Muse senza tempo. La scomparsa di Juliette Gréco ci fa riflettere sull’importanza delle donne nella cultura non solo contemporanea

C'è un rapporto, strettissimo, tra letteratura e canzone, da una parte, e tra queste e il mondo femminile.

Muse senza tempo. La scomparsa di Juliette Gréco ci fa riflettere sull’importanza delle donne nella cultura non solo contemporanea

La scomparsa della musa dell’esistenzialismo, Juliette Gréco (era nata nel 1927 a Montpellier), ha riportato l’attenzione su un pianeta non molto conosciuto, neanche agli addetti ai lavori: quello del rapporto, strettissimo, tra letteratura e canzone, da una parte, e tra queste e il mondo femminile. Il legame canto-poesia viene da molto lontano, dalla fusione tra parole e musica dalla Grecia e da Roma, fino ai trovatori provenzali e a Dante. Poi, con l’avvento della rima, che conferiva una maggiore musicalità al ritmo sillabico, le due dimensioni si sono pian piano separate, ma non del tutto. Juliette ne era la prova vivente: riuscì a cantare non solo quelli che i rapporti con la musica li avevano intessuti, anche professionalmente, come Prévert, di cui interpretò l’ormai mitica “Les feuilles mortes”, ma anche Queneau, Boris Vian, perfino l’arcigno Jean-Paul Sartre, il che vuol dire che niente e nessuno poteva resistere al suo fascino di musa: neanche Miles Davis.

Ma non era l’unica: ad esempio Monique Serf, in arte Barbara, che come la Gréco ha rischiato di essere deportata, lei in quanto ebrea, Juliette perché, a sedici anni, faceva la staffetta per la resistenza. Anche lei è stata un’icona per la canzone francese, esattamente come Edith Piaf, che ha affascinato intere generazioni non solo per la sua voce inconfondibile, ma per la sua storia, figlia di artisti di strada, e sulla strada partorita secondo la leggenda metropolitana, divenuta un mito della canzone dagli anni Trenta in poi, tanto da ispirare diversi scrittori, tra cui Jean Cocteau.

Proprio Cocteau rappresenta una delle tappe fondamentali per il nostro discorso sui rapporti tra il mondo del cinema, della musica e la letteratura: uno degli esempi più autorevoli, non solo in Italia, di questo incontro è Elsa Morante: non solo il suo “Menzogna e sortilegio” (1948) è in grado di stare assieme ai racconti di Faulkner, Pirandello e Lowry, per la sua capacità dolente di sondare gli abissi dell’animo umano, fino alle porte della follia, ma anche perché le parole di uno dei celebri motivi di Giulietta e Romeo di Zeffirelli, “Ai giochi addio” sono sue. Se vogliamo andare all’inizio del tempo in cui musica e poesia non erano ancora separati, dovremmo parlare per forza di Saffo, uno dei più grandi nomi della poesia di tutti i tempi, per la sua capacità di cantare la vita e la morte nella guerra dei sentimenti nell’animo umano. E dovremmo anche ricordare che l’iniziatrice del romanticismo “ufficiale” fu un’altra donna, Anne-Louise-Germaine Necker, meglio conosciuta come Madame de Staël, le cui riflessioni sull’utilità delle traduzioni (nel 1816 avevano come destinatari soprattutto quegli italiani che sdegnavano la letteratura straniera) sono una delle basi della nuova corrente che privilegiava l’impeto del sentimento di contro all’imperturbabilità dell’imitazione dei classici.

Donne al vertice della letteratura, non solo quella moderna. Perché nel nucleo fondente che richiama passato, presente e futuro nella scrittura ci sono sempre loro: e anche perché uno di questi incontri narra la figura affascinante di un imperatore romano che viene rivissuta con gli occhi -e il cuore- del Novecento: le “Memorie di Adriano” (1951) di Marguerite Yourcenar. E oggi la capacità di sondare gli abissi umani, con la loro connaturata e ancestrale religiosità ma anche con tutte le loro contraddizioni è ancora una volta al femminile: leggere “Le cure domestiche” (1980) di Marilynne Robinson significa penetrare in quelle latitudini interiori che credevamo refrattarie a qualsiasi tentativo. Per tacer di tutte le grandi del pianeta che hanno marchiato con il fuoco della sofferenza e della speranza il cammino della letteratura, quella che viene dal contatto rovente con la vita.

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Fonte: Sir