Il grande rischio. Donne e lavoro: cinque esperienze narrate dai media

Per ognuna di queste donne c’è una storia diversa di dignità, di coerenza, di fatica.

Il grande rischio. Donne e lavoro: cinque esperienze narrate dai media

Katia Pellegrino, Clarisse Cremer, Mia Ceran, Jacinta Ardern, Ornela Casassa: cinque donne in queste settimane di inizio 2023 hanno raccontato sui media le loro storie attraversate dal filo rosso del faticoso rapporto tra la vita personale, la famiglia e la professione lavorativa.
Katia Pellegrino 39 anni, ha vinto la sua battaglia contro l’azienda che l’aveva licenziata al rientro dalla seconda maternità. Colleghi, sindacalisti e media l’hanno sostenuta nel diritto al lavoro. È rientrata anche se con responsabilità diverse dalle precedenti
Clarisse Cremer, 35 anni, velista oceanica francese licenziata perché lo sponsor ritiene che la maternità comprometta le prestazioni dell’atleta. È impegnata in una regata totalmente diversa da quelle che l’hanno vista trionfare.
Mia Ceran, 36 anni, conduttrice televisiva, ha annunciato che con la nascita del secondo figlio si staccherà temporaneamente dalla tv. Dice: “ci viene chiesto di essere la miglior lavoratrice e insieme la più performante delle madri”.
Jacinta Ardern, 42 anni e una figlia, premier neozelandese, a metà gennaio ha lasciato la guida del governo e la politica perché, afferma: “per questo lavoro non ho più abbastanza energie per svolgerlo a dovere”.
Ornela Casassa, 28 anni, ingegnere edile italiano, ha detto in rete a quasi due milioni di persone che 750 euro nette mensili non bastano per vivere dignitosamente.
Per ognuna di queste donne c’è una storia diversa di dignità, di coerenza, di fatica. In tutte si riassume la difesa dei diritti della persona nel mondo del lavoro. Sono cinque provocazioni alla cultura di una società che considera segno di debolezza il rinunciare al prestigio, alla carriera e ai soldi per tutelare valori quali la famiglia e la vita. Dicono che la scelta di sospendere un’attività professionale oppure di battersi senza riserve per non essere private del diritto a un lavoro dignitoso è una scelta di responsabilità e un gesto educativo. Aggiungono che l’accettazione del limite nel percorso professionale non può essere intesa come un rifiuto al successo e al prestigio perché esprime la volontà di essere umani.
Katia Pellegrino, Clarisse Crémer, Mia Ceran, Jacinta Ardern, Ornela Casassa chiedono così alla società occidentale e alle sue istituzioni di non abbassare la guardia di fronte a ingiustizie e diseguaglianze che si mascherano e colpiscono i più fragili tra i quali in particolar modo le donne. Vigilano e chiedono di vigilare sul grande rischio che l’essere soccomba all’avere o, al contrario, al non avere.

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Fonte: Sir