Le pause necessarie. I meccanismi di apprendimento per ripetizione

Pare che il vero processo di apprendimento nel cervello avvenga quando ci prendiamo brevi pause nel mezzo dell'esercizio.

Le pause necessarie. I meccanismi di apprendimento per ripetizione

Bisogna provare, provare, provare, provare…. e poi…. ci si riesce bene!”. Chi non ricorda l’iconica ed esilarante frase pronunciata da Amanda Sandrelli nel celeberrimo film “Non ci resta che piangere” (1984)? Certo, in quel caso, si trattava di descrivere la tecnica per… lanciare in aria la palla e riprenderla! Un compito decisamente non impegnativo. Ma chi vuole imparare qualcosa di nuovo che richieda una certa abilità – ad esempio suonare uno strumento musicale – sperimenta ben presto l’effettiva necessità di “provare, provare, provare, provare…”, esercitandosi per ore e ore di fila. E, nonostante gli sforzi profusi, non sempre con risultati eccellenti. Tuttavia, in generale, l’esperienza comune conferma la validità del motto “la pratica rende perfetti”.

Ma l’apprendimento perfetto di nuove abilità passa davvero solo per la ripetizione ad oltranza di determinati gesti? In realtà, questo non sembra essere necessariamente il modo migliore per avere successo. In base a quanto scoperto da un gruppo di ricercatori dei National institutes of health (USA), pare che il vero processo di apprendimento nel cervello avvenga piuttosto quando ci prendiamo brevi pause nel mezzo dell’esercizio. Lo studio innovativo (pubblicato su “Cell Reports”), coordinato da Ethan R. Buch, mette infatti in evidenza come il cervello, durante le pause, replichi gli stessi profili di attività che si verificano durante l’esercizio, ma con una frequenza triplicata e con una velocità 20 volte superiore!

L’esperimento condotto è consistito nel far digitare ripetutamente a 30 soggetti la sequenza di numeri “4-1-3-2-4” sulla tastiera di un computer. Avendo a disposizione un totale di 36 sessioni di apprendimento (ciascuna della durata di 10 secondi), i partecipanti dovevano imparare a digitare la combinazione di tasti il più in fretta possibile. Ad ogni sessione di attività è seguita una pausa della stessa durata. Nel frattempo, i ricercatori hanno registrato l’attività elettrica del cervello dei soggetti usando la magnetoencefalografia.

Quali i risultati ottenuti? Entro le prime 11 sessioni, i soggetti hanno appreso rapidamente: mentre all’inizio impiegavano fino a due secondi per inserire correttamente una combinazione di tasti, dopo 11 sessioni di pratica la loro velocità era di fatto raddoppiata. Successivamente, invece, la velocità di esecuzione migliorava solo di poco, ma con un’evidenza aggiuntiva sorprendente: i volontari non miglioravano in velocità durante i periodi di esercizio, bensì nelle pause; nella sessione di pratica successiva a una pausa, infatti, riuscivano a digitare più velocemente che nella precedente. A conferma di tali evidenze, la “curva di apprendimento” così ottenuta, con i suoi picchi di rapidità nelle fasi iniziali, ha trovato piena corrispondenza nella registrazione dell’attività cerebrale dei partecipanti: dopo le prime 11 sessioni di pratica e di pausa, infatti, il numero di repliche dei profili di attività neuronale diminuiva in modo marcato.

La rete neuronale attivamente coinvolta in questo processo si estende in diverse aree del cervello (come l’ippocampo e la corteccia entorinale), che sono associate alla memoria e al richiamo dei ricordi. Per poter rilevare l’attività neuronale nel cervello, il gruppo di studiosi ha usato un programma di decodifica. In una prima fase, Buch e colleghi hanno addestrato il programma a distinguere quando veniva premuto un tasto, in base all’attività cerebrale, impiegando i dati ottenuti durante le sessioni di esercizio. In una fase successiva, invece, il “decoder” è stato impiegato per analizzare l’attività cerebrale dei soggetti durante le pause, in particolare ricercando nei dati rilevati il profilo di attività precedentemente appreso dal software. In questo modo si è potuto dimostrare che questo profilo effettivamente si ripete nel cervello durante ogni pausa, più spesso e più rapidamente.

Sulla base di questi risultati, i ricercatori sottolineano l’intenzione di verificare, in prossimi esperimenti, se esista una relazione causale tra la replica dell’attività neurale e il successo dell’apprendimento nelle prime fasi.

Dunque, per apprendere adeguatamente, il miglior metodo è provare, provare, provare, provare… ma senza dimenticare di frapporre durante il “training” piccole pause di riposo!

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Fonte: Sir