“Le verità negate”, un viaggio all’interno della cultura rom

Il nuovo libro di Santino Spinelli, artista rom e docente all'Università di Chieti, racconta il mondo romanì tra politica, società, economia, musica e gastronomia. “Nella storia esistono molte eccellenze rom, ma se ne parla poco, perché si tratta di persone che non danno fastidio e non creano dibattito”

“Le verità negate”, un viaggio all’interno della cultura rom

Un viaggio affascinante e doloroso, all’interno di una cultura di un popolo, quello rom, tra i più discriminati della storia. Si intitola “Le verità negate. Storia, cultura e tradizioni della popolazione romaní” ed è il nuovo libro di Santino Spinelli, artista rom italiano e docente di lingua e cultura romaní all'Università di Chieti. Una “summa”, come la chiama lui, che invita ad apprezzare l'enorme portato di positività, di arricchimento e di stimoli che il mondo romanó ha al suo interno, partendo dalla cultura alla strutta sociale, passando per l’economia e la politica, per arrivare anche agli aspetti musicali e gastronomici. Un saggio scientifico, dunque, ma scritto con un linguaggio accessibile e pensato come strumento per chi deve operare in questo settore: gli operatori, gli attivisti, ma anche gli amministratori.

È importante conoscere la vera identità romanì: finora chi ha scritto dei rom sono sempre stati non rom, i gagè – spiega Santino Spinelli –. Per questo ci si è occupati quasi sempre di quei rom emarginati, esclusi, discriminati. Attraverso questo libro, invece, scopriamo che ci sono molti rom che fin dal XV secolo sono stati perfettamente integrati: Lorenzo Perrone, ad esempio, cuoco molto apprezzato alla corte di Napoli di Ferdinando I d’Aragona, tanto che il sovrano gli regalò una dimora in centro. E poi Antonio Solario, pittore celeberrimo. Ogni epoca ha avuto le sue eccellenze rom. Ma se ne parla poco, perché si tratta di persone che non danno fastidio e non creano dibattito. È lo stesso che accade oggi nei telegiornali: perché dovremmo parlare di un rom fornaio? O di un rom ingegnere? Si è meno attratti dalla normalità. Allo stesso modo, c’è una verità storica negata: questo libro va a colmare quella parte del nostro passato di cui non si parla”.

Il lavoro di Spinelli arriva dopo anni di studi sul tema della cultura romanì e sulle discriminazioni che questo popolo ha subito nella storia. “Questo testo contiene l’esperienza di 37 anni di studi e di ricerche – continua l’autore –. È un ulteriore step di approfondimento: in quasi 700 pagine ho inserito aspetti del mondo rom sconosciuti e documenti inediti. Ad esempio, siamo in possesso dei documenti emanati sotto il fascismo per colpire i cosiddetti ‘zingari’. Quello che manca era capire in che modo quegli stessi documenti siano stati percepiti all’interno della comunità rom: come si sono difese le famiglie da quel provvedimento? Questo libro rende noi rom soggetti di confronto, anziché meri oggetti di analisi”.

Un focus particolare è dedicato alla musica, con tre capitoli che formano un piccolo un libro nel libro. Il primo si concentra sulle caratteristiche e i diversi stili e sonorità della musica rom, il secondo approfondisce le ascendenze rom nella musica colta occidentale, per raccontare in quali sezioni delle opere si trovano questi contributi, e infine il terzo illustra la musica dei rom e dei sinti italiani. Un capitolo, inoltre, è incentrato sulla cucina e la gastronomia, raccogliendo ricette tipicamente romanì.

E poi, naturalmente, c’è la politica. A partire dalla storia dell’associazionismo rom, Spinelli infatti analizza il rapporto delle comunità rom con le istituzioni, a livello italiano ma anche mondiale. Cos’ha fatto la classe dirigente per i rom nel corso del tempo? “Passo dopo passo, cercheremo di capire come si crea uno stereotipo, il capro espiatorio ideale – spiega –. Dove sono i punti di contatto e dove sono i punti di conflittualità tra la società gagè e il mondo rom? Molti associano l’identità rom agli effetti collaterali della discriminazione. Ad esempio, il nomadismo: in realtà, i rom non sono nomadi per natura. I campi rom in altri stati si chiamano segregazione razziale. C’è dietro una volontà politica ben precisa, che lascia le persone a vivere in condizioni disumane e mira a creare un circuito di assistenzialismo becero: in questa ottica, i rom devono rimanere dei soggetti disadattati e segregati, devono continuare a rappresentare un’alterità. I rom sono il pretesto dei finanziamenti, non l’obiettivo dei finanziamenti. Noi invece vogliamo un’inclusione reale, e per farlo bisogna cominciare valorizzando la cultura”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)