“Jumping oltre i confini”, a Venezia una porta aperta all’inclusione

Un progetto di sostegno economico, lavorativo, abitativo, relazionale rivolto a persone migranti e senza dimora sul territorio veneziano. Già 55 le persone inserite negli appartamenti, oltre 200 quelle accompagnate nel proprio percorso verso l’autonomia

“Jumping oltre i confini”, a Venezia una porta aperta all’inclusione

Si chiama “Jumping oltre i confini” (‘saltando’ oltre i confini): è un progetto di inclusione sociale, territoriale, lavorativa e abitativa rivolto a persone migranti e senza dimora. Attivo sul territorio veneziano – città di porto, incrocio continuo di genti che vi approdano, la attraversano e la vivono – opera in rete con quelle realtà locali, regionali e nazionali che lavorano per l’inclusione. La sede operativa è nel cuore di Mestre: qui le operatrici accolgono le esigenze delle persone migranti e senza dimora collegate all’associazione Casa di Amadou e, più in generale, a ogni persona che a loro sceglie di rivolgersi, per costruire percorsi personalizzati a partire dai desideri e dalle attitudini di ciascuno. Al lavoro quotidiano delle operatrici si aggiunge quello dei numerosi volontari che si rendono disponibili a sviluppare e realizzare il progetto di sostegno abitativo, di apprendimento della lingua e di interazione. Obiettivo principale, il raggiungimento dell’autonomia da parte delle persone coinvolte attraverso il coordinamento e la realizzazione di attività volte all’implemento dell’autonomia sociale e territoriale, abitativa ed economica.

“Jumping oltre i confini” è nato nel 2018 proprio grazie all’associazione Casa di Amadou e, dal 2020, collabora con l’associazione Di Casa, impegnata nell’integrazione di persone fragili, creata nel 2016 sulla spinta dei ripetuti inviti di papa Francesco rivolti a parrocchie e cittadini a “esprimere la concretezza del Vangelo accogliendo una famiglia di profughi”. Casa di Amadou, invece, è nata nel 2015 “con l’idea di far sentire a casa chi una casa non sentiva di averla – ricordano gli operatori –, non potendo cucinare ciò che desiderava, non potendo guardarsi in tranquillità una partita, non potendo avere un po’ di silenzio attorno. Così, nella canonica della parrocchia della Resurrezione, nell’area multietnica Cita, quartiere Marghera, hanno iniziato a trovare casa tante delle persone migranti o senza dimora sul territorio veneziano”. Così sono nate, per esempio, le cene del giovedì sera: “Chi stava imparando l’italiano ha sentito il desiderio di far scoprire alle proprie insegnanti i sapori della terra d’origine e così, preparando mafè, attiéké e buon kheer, seduti attorno al tavolone nel soggiorno, è iniziata una tradizione. In epoca pre-pandemia, siamo arrivati a far sedere fino a 60 persone”.

Attualmente negli appartamenti gestiti da “Jumping oltre i confini” sono inserite 55 persone, di età compresa tra i 20 e i 60 anni, di diverse provenienze. Tra queste ci sono quattro nuclei monoparentali formati dalla madre e i propri figli. “Oltre alle persone inserite negli appartamenti – spiegano le operatrici –, il progetto segue anche tutti coloro che richiedono di essere supportati nella risoluzione di varie difficoltà o nel raggiungimento di un obiettivo. In totale, a oggi, più di 200 persone sono passate per il progetto e vi hanno trovato un aiuto concreto per arginare una situazione di marginalità e ritrovare la propria dimensione”.

Per continuare e implementare le attività di “Jumping oltre i confini”, Casa di Amadou ha lanciato la campagna di raccolta fondi “#accendiunaluce” su Produzioni dal Basso. “Per noi – spiega l’associazione – questo nome ha moltissimi significati. Uno tra tutti è la vicinanza al valore che ha assunto accendere la luce verde nella propria casa. In questo momento, infatti, la lanterna verde rappresenta, per le persone migranti che si trovano al confine tra la Bielorussia e la Polonia, una casa dove poter essere accolti, trovare un pasto caldo, una coperta, vicinanza e solidarietà”. Nello specifico, il progetto e il crowdfunding vogliono garantire sostegno economico a 5 persone inserite negli appartamenti del progetto che, per un periodo di tempo, non si possono mantenere autonomamente e per cui il progetto contribuisce al pagamento dell’alloggio, del vitto settimanale e di ogni spesa necessaria (trasporto pubblico, spese sanitarie, vestiti, eventuali spese per documenti); cofinanziamento di 10 esperienze di tirocinio di inserimento lavorativo insieme con le aziende che assumono il tirocinante per garantire alla persona una remunerazione idonea al carico di lavoro e allo stesso tempo agevolare l’azienda ad assumere la persona che non ha esperienze precedenti, con il sostegno da parte delle operatrici del progetto; sostegno della programmazione e dell’attivazione di 2 corsi professionali per 20 persone; sostegno economico di attività ricreative, come i centri estivi, e sportive, per i bambini e le bambine, tra i 4 e i 6 anni, accolti insieme alle madri nel progetto.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)