L’odissea di Emad, che ha contratto il Covid in strada perché senza accoglienza

La denuncia di Pensare Migrante, che a Roma sta seguendo il caso di diversi richiedenti asilo, rimasti in strada per problemi burocratici. “Non crediamo che i loro diritti siano subordinati a questioni logistiche”

L’odissea di Emad, che ha contratto il Covid in strada perché senza accoglienza

Una storia di lungaggini burocratiche e malaccoglienza, peggiorate dalla crisi sanitaria legata al coronavirus. A denunciare la situazione è Pensare Migrante, un’organizzazione che si occupa di tutela delle persone migranti e che da qualche settimana ha preso in carico il caso di Emad. Originario del Sudan, l’uomo è arrivato in Italia per la prima volta nel 2017, per poi proseguire il viaggio verso il Nord Europa. La sua destinazione è la Germania. Emad riesce ad arrivare e si stabilizza per alcuni anni, provando anche a fare richiesta d’asilo. Ma la pratica si blocca: il suo primo paese di approdo (e quindi competente per la domanda di protezione secondo il Regolamento Dublino) è l’Italia, deve tornare indietro. Così rientra in Italia a gennaio 2020. E si ritrova in strada, dove contrae il Covid 19. 

“Quando è arrivato a Roma ha chiesto il nostro aiuto e noi gli abbiamo offerto supporto per la richiesta di protezione internazionale - spiega Giovanna Cavallo, responsabile del team legale dell'organizzazione -. E così siamo riusciti a presentare la domanda alla questura di Roma il 30 giugno 2020. Dopo due mesi però ancora nessuna risposta, così abbiamo diffidato le istituzioni. Nel frattempo il ragazzo, durante la prima metà di settembre, ha contratto il Covid19 stando in strada a contatto con altri presumibilmente positivi. E’ stato messo in quarantena dopo una settimana dalla segnalazione, abbiamo reiterato la richiesta di accoglienza altre due volte, l'ultima quando si è negativizzato, circa un mese fa. Nonostante questo è rimasto in strada. Alla fine, abbiamo fatto ricorso al Tar anche per chiedere i danni, e da circa tre giorni siamo riusciti a farlo accogliere in un centro di prima accoglienza comunale”.

Insieme ad Emad, Pensare migrante ha preso in carico anche altri richiedenti asilo, che si trovano nella stessa situazione, Bakar, Abdurahman, Victor, Kemi, Lamin, Ibrahim, Yousif, Youssef. “ Roma è ormai simbolo della mancata #accoglienza, per incapacità politica e amministrativa e questa volta si è toccato il fondo - denuncia l’organizzazione sul suo profilo Facebook -:  ‘l’accoglienza per il richiedente asilo da voi segnalato” recita l’inadeguata e inappropriata comunicazione a firma del dirigente dell'area immigrazione della Prefettura di Roma “può essere disposta solo dopo accertamenti”. Una risposta inadeguata, perché gli accertamenti a cui si riferisce, sono i rilievi foto dattiloscopici che in questo caso avvengono dopo oltre un mese dalla presentazione della istanza di protezione internazionale; una risposta inappropriata, perché il funzionario ministeriale si arroga il diritto di decidere che un diritto riconosciuto da norme internazionali (direttiva europea accoglienza recepita dall'Italia con la legge 142/15) sia subordinato ad un tecnicismo amministrativo. 

Un richiedente asilo, giunto in Italia, si rivolge alla polizia per chiedere protezione e prima che questa si organizzi per prendergli le impronte, necessarie anche  all’ingresso del richiedente nel circuito dell’accoglienza, trascorre in media un mese, durante il quale una persona internazionalmente considerata vulnerabile è costretta a vivere in strada - continua la nota -. Non crediamo che i diritti di Bakar, Abdurahman, Victor, Kemi, Lamin, Ibrahim, Yousif, Emad e Youssef siano subordinati a una questione logistica: c’è del dolo nella decisione di segregare in strada persone che dovrebbero stare al sicuro, in un centro: e questo, non solo perché umano, ma in quanto disposto dalle norme sui richiedenti asilo e dalle linee guida dei Dpcm Anti covid”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)