Minori e fase 2, un flash mob per "autodenunciare" la presenza dei bambini

Parte da Bologna la proposta di Cinnica per “rendere visibili gli invisibili, completamente dimenticati in questa emergenza sanitaria: i bambini”. Tra le richieste, programmazione concreta e risorse adeguate. Appeso al portone un cartello con l’hashtag #quivivonodeibambini, le foto in Facebook

Minori e fase 2, un flash mob per "autodenunciare" la presenza dei bambini

Un cartello appeso fuori dalla porta per ‘autodenunciare’ la presenza in casa di bambini. “Un flash mob per rendere visibili gli invisibili, ovvero i bambini, completamente dimenticati e ignorati in questa emergenza sanitaria”: a parlare sono i membri di Cinnica – Libera consulta per una città amica dell’infanzia, nata a Bologna lo scorso dicembre per sostenere il coinvolgimento dei bambini nella progettazione della loro città. Il modo per partecipare al flash mob è semplice: basta preparare un cartello con l’hashtag #quivivonodeibambini e appenderlo sul portone giovedì 30 aprile alle 18. Considerata l’impossibilità di assembramento, i partecipanti potranno ritrovarsi sulla pagina Facebook di Cinnica, caricando la foto dei genitori con il cartello in mano e il relativo hashtag. È anche possibile aggiungere il motivo alla propria immagine del profilo. Si legge nel manifesto di lancio dell’iniziativa: “Questa settimana sarà l’ultima di quarantena stretta e vogliamo chiuderla promuovendo l’ultimo flashmob di questo periodo. Questa volta però non applaudiremo o canteremo alle finestre: l’urgenza di trovare delle parole che segnino un percorso sostenibile e percorribile per noi famiglie con bambini è troppo forte. Questa volta non ci saranno né disegni, né arcobaleni né messaggi di speranza. Questa volta ci saremo solo noi genitori”.

“Da quando è iniziata questa crisi abbiamo constatato l’assenza di qualsiasi preoccupazione per i bisogni dei bambini, mai nemmeno nominati. Non c’è nessuna consapevolezza a riguardo: davvero c’è qualcuno che pensa che i voucher babysitter e il congedo parentale straordinario possano essere la soluzione? Non è ammissibile che, ancora una volta, tutto il peso di questa emergenza sia lasciato sulle spalle delle famiglie, delle donne soprattutto”. Agathe Gillet è mamma di due bambini di 11 e 7 anni. Lavora a chiamata, fa l’interprete, “ma è tutto fermo, così in queste settimane ho fatto la casalinga, tornando indietro agli anni Cinquanta – sorride amara –. Tra lezioni, amici, il nostro giardino mai sfruttato così tanto ci siamo barcamenati, ma so che la mia è una condizione di privilegio”.

Con l’inizio dell’emergenza abbiamo subito tolto i bambini dalle strade – denuncia –. I genitori sono stati bravi, li hanno tenuti chiusi in casa senza sgarrare, usando solo i cortili, e a volte nemmeno quelli. Di fatto li abbiamo resi invisibili: i bambini non ci sono più e le istituzioni possono evitare di occuparsene. Tutto questo è drammaticamente sbagliato: non stiamo chiedendo di tornare alla normalità, ma vogliamo un piano elaborato non da economisti, ma da persone competenti che possano proporre soluzioni concrete per andare avanti. Questa situazione è destinata a durare: come ci organizzeremo questa estate? Moltissimi genitori hanno già consumato tutte le ferie per l’emergenza, di certo ad agosto non potranno andare al mare. Non tutti possono contare sui nonni, peraltro categoria a rischio, ci dice il governo. E quindi? Nominiamo i bambini, smettiamo di calpestare i loro diritti. I piccoli della fascia 0-6 sono quelli che hanno sofferto di più: non possono capire bene la situazione, ma hanno enorme bisogno di stare in contatto con la natura”.

“La mia impressione è che si sia tentato di creare in maniera artificiosa delle contrapposizioni tra fasce di cittadini, per metterci gli uni contro gli altri ed evitare di affrontare i problemi reali. Prima il problema erano i cani, poi i runner, adesso i bambini, sempre presentati come ‘untori’. C’è qualcosa che non va: si guarda al dito ma non alla luna”.
Anche Simone Pierini, membro di Cinnica, ha due bambini, uno quasi di 12 anni e uno quasi di 8: “Non abbiamo il giardino e la nostra vicina è un po’ ‘aggressiva’, così non possiamo utilizzare nemmeno l’androne. Uno dei mie figli è tendente all’iperattività, la costrizione per lui è una grossa difficoltà”. Simone racconta di una quarantena non facile: “A un certo punto non volevano più uscire, poi li abbiamo costretti a piccole passeggiate. Uno non voleva più fare i compiti, poi l’abbiamo fatto parlare con un maestro e le cose sono andate meglio. Gli effetti dell’isolamento sono e saranno drammatici”. La mamma è docente universitaria, e una stanza della casa diventa la sua aula: negli altri spazi della casa si accavallano le lezioni, non c’è disponibilità di mezzi, quando ci sono troppi collegamenti attivi la linea dà grossi problemi: “Per le lezioni di uno dei nostri figli ci hanno chiesto di rimanergli vicino per evitare che chiacchieri e scriva in chat. Io sono un direttore della fotografia, in questo periodo mi sto dedicando ai progetti, ma mi trovo costretto a farlo nei ritagli di tempo. Poter lavorare due ore filate è un evento più unico che raro. I bambini sono complessi, nervosi, vanno ascoltati”.

