei testimoni di allora e dei loro contemporanei.

Il Risorto nell’arte e nella letteratura. La Resurrezione ha affascinato artisti e scrittori di tutti i tempi e latitudini

La Risurrezione ha da sempre affascinato scrittori, pittori, scultori, che hanno tentato di restituire il senso di stupore e di gioia dei testimoni di allora e dei loro contemporanei, di fronte ad un evento che ha cambiato il mondo. Ma c’è anche chi, come Raffaello Sanzio ai primi del Cinquecento, sceglie di dipingere un olio su tavola che purtroppo non è nel Belpaese, ma a san Paolo del Brasile, in cui regna sovrano l’equilibrio, quasi la freddezza dell’illustrazione, anche se alcuni studiosi ipotizzano che possa essere opera di un altro artista. Un evento indicibile e anche non raffigurabile, sembra dire l’arte, tant’è vero che in epoca paleocristiana la resurrezione era suggerita dalla semplice immagine di un sepolcro vuoto, o di una croce che sovrasta due guardie addormentate, come in alcuni sarcofaghi, due dei quali possono essere ammirati al Museo Lateranense di Roma. Sempre nella nostra bella Italia, stavolta a Venezia, nella basilica del santo patrono, è possibile ammirare un mosaico in cui è raffigurata l’ “Anastasis”, cioè la resurrezione e la “descensio ad inferos” del Cristo, immagine presente anche, per tornare alla capitale, tra gli affreschi di Santa Maria Antiqua, siamo “già” nell’ottavo secolo e nella basilica sotterranea, quella del primo “fumetto” in lingua volgare, di san Clemente, probabilmente un secolo più tardi.

Anche nel senese ciclo delle 14 tavole che compongono la facciata posteriore della Maestà di Duccio da Buoninsegna, ad apparire per primo sul sepolcro è l’angelo che accoglie le donne visibili a sinistra. Se volessimo trovare un controcanto alla serena consapevolezza dell’ordine ritrovato del quadro (forse) di Raffaello, dovremmo andare a Firenze, dove il Beato Angelico presenta sempre un angelo seduto sulla tomba, ma in contemporanea anche il Cristo risorto, con un ramo di palma e con le donne che guardano, con un mirabile passaggio psicologico tra il dolore iniziale, lo stupore e l’estasi, il sepolcro vuoto. Se invece volessimo ammirare un Cristo in qualche modo, nella sua maestà, memore di più antiche divinità, vincitore della morte, dobbiamo andare a Sansepolcro, dove, a metà circa del Quattrocento, Piero della Francesca realizza sulla parete centrale della Sala dell’Udienza, un Risorto forte, eroico, appena emerso dalla lotta contro gli abissi, che sembra segnare il suo trionfo definitivo ponendo un piede sulla sponda del sepolcro, mentre i quattro soldati inconsapevoli sono immersi nel sogno degli ignari.

Ma anche l’arte contemporanea è stata affascinata dal mistero della Resurrezione: basti pensare a quando Paolo VI commissionò a Pericle Fazzini un’opera per la sala Nervi: quell’impressionante bronzo di oltre venti metri rappresentante il Cristo che emerge dalla materia informe, fatta di rami, foglie, tentacoli, animali ridando un senso, e un ordine, al creato.

E la letteratura? Assai vicina all’arte, più di quanto si possa pensare, perché la Resurrezione di Manzoni, il primo in ordine di tempo degli Inni Sacri, sembra quasi, nell’aprile del 1812, una “traduzione” dello sguardo pittorico originario, con quel “Un estranio giovinetto/ si posò sul monumento:/ era folgore l’aspetto,/ era neve il vestimento: / alla mesta che ‘l richiese/ diè risposta quel cortese:/ è risorto; non è qui”. Ne ha parlato anche Tolstoj, ottant’anni dopo, fin dal titolo, perché lo scrittore volle essere molto esplicito: in “Resurrezione”, narrò la morte interiore del principe Nechljudov e la sua rinascita nel dolore e nel pentimento. Ma anche in molti racconti di Dostoevskij, per rimanere nella Russia di quegli anni, come nell’Inghilterra di Chesterton, questa resurrezione è vissuta in interiore homine nelle strade quotidiane della civiltà occidentale. Anche se il modello rimane il Dante della Commedia, dove l’atmosfera del Purgatorio prepara al fulgore della visione del Risorto, attraverso un creato che dal deserto invernale passa alla fioritura primaverile, visione che arriverà all’Eliot del “Mercoledì delle ceneri” in una atmosfera di trepida attesa e di rinascita con e nel Cristo.

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Fonte: Sir