Il non profit dopo l’emergenza. Dalla crescita “inarrestabile” ad un futuro incerto

Ha reagito alla crisi economica di inizio millennio con un aumento di realtà e raddoppiando il numero dei dipendenti, ma per il non profit italiano stavolta è diverso e sarà difficile confermare i trend positivi registrati negli ultimi anni. Ecco alcuni dati e le preoccupazioni degli esperti

Il non profit dopo l’emergenza. Dalla crescita “inarrestabile” ad un futuro incerto

Soltanto qualche mese fa, a ottobre 2019, abbiamo descritto la crescita del non profit italiano come “inarrestabile”. Secondo gli ultimi dati Istat presentati alla 19ma edizione delle Giornate di Bertinoro e riferiti al 2017, infatti, il non profit non è mai stato così florido: oltre 350 mila realtà attive su tutto il territorio nazionale contro le 235 mila istituzioni non profit del 2001. Il dato che tuttavia ha colpito maggiormente è stato quello che riguarda il numero dei dipendenti che in poco più di 15 anni è passato dalle 488 mila unità del 2001 alle oltre 844 mila del 2017. Un dato, quest’ultimo, quasi raddoppiato nonostante la crisi economica e finanziaria che ha colpito il nostro paese proprio negli anni scorsi. 

Che impatto avrà questa nuova crisi che ha investito il mondo intero e quindi anche l’Italia sul non profit? Difficile ora fare delle stime attendibili sul numero di lavoratori coinvolti, ma una cosa è certa: come spiega Gianfranco Marocchi su Redattore Sociale, l’attuale crisi è molto diversa da quella degli anni passati e coinvolgerà maggiormente il mondo del terzo settore. “È diversa per tanti motivi, ma ce n’è uno che riguarda direttamente il terzo settore - ha affermato Marocchi - che ha come azioni centrali quelle relazionali. Curare, educare, assistere, animare: sono tutte azioni dove c’è una persona che incontra un’altra persona. E questo non riguarda solo il settore socio-assistenziale, ma anche quello culturale”. C’è un altro aspetto cruciale: la fase 2 non risolverà del tutto le criticità riscontrate in questo periodo di lockdown, per gli stessi motivi sottolineati da Marocchi. Gli ambiti di intervento del non profit hanno come minimo comune denominatore la relazione e le misure da seguire nei prossimi mesi con ogni probabilità avranno un impatto notevole con conseguenze ancora tutte da verificare proprio sul mondo del lavoro del non profit.

I dati dell’Istat sul 2017, infatti, parlano chiaro: quasi il 37% dei dipendenti del mondo del non profit sono impegnati nel settore dell’assistenza sociale e della protezione civile. Segue, col 22% circa il settore sanitario, poi con quasi il 15% il settore istruzione e ricerca e all’11,7% il settore sviluppo economico e coesione sociale. Tuttavia, i settori che rispetto al 2016 hanno fatto registrare un aumento di dipendenti sono quello della cultura, sport e ricreazione (+16,1%) e della religione (+12%). Altro aspetto interessante da considerare per il futuro riguarda l’aumento di dipendenti che secondo l’Istat, tra il 2016 e il 2017, si è verificato maggiormente nelle associazioni  (+9,3%), rispetto alle Fondazioni (+3,8%) e infine alle cooperative sociali (2,9%). Rispetto al 2016, inoltre, i lavoratori dipendenti del non profit crescono del 3,9%, con incrementi più elevati della media tra i lavoratori con un contratto a tempo determinato (+24,5%).
Le preoccupazioni per il futuro, tuttavia, riguardano anche il mondo del non profit al Sud, dove rispetto al 2016, nel 2017 aveva fatto registrare segnali incoraggianti, con una crescita del numero delle istituzioni più sostenuta che al Nord e al Centro, anche se è il Nord Italia ad avere il maggior numero di realtà non profit. Stessa distribuzione per quanto riguarda i dipendenti che al Sud e sulle Isole sono 166 mila sui 844.775 di tutta Italia. Al Centro, nel 2017, i dipendenti del non profit sono oltre 192 mila. In cima alla classifica il Nord Est con poco più di 199 mila dipendenti e il Nord Ovest con oltre 286 mila dipendenti.
A chiedere un intervento a sostegno del mondo del sociale nel Sud Italia è  Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione Con il Sud, secondo cui “bisogna intervenire per evitare che questa crisi indebolisca fortemente il terzo settore, perché il rischio c’è”. A sottolineare l’importanza di intervenire a sostegno del terzo settore anche il Forum nazionale che in questi giorni ha lanciato la campagna #Nonfermateci, proprio per chiedere alle istituzioni di non dimenticare un settore che, oltre a dare lavoro a diverse migliaia di persone, sarà indispensabile proprio nella fase 2 e in quelle successive. “Terminata la fase di emergenza - ha ricordato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del terzo settore -, il nostro Paese potrà rialzarsi solo se avrà saputo sostenere chi si è sempre occupato di proteggere le persone”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)