Il linguaggio del corpo. Il primo grande “tema” dei ragazzi è il corpo, le sue trasformazioni e le nuove consapevolezze

Il linguaggio del corpo è complesso e le risposte non possono essere stereotipate, ma registrare e interpretare determinate espressioni, o azioni, può essere illuminante.

Il linguaggio del corpo. Il primo grande “tema” dei ragazzi è il corpo, le sue trasformazioni e le nuove consapevolezze

La prima manifestazione dell’adolescenza è rappresentata dalla cortina del silenzio che inizia a svilupparsi attorno ai nostri figli. Difficile attraversarla, difficile conviverci soprattutto quando diventa sempre più consistente e rivoluziona gli equilibri della famiglia.
Si parla molto di dialogo come strumento privilegiato nell’educazione dei nostri ragazzi, ma il dialogo non sempre è praticabile. Spesso i genitori si trovano a essere unici protagonisti di un monologo con un interlocutore muto. Ci si sente frustrati nel proprio ruolo, incapaci, inefficaci e anche molto soli. Il senso di solitudine dei padri e delle madri è una condizione complicata da gestire. In genere favorisce reazioni rabbiose e, non di rado, causa frizioni e scontri anche all’interno della coppia. Gli adolescenti sono spesso dei laghi oscuri e profondi, in cui proviamo a gettare parole che sembrano essere inghiottite sotto una superficie soltanto apparentemente calma.

Dove vanno a finire quelle parole? C’è una coscienza immersa in quella profondità? Non speriamo in risposte immediate: il riscontro lo avremo tra qualche anno. E nel frattempo?
Forse, più che parlare, dovremmo affinare il nostro spirito di osservazione. La comunicazione fra le persone non si esaurisce nei contenuti verbali, avviene decisamente a più livelli. I nostri ragazzi parlano poco, ma in realtà si esprimono molto. Il primo grande “tema” dell’adolescenza è il corpo, le sue trasformazioni naturali e il modo in cui attraverso di esso si acquisiscono nuove consapevolezze.

I teenager trascorrono ore davanti allo specchio, seguono dei modelli, fanno piercing, chiedono di tatuarsi immagini o simboli. Le ragazze, in maniera particolare, arrivano perfino a pensare di ricorrere ai “ritocchini” della chirurgia estetica, nonostante la giovane età. Il corpo quindi è alla base di qualsiasi relazione. Ma il corpo non è forma statica, si muove nello spazio e anche in questo modo comunica.

Le posture dei nostri figli e il modo in cui camminano ci parlano di loro. Le pose espansive molto spesso indicano una buona autostima. In genere sono caratterizzate dal corpo eretto e da una buona padronanza dei gesti. Il viso appare schietto e lo sguardo diretto, teso al contatto oculare.
Può capitare di trovarli rannicchiati sul divano, quasi in posizione fetale: chiedono protezione. Pure nella posizione eretta manifestano spesso contrazione: le spalle sono cadenti e tengono la sguardo rivolto a terra. Sono insicuri, oppure anche tristi.

Il linguaggio del corpo è complesso e le risposte non possono essere stereotipate, ma registrare e interpretare determinate espressioni, o azioni, può essere illuminante. A volte il linguaggio corporeo tradisce in maniera sorprendente quello verbale.
A questo proposito, molti spunti vengono offerti dalla giornalista spagnola Susana Fuster nel suo saggio “Figli che tacciono, gesti che parlano” (Salani editore, 2020). Nell’introduzione l’autrice, che ha approfondito per anni presso l’Universidad a Distancia di Madrid (UDIMA) le dinamiche del comportamento non verbale, cita Peter Druker, padre del management moderno: “La cosa più importante nella comunicazione è saper ascoltare ciò che non viene detto”.

Partendo da questo assunto rassicura il lettore e afferma che “imparare a decifrare” il comportamento di un adolescente offre la possibilità di “imparare a capire come si sente davvero senza bisogno di chiederglielo”. Nelle trecento pagine successive, inoltre, fornisce indicazioni preziose e operative per agevolare la relazione genitore-figlio e renderla fruttuosa.
Se si ha davvero contezza della complessità della comunicazione, si può essere maggiormente efficaci nel sostenere i nostri figli nella difficile e dolorosa ricerca di identità che si attua nell’età giovanile.
Occhio, quindi: ri-stabiliamo il contatto visivo e ri-partiamo da lì!

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Fonte: Sir