La Pac c’è, ora la sfida è l’applicazione. Approvata la Nuova politica agricola Ue, ma c’è ancora molto lavoro da fare

Il Parlamento europeo ha approvato tutto, ma adesso i singoli Stati dovranno mettere in pratica i principi e soprattutto le novità sul lavoro nei campi.

La Pac c’è, ora la sfida è l’applicazione. Approvata la Nuova politica agricola Ue, ma c’è ancora molto lavoro da fare

La nuova Politica agricola comune è stata approvata dal Parlamento UE. Certo, si tratta di quello che i tecnici del settore indicano come “impianto”, lo schema, insomma, che dovrà guidare adesso una serie corposa di interventi puntuali messi in pratica nei diversi Stati che compongono il variegato mondo dell’Europa unita. Ed è proprio questo aspetto, adesso, a destare l’attenzione di tutta la lunga filiera agroalimentare.

La Pac, in ogni caso, appare davvero “nuova”. Oltre ai consueti interventi sui mercati agricoli (che hanno l’obiettivo di tutelare singoli comparti e di equilibrare singoli mercati), la Pac pone una grande attenzione agli aspetti collegati alla tutela dell’ambiente e, soprattutto, contiene per la prima volta nella storia europea un forte accento al lavoro agricolo e alla sua tutela.

Gli aspetti ambientali della politica agricola comune sono strettamente collegati al grande programma decennale varato dalla Commissione – Farm to Fork (F2F) -, per, come dice la Commissione stessa, “guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente”. Progetto più che ambizioso quello dell’esecutivo europeo, che vorrebbe raggiungere due obiettivi in un colpo solo: da una parte garantire la sicurezza alimentare, dall’altra ridurre gli sprechi di cibi, promuovere abitudini alimentari più sane e l’informazione alimentare corretta. Strategia complessissima, quindi, che copre grosso modo due cicli di politiche agricole europee e che deve farei conti con la necessità delle imprese di far quadre i bilanci e con il bilancio stesso dell’Europa.

Ma certamente, la vera novità della nuova Pac sta nella “condizionalità sociale” della stessa che significa una cosa semplice, almeno in via teorica: chi non rispetta i diritti dei lavoratori agricoli, anche in termini di sicurezza oltre che contrattuali, si vedrà tagliati gli aiuti comunitari. Concetto condivisibile che, tuttavia, ha impiegato anni per essere accolto nell’ambito delle politiche europee dedicate al comparto. E che, anche oggi, fino all’ultimo minuto dedicato ai negoziati per la Pac ha rischiato di essere messo in secondo piano se non proprio escluso. Per questo, Paolo de Castro (ex ministro italiano dell’agricoltura ma soprattutto raffinato conoscitore dei meandri della Pac), non ha avuto timore ad affermare, una volta concluso il negoziato, che quanto ottenuto è “un salto culturale importante che l’Europa aspettava da tempo. La qualità agroalimentare si costruisce anche in questo modo”. Vale, però, quanto già accennato. La Pac adesso dovrà essere “calata” nelle realtà nazionali. Le tre direttive che costituiscono la “condizionalità sociale” devono cioè essere tradotte in leggi da ogni singolo Stato. Le norme, inoltre, saranno facoltative da gennaio 2023 e obbligatorie dal 2025. Insomma, la strada è ancora piuttosto lunga.

Così come è lunga, d’altra parte, tutto il cammino che il resto della nuova Pac deve compiere. Per questo, Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, all’indomani del voto del Parlamento ha subito precisato: “Il giudizio ad oggi sulla futura Pac non può che essere parziale perché ora bisogna lavorare a livello nazionale per tradurre in misure semplici ed efficaci gli indirizzi dell’Ue, dall’innovazione alle politiche per favorire il ritorno alla terra delle nuove generazioni”. E non basta. Per capire, è sufficiente pensare alla necessità di accentuare la trasparenza dei processi e dei prodotti, attraverso l’obbligo dell’etichettatura d’origine, alla necessità di garantire competitività agli agricoltori europei sul piano mondiale promuovendo ed applicando il concetto della reciprocità negli standard produttivi. E c’è anche la questione della corretta informazione nutrizionale che non può essere fuorviante oppure quella legata ai processi di alterazione di alcune prodotti a scapito di altri. Le incognite sono in effetti ancora molte. E non riguardano solo gli aspetti collegati al lavoro nei campi.

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Fonte: Sir