Lavoro di cura: uno “status comunitario” e figli sempre con sé. Appello per il 1° maggio

Dumitrache (Associazione donne romene in Italia): “Dobbiamo mettere in pratica le recenti raccomandazioni dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa: lasciare milioni di bambini senza cure parentali è una violazione di massa dei diritti umani”

Lavoro di cura: uno “status comunitario” e figli sempre con sé. Appello per il 1° maggio

Mai più “orfani bianchi”: chi lascia il proprio paese per lavorare, deve poter portare i figli con sé. Ma non è questa la storia di Daniela – raccontata da Marco Balzano nel suo ultimo romanzo, "Quando tornerò" (Einaudi, 2021), né di tante altre donne dell'est europeo che vengono in Italia e nell'Europa occidentale per lavorare nelle case delle nostre famiglie. Gli “orfani bianchi”, secondo l’Unicef, sono almeno 350 mila in Romania e 100 mila in Moldavia. Vittime di un abbandono che ha lo scopo di tutelare il loro futuro, ma che ha un forte impatto psicologico e sociale. Ce ne parla Silvia Dumitrache, presidente di Adri, Associazione donne romene in Italia. “2,5 milioni di persone nell'Ue sono impiegate nel settore domestico e l'88% di queste sono donne, che nella maggior parte dei casi hanno lasciato a casa, lontano migliaia di chilometri, i loro figli. Sono donne che si ammalano, psicologicamente e socialmente, di una sindrome socio-medicale, nota come sindrome Italia: depressione, sensi di colpa, solitudine portano alcune fino al tentativo di suicidio. Sono persone invisibili, che non appaiono neanche nel Pnrr, il Piano che dovrebbe mettere al centro la cura: del pianeta, della famiglia, della persona. Il Piano fa riferimento a vulnerabili e anziani e a loro dedica un fondo importante: ma è fondamentale che quelle risorse per la cura siano messe in collegamento anche con chi cura”.

E' questa una delle richieste che Dumitrache avanza in occasione del Primo maggio, a nome delle centinaia di migliaia di donne che arrivano dalla Romania per prendersi cura dei nostri anziani, dei nostri bambini, dei nostri malati.

Una questione non solo italiana, ma europea e mondiale: “L'Organizzazione internazionale del Lavoro nel 2016 ha pubblicato una raccomandazione in cui chiede di riconoscere i diritti dei lavoratori domestici e delle badanti attraverso uno status giuridico comunitario. Così, questi godrebbero degli stessi diritti dei lavoratori locali. Questo però ancora non accade: in Italia avviene quello che noi definiamo uno sfruttamento istituzionalizzato, non solo per quanto riguarda il lavoratore domestico, ma anche per quanto riguarda la famiglia. Il problema? Il welfare che non c'è. Non dobbiamo fare la guerra tra poveri – esorta Dumitrache –. Questo sfruttamento non è colpa delle famiglie: è lo stato che non esercita il proprio obbligo di garantire la dignità a questi lavoratori. Non si può trasformare una famiglia in un imprenditore, o in un'azienda, senza averla preparata. Non è giusto che queste famiglie si ritrovino a dare i soldi in mano alla badante, perché come se si dovesse 'acquistare' quella persona e diventarne, in qualche modo, padroni. Ci vuole un mediatore - chiede ancora Dumitrache - una figura che non sia l'agenzia privata, ma che provenga direttamente dallo Stato”.

E poi c'è, fondamentale, la questione dei controlli: “In Inghilterra avvengono a tappeto – riferisce Dumitrache – mentre da noi sono solo sulla carta. Tante badanti muoiono d'infarto in Italia, tra i 40 e 45 anni, per colpa di un lavoro che non ha limiti né regole. Gli anziani si svegliano di continuo e svegliano chi si prende cura di loro: la fatica tutto il giorno, la mancanza di sonno, rendono il lavoro della badante usurante. E' questa assenza di regolamentazione e di controlli che dobbiamo al più presto superare, garantendo giuste e dignitose condizioni di vita a chi lavora nelle nostre famiglia. Occorre un contratto di lavoro sostenibile, con cui lo Stato si assume la responsabilità di queste lavoratrici”.

Dall'Europa sono arrivate, recentemente, indicazioni che Dumitrache definisce “preziose e fondamentali” e che per questo rilancia con forza in occasione del Primo maggio. Sono la Risoluzione e la Raccomandazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa del 19 marzo 2021. Il primo punto riguarda proprio i bambini, i figli delle donne che partono: "Lasciare milioni di bambini senza cure parentali è una violazione di massa dei diritti umani e una minaccia inutile alla stabilità e alla prosperità dei nostri paesi - si legge -. Tutti i paesi devono riconoscere la portata di questo fenomeno e il danno a lungo termine che crea, e mettere in atto approcci globali alla migrazione per lavoro, che siano incentrati sul bambino, basati sui diritti umani, sensibili al genere e socialmente ed economicamente sostenibili”. In altre parole, spiega Dumitrache. “gli Stati dovrebbero privilegiare una forma di migrazione per lavoro che consenta ai bambini di migrare insieme ai loro genitori se lo desiderano”. Il secondo punto, “più a lungo termine – continua Dumitrache – impegna da un lato i paesi di destinazione a ridurre la loro dipendenza da quella che è considerata una fonte di lavoro flessibile ed economica, dall'altra i paesi di origine ridurre la loro dipendenza dalle rimesse inviate a casa dai lavoratori all'estero. I parlamentari europei - aggiunge Dumitrache - hanno chiesto una serie di misure, compreso il sostegno sociale ed educativo per i bambini 'lasciati indietro', politiche di ricongiungimento familiare eque e più vie legali per la migrazione, per ridurre il rischio di condizioni di lavoro di sfruttamento. Sono tutte indicazioni importanti, da cui dovremmo oggi, mentre ci prepariamo a celebrare quel lavoro su cui la Repubblica italiana si fonda”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)