Lockdown liberatorio per i giocatori d'azzardo patologico

Una ricerca condotta in quattro servizi per le dipendenze in Lombardia, Emilia Romagna e Liguria ha coinvolto 135 persone in cura. Hanno provato “sollievo per il fatto che non ci fosse la possibilità di andare in una sala da gioco”, afferma Daniela Capitanucci, psicoterapeuta e autrice “Perché il gioco d'azzardo rovina l'Italia” in libreria in questi giorni

Lockdown liberatorio per i giocatori d'azzardo patologico

“La chiusura delle sale da gioco durante il lockdown è stata una benedizione per chi è in cura per liberarsi dalla dipendenza”. Per Daniela Capitanucci, psicoterapeuta e tra i fondatori dell’Associazione AND-Azzardo e Nuove Dipendenze, sono stati mesi molto impegnativi, visto che ha lavorato ad una ricerca su come l'emergenza Covid-19 ha inciso e sta incidendo sulla vita dei giocatori d'azzardo patologici, insieme agli operatori dei Sert dell'Asst Milano Ovest, di Piacenza e di La Spezia. E ha scritto, insieme al giornalista Umberto Folena, “Perché il gioco d'azzardo rovina l'Italia”, edito da Terra Santa, in uscita nelle librerie in questi giorni. I risultati della ricerca sono ancora in fase di elaborazione, “ma è emerso che per molti che sono in cura è stato un sollievo il fatto che durante il lockdown non ci fosse la possibilità di andare in una sala da gioco o in un bar con le slot machine”.

Per la ricerca sono state coinvolte 135 persone intervistate dai loro stessi terapeuti. “Chi ha mantenuto lavoro e reddito - inoltre - ha visto con soddisfazione crescere i propri risparmi. Un fattore che li ha incoraggiati ancora di più a continuare il percorso di uscita dalla dipendenza. Un po' diversa la situazione per chi ha debiti e con la pandemia ha perso il lavoro: le finanziarie hanno continuato e stanno continuando a mandare i solleciti di pagamento”. Un altro aspetto importante, chi era abituato al gioco d'azzardo fisico non è passato, salvo eccezioni, a quello on line. Diverso, probabilmente, il discorso per quei giocatori patologici che non sono in cura: molti di loro avranno vissuto crisi di astinenza, senza poter contare sull'aiuto di qualcuno.

Con la fine del lockdown e la riapertura degli esercizi commerciali c'è stato, come era facile immaginare, un ritorno al gioco d'azzardo, anche da parte di chi ha problemi di dipendenza. “La mia opinione è che, vista la situazione sociale e sanitaria, il gioco d'azzardo doveva rimanere fermo -afferma Daniela Capitanucci-. Il lockdown ha dimostrato che si può vivere anche senza le slot machine. Che nella vita le cose importanti sono altre. Il Covid-19 ci sta insegnando che è centrale la salute pubblica. Si è persa dunque un'occasione per cambiare in meglio”.

E il libro ha proprio lo scopo “di parlare alla società civile, alle persone, perché si rendano conto del danno che il gioco d'azzardo sta producendo al nostro Paese”, incalza Daniela Capitanucci. “Un'inversione di tendenza ci sarà solo quando la politica vedrà che il sostegno al gioco d'azzardo fa perdere consensi. Tocca quindi ai cittadini prendere coscienza e chiedere questo cambiamento”.

Nella prefazione al volume, Maurizio Fiasco, esperto della Consulta nazionale antiusura e Ricercatore e docente su Sicurezza pubblica e Gioco d'azzardo ha scritto: “È il gioco d’azzardo, in Italia un’abitudine pesante per non meno di 5 milioni e 200 mila persone, delle quali oltre un milione e mezzo in stato di dipendenza patologica. Sono uomini, donne, ragazzi della porta accanto, colleghi di lavoro, pensionati, colf...”. Dietro i dati, tante storie drammatiche, personali e familiari, che parlano di rovina, criminalità, vergogna, ma anche della progressiva quanto subdola instillazione della “cultura del gioco d’azzardo” in atto da decenni nel nostro Paese. Conclude Fiasco: “Che fare, dunque? La risposta è semplice a formularsi: diffondere quanto più possibile la conoscenza documentata del tema, porre in grado sempre più cittadini, famiglie, professionisti e operatori onesti di padroneggiare la critica e il discernimento. Insomma, la via maestra si presenta come caratterizzata da trasparenza, da responsabilità nel rendere il conto, da chiarezza di metodi e da completezza di esposizione”.

Dario Paladini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)