Il fatto che i bambini – il nostro futuro – non siano stati considerati è offensivo, triste e miope. L’ultima conferenza stampa del premier è una ferita profonda in una grandissima fetta della popolazione: non ha avuto nemmeno l’umiltà di dire ‘ci stiamo lavorano’, o di ammettere l’incapacità a occuparsene”. Secondo Pierini per la paura tante persone hanno quasi rifiutato di tenere uno spazio aperto per la riflessione, “come se le evidenze medico-scientifiche fossero scelte politiche, ma non è così. Le istituzioni servono proprio per operare questo passaggio. 
Sin dall’inizio ci hanno detto che il diritto alla salute era predominante, ora forse andrebbe rivista la gerarchia e ribilanciata, magari a favore del diritto all’istruzione. Sin dall’inizio il diritto alla salute ha significato solo contenere i contagi, ma adesso va ricordato che la salute psicofisica di adulti e bambini è altrettanto importante. Parlando con genitori, mi hanno parlato di enormi difficoltà e problematiche: sono nate ludopatie, ci sono ragazzi che hanno manifestato propositi suicidi, altri che non vogliono più uscire. I contagi non possono far dimenticare tutto il resto”.

Diritto allo studio, al gioco, all’aria aperta: sono questi i tasti su cui Cinnica fa leva. La consulta, nell’appello per il flashmob, chiede alle istituzioni di riconoscere l’esistenza dei bambini; risposte in tempi brevi e soluzioni concrete per permettere ai bambini di riaffacciarsi al mondo esterno. E poi risorse per sostenere i passi necessari che andranno fatti; strategie efficaci per fronteggiare le povertà educative; azioni per venire incontro alle esigenze non più procrastinabili dei bambini con disabilità. “Vogliamo che tutte le azioni che verranno intraprese pongano al centro i diritti di tutti coloro che lavorano con i bambini (educatori, insegnanti, professionisti socio-sanitari) riconoscendo e valorizzando, non solo a parole, l’importanza strategica del loro lavoro. Vogliamo che lo sforzo immane fatto dalle famiglie, dai padri ma soprattutto dalle madri, in questo periodo dia la misura dello sforzo che ci attendiamo che le istituzioni sostengano per permettere ai nostri figli di guardarsi indietro tra 10 anni e dire che alla fine è davvero andato tutto bene, anzi, è andato tutto meglio”.

Lunedì 4 maggio riapriranno, in condizioni di sicurezza, i parchi. È un passo avanti? “Ci sono paesi che non li hanno mai chiusi e hanno un indice di letalità molto più basso del nostro – sottolinea Pierini –. Il nuovo dpcm, poi, stabilisce anche ‘non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all'aperto’, ma solo motoria. Quindi un bambino non può fermarsi a giocare con una margherita o un sassolino. Affermazioni di questo tipo denotano totale scollamento con la realtà, con il mondo dei bambini e con il funzionamento del loro cervello”. L’implementazione della didattica a distanza? “Non scherziamo: la dad non può nemmeno lontanamente sostituire l’insegnamento in presenza. Può rimanere, ma come esperienza marginale: non è adatta a molti ragazzini, crolla di fronte a un calo d’attenzione che porta uno studente lontano dalla lezione, mentre in classe basterebbe un cenno d’intesa con il docente per recuperare. Per non parlare dei problemi di linea e della carenza di strumenti, o della sua inadeguatezza nei confronti dei bambini con disabilità”.

A metà aprile Cinnica scrisse alle istituzioni – in primis al sindaco di Bologna e al presidente Bonaccini – una lettera di denuncia sulla situazione dei minori, ancora senza risposta. “Anche a livello locale non vediamo nulla di concreto – spiegano Pierini e Gillet –. Sì, riaprono i parchi, ma sulle scuole non si sa nulla. A livello regionale vorremmo qualcosa di più concreto della preoccupazione espressa e della pressione sul governo. Muoviamoci, facciamo qualcosa: corriamo il rischio di essere all’avanguardia”.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)