Non chiamatela droga leggera. Uno studio mette in correlazione l'uso massiccio di cannabis e l'insorgenza della schizofrenia

Lo studio ha anche implicazioni per le strategie pubbliche di prevenzione e trattamento.

Non chiamatela droga leggera. Uno studio mette in correlazione l'uso massiccio di cannabis e l'insorgenza della schizofrenia

Nel 1845, un libro pubblicato dallo psichiatra francese Jacques-Joseph Moreau, abituale consumatore di cannabis, metteva in guardia il lettore circa il consumo di dosi elevate di tale sostanza, i cui effetti clinici venivano sostanzialmente equiparati a quelli della psicosi.
Oggi, a distanza di quasi due secoli, il possibile legame tra l’uso di cannabis e la schizofrenia continua a essere oggetto di intense ricerche, spesso accompagnate da accesi dibattiti. Tuttavia, opinioni differenti – pur rispettabili in se stesse – rischiano di infrangersi sulla “dura roccia” dei dati scientifici più aggiornati. Come, ad esempio, quelli emergenti da un recente studio (pubblicato su “Psychological Medicine”), che forniscono nuove prove sul legame tra consumo significativo di cannabis e insorgenza della schizofrenia, in particolare tra soggetti maschi e giovani.
Questa ricerca, probabilmente, rappresenta la più grande indagine epidemiologica finora condotta direttamente concentrata sulla questione cannabis-psicosi. In essa, gli studiosi hanno focalizzato l’attenzione sulle casistiche sanitarie danesi dal 1972 al 2021, esaminando le cartelle cliniche di ben 6,9 milioni di persone. Ne è emerso che fino al 30% delle diagnosi di schizofrenia (circa 3000 in totale) avrebbero potuto essere evitate se gli uomini di età compresa tra i 21 e i 30 anni non avessero sviluppato un disturbo da uso di cannabis. Ampliando la fascia di età (tra i 16 e i 49 anni), le percentuali di prevenzione si attestavano sul 15% per gli uomini e sul 4% per le donne.
Certamente, lo studio epidemiologico danese non costituisce una prova certa della connessione tra cannabis e schizofrenia (sarebbero necessari studi randomizzati e controllati). Tuttavia, a supportare tale connessione permane il fatto che l’uso e la potenza della marijuana sono aumentati notevolmente (in Danimarca il contenuto di THC è passato dal 13% nel 2006 al 30% nel 2016) in parallelo all’aumento delle diagnosi di schizofrenia. “Sebbene questo non implichi una causalità, – spiega Carsten Hjorthøj, autore principale dello studio e professore associato presso i Servizi di salute mentale della Regione capitale della Danimarca e l’Università di Copenaghen – mostra che i numeri si comportano esattamente come è atteso nell’ipotesi che esista un rapporto di causalità. Abbiamo scoperto che la percentuale di casi di schizofrenia attribuibili al disturbo da uso di cannabis, e quella di casi che avrebbero potuto essere evitati, erano molto più alte nei maschi che nelle femmine e, in particolare, nei maschi più giovani in cui il cervello sta ancora maturando. E abbiamo visto che questo aumento è avvenuto nel tempo, strettamente in parallelo con l’aumento della potenza della cannabis”.
Di sicuro, le vaste dimensioni di questo studio lo rendono particolarmente significativo. “È la prima volta – commenta Wilson M. Compton, vicedirettore del National Institute on Drug Abuse statunitense – che vediamo uno studio su larga scala su un’intera popolazione che affronta la relazione tra cannabis e schizofrenia in diversi gruppi di età e sesso”.
La ricerca di Hjorthøj e colleghi, inoltre, solleva una serie di quesiti per i futuri studi, per chiarire se i cervelli maschili adolescenti siano più a rischio di quelli femminili di sviluppare psicosi da marijuana o se i livelli di esposizione alla cannabis degli uomini possano spiegare la differenza. Ovviamente, lo studio ha anche implicazioni per le strategie pubbliche di prevenzione e trattamento. “Le persone sono responsabili della propria vita – commenta Hjorthøj -. Possono decidere da sole. Ma, se fanno uso di cannabis, dovrebbero decidere sulla base di dati corretti e non di una narrazione secondo la quale la cannabis è del tutto innocua e forse persino qualcosa che tutti dovrebbero usare, che ritengo sia il modo in cui si sta muovendo il dibattito pubblico”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir