“Il mio viaggio tra i senza dimora nelle stazioni italiane”

Parla Giandonato Salvia, giovane imprenditore missionario, inventore della app Tucum per donare in maniera digitale e autore del libro “Luce in abbondanza”, con la prefazione di papa Francesco

“Il mio viaggio tra i senza dimora nelle stazioni italiane”

Stare vicino alle persone più povere e in stato di grave emarginazione sociale, ascoltandole e  incontrandole per capire come rispondere ai bisogni più concreti. E' quello che ha fatto Giandonato Salvia, giovane imprenditore missionario pugliese di 31 anni, con diverse esperienze di volontariato  in Africa e in Sud America. Oggi è autore del libro “Luce in abbondanza" che è un viaggio nelle 14 città metropolitane d'Italia scandito dagli incontri nelle stazioni con i senza dimora e da momenti di raccoglimento spirituale insieme a volontari e operatori sociali. Giandonato Salvia è anche ideatore dell'App. Tucum (www.tucum.it) e dal 2019 fa parte del comitato organizzatore di “The economy of Francesco” come promotore del cammino della Via Lucis itinerante.

Con "Luce in abbondanza” che ha la prefazione di papa Francesco, hai scelto di incontrare le persone più fragili, i senza dimora, nelle stazioni. Perché?
La scelta di raccontare con un libro il viaggio compiuto per le 14 città italiane in ascolto dei più poveri è legata all'App. Tucum fondata nel 2018. L’app Tucum nasce, infatti, dalla stessa idea del 'caffè sospeso' di Napoli come strumento per vivere la carità in modo innovativo a sostegno dell’economia di prossimità. Diamo alle persone, in questo modo la possibilità in maniera digitale di donare verso i più bisognosi abbandonando la logica del  pacco viveri e offrendo loro una particolare tessera a tecnologia Nfc (contactless) con la quale è possibile ritirare dai negozi convenzionati ciò di cui hanno veramente bisogno: farmaci, visite mediche, spesa alimentare, cura della persona. Le donazioni vanno alle associazioni del territorio che a loro volta le redistribuiscono attraverso delle tessere. I primi interlocutori del progetto sono state le Caritas.

In forza di questa app hai voluto conoscere più da vicino le persone più povere e alcuni volontari e associazioni che le aiutano.
Nel libro racconto ciò che ho visto e chi ho ascoltato e incontrato nelle stazioni. E' il risultato di un percorso di 'via lucis' che mi ha permesso in ogni città metropolitana di aprire delle finestre sulla povertà per capire con l'incontro di volontari e associazioni come rispondere in maniera concreta. Le persone che ho incontrato mi hanno fatto capire quanto conosciamo ben poco il concetto profondo della carità. Nelle persone non c'è solo il bisogno monetario e dei beni di prima necessità perché ci sono soprattutto forti bisogni relazionali legati alla solitudine e all'abbandono. C'è poi anche un grande disordine tra le varie realtà che fanno il bene che, spesso, non dialogano tra di loro. Ecco perché l'app Tucum è importante come sistema di 'economia sospesa' solidale applicata alla carità.

Il desiderio di fondare Tucum è nato da una riflessione maturata in seguito ai diversi viaggi in Africa e in Sud America?
Sì, dopo alcuni viaggi in realtà poverissime dove esiste la miseria più assoluta, è nato il bisogno forte di capire come dare un contributo concreto a chi soffre. Avendo avuto il dono di avere una famiglia che mi ha dato la possibilità di fare queste esperienze, con un papà chirurgo in missioni umanitarie, ho riflettuto su quello che si poteva fare anche con altri strumenti. Le povertà forti ci sono anche nel nostro Paese. Così con mio fratello Pierluca, ingegnere, è nata l'app Tucum con l'impresa sociale App. Acutis s.r.l.. Se Tucum all'inizio era una raccolta di donazioni che voleva lottare contro il racket dell'elemosina, poi attraverso le tessere, è diventata anche un sostegno alle piccole attività locali convenzionate.

Con il “Luce in abbondanza” quale messaggio vorresti dare?
Tutto nella vita deve essere condotto dall'amore verso il prossimo. Chiediamoci chi vogliamo aiutare e come vogliamo farlo e soprattutto quanto bene fa a noi aiutare le persone che stanno peggio di noi. Dopo l'ascolto, occorre mettersi in azione se si vogliono dare aiuti concreti che migliorano realmente la società. Sono proprio le persone più povere che devono farci capire i veri bisogni.

Nel libro ci sono stati degli incontri che ti hanno lasciato un segno forte come quello con Stefano...
Ho incontrato Stefano, un giovane della mia stessa età, che stava alla mensa di Madre Teresa di Calcutta a Firenze nella stazione campo di Marte. Ci siamo messi a parlare ed ho percepito subito che era una persona molto colta che conosceva molte lingue. A causa purtroppo di problemi familiari si trovava in forte difficoltà economica. Volevo dargli delle monete ma lui ha preferito parlare con me chiedendomi di sederci in un bar. La tristezza è poi subentrata quando ci siamo salutati perché lui ha sofferto del distacco. Ho capito, allora, quanto forte fosse in Stefano il bisogno di relazione per fronteggiare la sua solitudine esistenziale. In altri incontri - che racconto - di persone, molto particolari perché in condizioni drammatiche, invece, bisognerebbe intervenire molto prima che queste, purtroppo, si riducano in uno stato psico-fisico molto problematico.

Fai parte anche del gruppo "The Economy of Francesco"…
Essendo stato riconosciuto come un imprenditore missionario ho cercato di rispondere all'appello di papa Francesco del maggio 2019 rivolto agli imprenditori, imprenditrici e agli economisti per capire insieme come portare avanti una economia che partisse dal basso in risposta alle persone con maggiore fragilità sociale. Nel novembre del 2020 ci siamo incontrati online per stipulare un patto condiviso. L'obiettivo è quello di realizzare nei propri territori dei sistemi di risposta concreta alle povertà. In Italia abbiamo inventato i cammini di prossimità. Dentro questi cammini stanno nascendo altri progetti. Io sono responsabile del progetto Casa di Francesco.

Che cosa è Casa di Francesco?
Casa di Francesco a Torino è una realtà che accoglierà in maniera laica tutti, poggiando su due pilastri che sono la fraternità nello stile di San Francesco e l'economia. Crediamo, infatti, che la cultura del dono e della condivisione siano le  fondamenta per ricostruire una società indebolita nei valori e nell’economia. Per il momento siamo cinque giovani che vivranno insieme momenti di condivisione spirituale e momenti operativi per pensare a progetti di economia solidale, organizzando anche incontri di promozione umana e sociale con gli studenti. L'idea è quella di partire con Torino per poi proseguire con altre città.

Serena Termini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)