Lo sviluppo del linguaggio. Lo sviluppo della complessità del linguaggio nei primati fino all'essere umano

Le capacità cognitive elementari che hanno permesso lo sviluppo del linguaggio umano si sono evolute tra 30 e 40 milioni di anni fa.

Lo sviluppo del linguaggio. Lo sviluppo della complessità del linguaggio nei primati fino all'essere umano

Esprimersi attraverso il linguaggio, nella sua forma più complessa, è con tutta evidenza una delle capacità che caratterizzano gli esseri umani. Tuttavia, la maggior parte degli studiosi del settore sono persuasi del fatto che, alla base di questa abilità, vi sia un nucleo di facoltà più semplici e generali la cui origine è da collocare molto indietro nel tempo.
Come attesta una recente ricerca sperimentale (pubblicata su “Science Advances”), condotta da Simon Townsend dell’Università di Warwick (Uk) e alcuni suoi colleghi di una collaborazione internazionale, infatti, le capacità cognitive elementari che hanno permesso lo sviluppo del linguaggio umano si sono evolute tra 30 e 40 milioni di anni fa, nell’ultimo antenato comune agli esseri umani e agli altri primati.

Tra le facoltà semplici e basilari che, lungo i passaggi evolutivi, hanno dato origine al linguaggio umano con la sua spiccata complessità figura la capacità di comprendere le combinazioni di parole e le relazioni tra di esse, sia quando si trovano l’una accanto all’altra – in tal caso di parla di “dipendenza adiacente” -, sia quando si trovano distanti l’una dall’altra – la cosiddetta “dipendenza non adiacente”. Un esempio concreto: se udiamo la frase “il cane che ha morso il gatto è scappato”, siamo immediatamente in grado di comprendere che è il cane ad essere scappato, e non il gatto; ciò è possibile proprio grazie alla capacità di elaborare il rapporto sintattico tra il primo e l’ultimo elemento della frase (in questo caso, “dipendenza non adiacente”).

Finora, comunque, gli studiosi che indagano sull’origine evolutiva di questa particolare capacità, nelle loro ricerche, hanno dovuto fare i conti con una difficoltà pratica, vale a dire il dato evidente che la maggior parte degli animali non produce dipendenze non adiacenti nella propria forma di comunicazione.

Per tentare di superare quest’ostacolo, dunque, i ricercatori hanno pensato di approntare una serie di esperimenti utilizzando le cosiddette “grammatiche artificiali”, strumento in grado di verificare se i soggetti non umani siano in grado di riconoscere particolari correlazioni tra input sensoriali, organizzati in base a regole grammaticali. In questo esperimento specifico, Townsend e colleghi, dopo aver elaborato sequenze composte da toni acustici con “dipendenze adiacenti” e “non adiacenti”, le hanno fatte ascoltare ad alcuni esemplari di uistitì (scimmia che vive in Brasile), di scimpanzé e ad alcuni esseri umani. Ebbene, il risultato è stato sorprendente: tutte e tre le specie, pur se con notevoli differenze tra loro e anche tra i diversi individui, si sono mostrate facilmente in grado di elaborare le relazioni tra elementi sonori “adiacenti” e “non adiacenti”. Ciò, dunque, ha condotto gli studiosi alla conclusione che la capacità di elaborare cognitivamente la “dipendenza non adiacente” è comune nella grande famiglia dei primati. “Ciò indica – ha concluso Townsend – che questa caratteristica cruciale del linguaggio esisteva già nei nostri antichi antenati primati, precedendo l’evoluzione del linguaggio stesso di almeno 30-40 milioni di anni”.

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Fonte: Sir