La piaga che non si chiude ancora. Tutta la filiera agroalimentare contro il caporalato che colpisce ancora l’agricoltura

A tre anni dall'entrata in vigore della legge, non basta contrastare una pratica antica e tuttora presente. Occorre dare spazio agli agricoltori veri e onesti, la maggioranza

La piaga che non si chiude ancora. Tutta la filiera agroalimentare contro il caporalato che colpisce ancora l’agricoltura

Caporalato. Non qualcosa d’altri tempi, ma una presenza dell’oggi. Tanto che alcuni, come i coltivatori diretti, per far capire meglio pongono un esempio: “Quando si acquista una passata al supermercato, si paga più per la bottiglia che per il pomodoro contenuto”.

Che vuol dire: “Esiste un evidente squilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera favorito anche da pratiche commerciali sleali che strangolano gli agricoltori con prezzi al di sotto dei costi di produzione”, pratiche che toccano anche il mercato del lavoro. Così, quella del caporalato è ancora oggi una piaga del comparto agroalimentare che resiste, che non si chiude, nonostante la legge (del 2016) e la buona volontà di molti. Per questo, la filiera ha nuovamente cercato rimedi.

“Non esistono filiere sporche. Esistono i comportamenti penalmente rilevanti delle singole imprese, che dobbiamo mettere fuori dal sistema”, dice, giustamente, l’attuale ministra per le politiche agricole, Teresa Bellanova, che aggiunge: “Investiremo sulla semplificazione amministrativa, sul collegamento e la condivisione dei dati tra diverse istituzioni, sui contratti di filiera e nelle politiche di filiera, perché vogliamo una più equa distribuzione del valore e vogliamo trovare un’alleanza col cittadino”.

L’occasione per queste promesse è arrivata qualche giorno fa, al Tavolo interministeriale per approvare il Piano triennale di prevenzione e contrasto al caporalato. Che ha segnato, almeno nelle intenzioni, un passo importante. Per la prima volta lo Stato si dà infatti un metodo preciso per la prevenzione e il contrasto del fenomeno e cioè di quella pratica, diffusa in molte aree agricole, di assumere manodopera a giornata senza rispettare alcune regola di legge che tuteli il lavoro. “Se finora la legge ha funzionato in modo importante sul piano della repressione – dice infatti Bellanova – adesso la priorità è intervenire dando protezione alle persone, ai lavoratori italiani e stranieri a cui vengono negati diritti elementari”.

Buona cosa, dunque. Che deve però fare i conti con la realtà dei fatti in vaste aree dello Stivale agricolo. Dalla parte della legalità, tuttavia, sta la gran parte dei coltivatori.

L’immagine degli agricoltori presi alla gola dice bene di molte situazioni, perché il caporalato, così come altre alterazioni della filiera alimentare, arriva dalle condizioni strutturali della produzione e della trasformazione e dalle distorsioni dell’amministrazione. Per questo Coldiretti dice: “Occorre spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli, dal pomodoro alle arance, pagati sottocosto pochi centesimi al chilo spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità”. Sempre questa organizzazione agricola spiega: “A circa tre anni dall’approvazione della legge sul caporalato l’esperienza dimostra che la necessaria repressione da sola non basta ed è invece necessario agire anche sulle leve economiche che spingono o tollerano lo sfruttamento, dalla lotta alle pratiche commerciali sleali fino alle importazioni low cost da Paesi a rischio dove viene addirittura sfruttato il lavoro minorile, forzato e sfruttamento delle minoranze”.

Caporalato quindi come uno (ma solo uno) degli elementi di una condizione distorsiva della produzione agroalimentare che passa dalle pratiche commerciali sleali, dalle difficoltà dell’accoglienza, dal peso della burocrazia che spinge verso soluzioni “facili”. Per questo alcuni, come la Cia-Agricoltori italiani, dicono apertamente che il solo Piano di contrasto al caporalato non è sufficiente e che occorrono ben altre misure.

Cercare di prevenire oltre che contrastare una pratica antica ma devastante come il caporalato, è comunque già un buon passo in avanti. Più in generale, occorre dare spazio agli agricoltori veri e onesti: la maggioranza che, anche se tale, non sempre riesce ad emergere.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)