Il bosco rinasce a suon di musica. Un amplificatore con il legno dei pini abbattuti dalla tempesta Vaia

Un cubo di 10x10x10 cm, fatto di larice e abete, ricavati dal legno delle piante abbattute dalla tempesta

Il bosco rinasce a suon di musica. Un amplificatore con il legno dei pini abbattuti dalla tempesta Vaia

“Vigili del fuoco? Siamo sotto acqua, siamo sotto acqua. Ci stanno cadendo le piante addosso”.

Il celebre aforisma di Lao Tzu ci ricorda che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. Di alberi, tra il 26 e il 30 ottobre di due anni fa, ne caddero 42 milioni. Schiantati a terra dalle raffiche di vento fino a 200 chilometri orari, che sotto una pioggia incessante, ha cambiato il volto di intere valli in Alto Adige, Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia. La tempesta Vaia è stato il più grande disastro ambientale in Europa degli ultimi cinquant’anni.

Interi versanti montani, spogliati dei loro boschi secolari e messi a nudo dal passaggio di Vaia, ci ricordano – e lo faranno per molto tempo ancora – quella catastrofe. Ma, tra quei tronchi abbattuti, qualcosa sta tornando a spuntare.

Ricordo che ero seduto alla mia scrivania che stavo studiando e avevo davanti a me un amplificatore in legno per il cellulare, realizzato completamente a mano da mio nonno. Da lì è partita l’intuizione, come un’epifania”. A parlare è Federico Stefani, trentino di Pergine Valsugana, ideatore e fondatore di Vaia, una start up che ha come obiettivo quello di produrre qualcosa senza depauperare il territorio, ma – al contrario – ripristinando le risorse naturali dell’ecosistema.

Ho coinvolto nel progetto Paolo Milan, conosciuto durante la laurea magistrale a Ferrara e Giuseppe Addamo, incontrato al festiva dell’impresa di Vicenza – ricorda Stefani –. Ho detto loro: dobbiamo aiutare le Dolomiti, dobbiamo recuperare quel legno, lavorare con quelle comunità e ripartire per guardare al futuro”.

I tre imprenditori under 30 si mettono all’opera e il 29 ottobre dello scorso anno viene presentato ufficialmente il “Vaia Cube”.

“L’idea – racconta Stefani – era quella di raccontare la storia del nostro territorio e amplificare il messaggio che volevamo portare. Da lì è nata l’idea di questo amplificatore passivo, che non è solo un oggetto, ma una metafora. È un cubo di 10x10x10 cm, fatto di larice e abete, ricavati dal legno delle piante abbattute dalla tempesta”. Un amplificatore passivo come quello che il giovane trentino aveva ricevuto in regalo da suo nonno. Ma, a quel modello ispiratore, mancava qualcosa che lo legasse a quanto successo a fine ottobre di due anni fa. E in questo fondamentale è stato il contributo di Giorgio Leonardelli. Con un colpo d’ascia, il falegname e designer trentino, ha creato nel cubo di legno d’abete, una ferita, che ricorda per l’appunto gli alberi schiantati a terra da Vaia. A tenere insieme i due pezzi, poi, un cono in legno di larice, che fa da cassa di amplificazione. “Ogni volta che lo uso – spiega Stefani – è una magia, perché penso che il legno che stiamo usando fa rivivere quegli alberi abbattuti dal vento e crea un legame sia con la musica, che col territorio e con il materiale con cui è stato costruito”.

Ogni pezzo è unico e irripetibile, perché l’incisione segue le naturali venature del legno. “Ogni cubo è diverso come diverso è ciascuno di noi, come un’opera d’arte – prosegue Stefani – come ogni albero nella natura. Noi scegliamo di fare questo taglio con l’ascia, ma poi sarà la venatura del legno a decidere come sarà la spaccatura. Questa è la magia e l’unicità di questo oggetto”.

Il Vaia Cube permette di recuperare gli alberi abbattuti e di creare lavoro per gli artigiani locali. Ma non è tutto. Per ogni cubo venduto, la giovane start-up si impegna a piantare un albero, in modo da risanare i boschi colpiti e ridare un futuro ai territori segnati dalla tempesta.

Lo scorso 22 maggio, al termine del lockdown, è stato coronato il primo tassello di questo progetto. In val di Fiemme sono stati ripiantati i primi 500 alberi, larici e abeti, in collaborazione con la “Magnifica comunità di Fiemme” e Etifor, spin off dell’università di Padova, che garantisce la filiera trasparente e la salvaguardia della foresta, per un recupero dell’ecosistema a 360 gradi. Lo scorso 30 ottobre, poi, nell’anniversario di Vaia, sull’altopiano di Piné (Trentino) sono stati ripiantati 726 alberi, uno per ogni giorno trascorso dalla tempesta.

Grazie al sito internet (www.vaiawood.eu ) e alle pagine Facebook e Instagram, Vaia ha dato vita anche a una community che è arrivata a valicare l’oceano Atlantico. “All’inizio – spiega Stefani – non sapevamo come sarebbe andata. Oggi possiamo dire che siamo presenti negli Stati Uniti, in Canada, Messico, Emirati Arabi e in tutta Europa. Sono sempre più le persone che sono entrate nella community di Vaia e hanno abbracciato la nostra visione: non depauperare risorse, ma valorizzare quelle che la natura ci dà, mettere al centro le comunità e guardare al futuro”.

Domenica scorsa, in diretta Facebook, si è tenuto il “Vaia Day”, una giornata di scambio e confronto tra imprenditori, manager, scienziati e divulgatori, organizzata per celebrare il primo anno della start up. “Questo non è un momento facile per la nostra comunità nazionale – sottolinea Stefani –. Ecco perché è ancora più urgente pensare al futuro che tutti insieme vogliamo costruire”.

“L’idea che intendiamo trasmettere è che i cambiamenti non vanno evitati, ma affrontati con risoluzione e con creatività – conclude Stefani –. Solo così possiamo migliorare noi stessi e il nostro mondo. A ricordarcelo è proprio il Vaia Cube: rimettere insieme due pezzi rotti, per ripartire da là”.

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Fonte: Sir