Milano, senza lavoro e reddito per il covid: la fase 3 mai iniziata

Oltre 5mila persone hanno bisogno ancora del pacco alimentare e alcuni, per resistere, hanno adottato soluzioni estreme e abitano in cantina. “Come in Afghanistan, vivono alla giornata e non si aspettano nulla di buono dal futuro”. Il progetto di Emergency “Nessuno escluso” per chi non ha nessun aiuto

Milano, senza lavoro e reddito per il covid: la fase 3 mai iniziata

Badanti, camerieri, lavapiatti, addetti alle pulizie, muratori, manovalanza impiegata nei grandi eventi: è un popolo molto eterogeneo quello che sta vivendo la fase 3 della pandemia nel segno della fame. Sia italiani che stranieri. “Sono persone che per varie ragioni non ricevono aiuti dalle istituzioni o dagli storici enti della solidarietà milanese”, spiega Marco Latrecchina, coordinatore del progetto “Nessuno escluso” di Emergency. Obiettivo del progetto: continuare a fornire aiuti alimentari a chi ne ha bisogno e non sa a che santo votarsi per mettere insieme tre pasti al giorno. Solo a Milano Emergency segue attualmente 1.350 famiglie, circa 5.400 persone. “Purtroppo non sono riusciti a riprendere un'attività lavorativa oppure sono famiglie di tre o quattro persone in cui ora ne lavora solo una”.

Il Covid-19 ha messo in luce la condizione precaria in cui vivevano queste persone. Quasi alla giornata con lavori in nero e malpagati. Abitano in appartamenti in condivisione, magari occupati abusivamente. “Situazioni che la rete dell'assistenza sociale prima del covid-19 non intercettava -aggiunge Marco Latrecchina-. Con la pandemia e il lockdown si sono ritrovati senza alcun reddito. Alcuni per resistere hanno anche adottato soluzioni estreme: abbiamo trovato due famiglie, in totale 9 persone, che si sono ridotti a vivere in una cantina”. Per la loro condizioni precaria spesso non possono accedere alle misure varate in questi mesi, come la cassa integrazione (ne può beneficiare chi ha un lavoro in regola), oppure il sostegno all'affitto o i buoni spesa (nel caso di Milano, bisogna essere residenti e con contratti d'affitto o mutui). “Ragioniamo per sottrazione rispetto agli aiuti già esistenti e ci occupiamo di quello che gli altri enti non fanno -sottolinea Latrecchina-. Tanto che alcune situazioni che di solito costituiscono un punto a sfavore, come per esempio quello di essere morosi in una casa popolare, noi lo consideriamo 'un punto a favore', perché indice di un probabile condizione di grave sofferenza”.

Al progetto “Nessuno escluso” collaborano anche le Brigate Volontarie della solidarietà, nate per iniziativa dei centri sociali. “Sono volontari ben radicati nei loro quartieri e grazie alla loro capacità di essere informali riescono ad arrivare a persone che altrimenti nessuno intercetterebbe -racconta Latrecchina-. Grazie a loro è possibile anche fare una verifica sull'effettivo bisogno di chi chiede aiuto”. Ogni famiglia riceve un pacco alimentare settimanalmente commisurato al numero dei suoi componenti e magari a particolari esigenze. I volontari (su Milano 460) consegnano anche kit di igiene (saponi, dentifrici, prodotti per la casa ecc). “Il progetto durerà fino a dicembre e lo abbiamo esteso anche sulle città di Rom e Piacenza. Si sostiene grazie ai nostri donatori e alle derrate che ci arrivano dal Banco Alimentare”.

“Siamo abituati a lavorare in situazioni estreme come in Afghanistan, con persone vivono alla giornata e non si aspettano nulla di buono dal futuro. Ora però questo sentimento lo vedo anche nelle persone che incontriamo a Milano. E da milanese sono molto preoccupato per la mia città”. (dp)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)