Oltre la politica e le umane certezze. "La giornata di uno scrutatore" di Calvino è in grado, ancora oggi, di dirci molto sulla storia

Una parabola sull'illuminismo, la ragione e la forza dell'amore.

Oltre la politica e le umane certezze. "La giornata di uno scrutatore" di Calvino è in grado, ancora oggi, di dirci molto sulla storia

La giornata di uno scrutatore non è solo un racconto, ma una sorta di manifesto autentico, perché in parte autobiografico, della storia e del pensiero di Italo Calvino. Uscito nel 1963, ma in realtà iniziato a scrivere dieci anni prima, dopo l’esperienza delle elezioni del 7 giugno in cui ad un partito comunista a trazione sovietica si opponeva soprattutto la Democrazia Cristiana, come in tutte le storie di Calvino questo racconto lungo nasconde una serie di significati incastrati uno dentro l’altro, in un sistema assai simile a quello delle scatole cinesi.

Quale di questi significati è ancora vivo oggi, in tempi in cui pandemie – non c’è stata solo quella del Coronavirus – e conflitti hanno segnato l’apparente ritorno ad un passato remoto (l’uomo in balìa delle ricorrenti epidemie) e recente (le dittature e le guerre totali)?

Intanto quello della autenticità. Calvino aveva aderito al progetto complessivo di un partito comunista che tentava una lenta marcia verso l’occidente, attraverso un collegamento con gli umanesimi laici e debitori di Hegel (la storia vera divinità “interna” e non trascendente): insomma verso il pensiero non marxista ma in ogni caso illuminista e soprattutto erede dell’Umanesimo laico e del 1789.

L’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe sovietiche nel 1956 interruppe questo tentativo di incontro: molti intellettuali “illuministi” si resero conto che la madre di tutte le rivoluzioni era diventata la strega cattiva che mangiava i propri figli. Calvino scrive una lettera al Pci, pubblicata a pagina 7  – anche se con una forte critica (il Pci è l’unico vero padre, chi se ne va tradisce, amen) – sull’Unità e se ne va. Ma resta un uomo che crede al progresso, alla ragione, alla laicità dello sguardo, anche se, e questa è davvero una prova di onestà intellettuale, in alcune sue opere esprime dubbi sulla capacità della ragione di spiegare tutto.

La giornata di uno scrutatore è una di queste opere: racconta l’esperienza di Amerigo, giovane comunista convinto, almeno in apparenza, illuminista, raziocinante che però deve fare lo scrutatore, in conto Pci, al Cottolengo di Milano. Città nella città, luogo di cura per esseri umani affetti da varie patologie, comprese deformità tali da far pensare al protagonista se vale la pena vivere in quelle condizioni.

E poi l’urto, e non è un modo di dire, con la cura più profonda, quella dell’amore. Quella di un padre contadino che imbocca il figlio, gigante senza memoria e coscienza apparente, guardandolo fissamente, come se volesse trasmettergli e capire qualcosa di indicibile, quella di una suora che accudisce i pazienti che non è possibile neanche guardare, il sottosuolo, direbbe Dostoevskij, “giù fino alle creature nascoste che non si permette a nessuno di vedere”, e che lo stesso autore fa fatica a narrare: ed è la cura di un sorriso e di un’attenzione che mettono in crisi le ideologie preconfezionate.

E non è un fatto di parole. Calvino lì c’era stato realmente, due volte, sempre per questioni elettorali: una come candidato e un’altra proprio nelle vesti di scrutatore. E quella esperienza diventa il chiodo del dolore, ma anche della partecipazione e del dubbio. Che non tutto sia ragione e calcolo. Improvvisamente ecco la laica epifania, nel senso letterale di rivelazione, che ci sia un nuovo modo d’essere umano, non più solo quello dell’ubbidienza cieca a dogmi astratti: “E pensò: ecco, questo modo d’essere è l’amore”.

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Fonte: Sir