Oltre il Sacro Gra. Le nuove povertà effetto del Covid, e forse non solo

Siamo alla estrema periferia nord di Roma, oltre il Sacro Gra, il cerchio d'asfalto che non riesce a racchiudere tutta la città. Davanti all'Eurospin raccogliamo generi alimentari per le famiglie più bisognose aiutate dalla parrocchia dei santi Elisabetta e Zaccaria, i genitori di Giovanni il Battista, a Valle Muricana. E a donare sono in tanti, soprattutto chi meno ti aspetti. A fine giornata riportiamo nei locali della chiesa decine di scatoloni gonfi di prodotti alimentari. Serviranno tutti alla prossima distribuzione e presto bisognerà fare nuove scorte. Il numero delle famiglie assistite dalla Caritas parrocchiale si è triplicato dallo scorso anno: erano una cinquantina ed ora sono centocinquanta, in totale tra le quattrocento e le cinquecento persone. Effetto del Covid e forse non solo del Covid

Oltre il Sacro Gra. Le nuove povertà effetto del Covid, e forse non solo

“Sono in cassa integrazione ma damme ‘na busta, qualcosa te ce metto”. E infatti quando esce dal supermercato spingendo il suo carrello il signor Mario consegna la busta verde della Caritas, ci ha messo dentro una confezione di pasta, una scatola di pelati, un pacco di zucchero. E’ sbagliato idealizzare i poveri, come è sbagliato idealizzare ogni individuo. Siamo tutti dei chiaroscuri.

Ma qualche volta succede che siano le persone più nel bisogno a insegnarti qualcosa.

“Scusate se è poco, ma i soldi non ci sono” dice un’altra signora mentre tira fuori dal carrello la busta riempita per noi con latte a lunga conservazione, spaghetti e scatolette di tonno. Alza gli occhi al cielo, è dispiaciuta, davvero, sente di doversi scusare. La vorrei abbracciare.

Siamo alla estrema periferia nord di Roma, oltre il Sacro Gra, il cerchio d’asfalto che non riesce a racchiudere tutta la città. Davanti all’Eurospin raccogliamo generi alimentari per le famiglie più bisognose aiutate dalla parrocchia dei santi Elisabetta e Zaccaria, i genitori di Giovanni il Battista, a Valle Muricana. E a donare sono in tanti, soprattutto chi meno ti aspetti. A fine giornata riportiamo nei locali della chiesa decine di scatoloni gonfi di prodotti alimentari. Serviranno tutti alla prossima distribuzione e presto bisognerà fare nuove scorte.

Il numero delle famiglie assistite dalla Caritas parrocchiale si è triplicato dallo scorso anno: erano una cinquantina ed ora sono centocinquanta, in totale tra le quattrocento e le cinquecento persone.

Effetto del Covid e forse non solo del Covid. Tanti lavoretti in nero persi, soprattutto le donne che andavano a servizio e non sono state più chiamate, ma anche imbianchini, camerieri, piccoli artigiani che lavoravano senza contratto… I più fortunati, si fa per dire, hanno la cassa integrazione ma a molti non è ancora arrivata e comunque temono che in autunno, quando finirà il blocco dei licenziamenti, il lavoro lo perderanno definitivamente.

Sono famiglie italiane, al 90 per cento.

Una piccola percentuale gli stranieri, filippini, peruviani, rumeni. I volontari della comunità parrocchiale si danno da fare, non è gente che navighi nell’oro, ma donano un po’ del loro tempo. Da quando sono in pensione ho cominciato a dare una mano anche io.

Ogni due settimane c’è una distribuzione di pacchi-viveri, che prima però vanno preparati e suddivisi a seconda della composizione dei nuclei familiari (pacchi da uno, da due, da tre, da quattro…) e questo pure richiede tempo e cura. All’approvvigionamento si provvede con qualche piccola donazione, con il Banco alimentare e quando serve con nuove raccolte davanti ai supermercati della zona.

Ogni due giovedì è attivo un centro d’ascolto dove si approfondisce la conoscenza delle persone, si parla con loro e si vede con più calma come aiutarle;

innanzitutto verificando quali sussidi potrebbero spettare loro per legge da governo, regione o comune; poi accompagnandole nella ricerca di un percorso di formazione per trovare un lavoro dignitoso, un percorso che magari può essere sostenuto dal nuovo Fondo Gesù Divin Lavoratore istituito dal Papa tramite la Caritas diocesana, per le persone che hanno perso il lavoro durante la pandemia.

La distribuzione dei viveri e il centro d’ascolto sono un’esperienza che ti morde dentro. Senti tante storie dure, vedi come è facile in questo tempo scivolare nella povertà, quella vera, non avere i soldi a sufficienza per fare la spesa.Una signora che non s’era mai vista prima, nel momento di ricevere il pacco, all’ultima distribuzione, aveva il volto rigato di lacrime; cosa succede, signora, le chiediamo… “non mi era mai capitato di trovarmi in questa situazione”, sussurra. C’è la vergogna, anche, che pesa. Come se fosse una colpa propria, la povertà. Il vice parroco, un sacerdote bravo, romano di Cinecittà, ha organizzato una consegna a domicilio per le famiglie che si vergognano a venire in chiesa:

“La discrezione è una prima forma di carità”.

Non c’è spazio per un proprio compiacimento, per sentirsi più buoni o migliori di altri, quando ti trovi davanti a certe situazioni e a certe persone. Nei momenti di maggiore coscienza (che sono rari) ti viene solo da pregare, per loro e per te. Tutti, in modi diversi, ci sentiamo bisognosi. Capiamo di non farcela, solo con la nostra volontà, dopo aver dato fondo a tutta la nostra buona volontà.Ed è quando ti senti così, incompleto, che più ti sorprende l’umanità delle persone.

Come quella donna che viene a prendere il pacco per l’ex marito, il quale l’ha lasciata per un’altra donna dopo trent’anni di convivenza ed ora lui è gravemente malato, non può lavorare, ha perso pure la casa. “L’abbiamo ospitato a casa di mia figlia, con la sua nuova compagna”, confida la donna, mentre sistema il pacco nel portabagagli della macchina.. Mi esce qualche parola, impacciata. “Dici che ho fatto un bel gesto? Che dovevamo fare, non aveva nessuno che lo aiutasse”. L’ho guardata, annuendo senza parole, in quel momento ho pensato che Dio esiste se fa spuntare sentimenti così in persone che avrebbero diritto al risentimento.

Lucio Brunelli

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Fonte: Sir