Pausa caffè, ma con gusto: l’impresa di "Chicco Cotto"

Partiti con zero budget e nessun investitore, i distributori automatici dell’impresa torinese fondata dal sacerdote Andrea Bonsignori decollano in uffici e ospedali. Con un rilancio nel periodo della pandemia 

Pausa caffè, ma con gusto: l’impresa di "Chicco Cotto"

Lo ripete come un mantra e con un pizzico di orgoglio: "Siamo un’azienda come tutte le altre. E vinciamo gli appalti perché i nostri dipendenti sono bravi, non perché hanno una disabilità. Non siamo noi a scegliere un’attività per i ragazzi, ma guardiamo quali sono le loro capacità e poi le sviluppiamo. Quando abbiamo detto che avremmo messo in piedi una ditta di vending con il 90% di 'handicappati', il commento più affettuoso fu: 'Fallirete in men che non si dica'. A dirlo era un concorrente, a cui, anni dopo, avremmo comprato le macchine alla sua asta fallimentare". Sacerdote, dal 2006 direttore della Scuola Cottolengo di Torino e da settembre 2019 direttore generale delle dodici Scuole Cottolengo sparse per l’Italia, don Andrea Bonsignori non ha peli sulla lingua nel raccontare le vicende di Chicco Cotto, cooperativa sociale da lui fondata che ha mosso i primi passi nel 2010 all’Istituto Cottolengo del capoluogo piemontese e oggi gestisce un’ampia rete di distributori automatici di caffè, snack, panini e bevande. Su questa esperienza il sacerdote, insieme al giornalista Marco Ferrando, ha scritto il libro “Il coraggio di essere uguali. L’impresa diversamente automatica di Chicco Cotto” (Edizioni Terra Santa).

"L’idea mi è venuta guardando, in una struttura di riabilitazione, alcuni ragazzi con autismo che raccoglievano cartacce nei cestini e le ripiegavano con cura, in ordine perfetto. Ho pensato che potevano farlo anche mettendo in fila pacchetti di biscotti e patatine". Così il vulcanico don Andrea, classe 1974, laureato in Pedagogia, decide di comprare due macchinette per la sala relax della scuola paritaria, una di bevande calde, l’altra di merendine e panini. Giuseppe è il primo ragazzo con autismo coinvolto nel progetto scuola-lavoro, impegnato nelle ricariche: "Quando ha compiuto 18 anni, ha voluto il logo della cooperativa sulla torta di compleanno", racconta Bonsignori.

Partito con "zero budget e nessun investitore", il progetto dei minibar h24 decolla in ospedali e uffici, impiegando anche persone normodotate. Così nel 2015 viene assunto Gennaro, 55enne esodato, operaio specializzato alla guida del furgone e tecnico capace di risolvere qualunque tipo di problema. Lui, e altri dopo di lui, affiancheranno i ragazzi nel lavoro: approvvigionamento, rifornimento, manutenzione e rendiconto. Andando oltre l’etichetta di impresa sociale: piuttosto, una società che sta sul mercato come le altre e si afferma per l’estetica accattivante delle macchine, la qualità dei prodotti, l’affidabilità degli addetti. "Assumo i migliori caricatori sul mercato per competenze e meticolosità", assicura il sacerdote.

"L’obiettivo è fare una cosa bella, che si sostiene da sola e che può esaltare la professionalità dei ragazzi. Che hanno diritti e doveri come tutti gli altri e non meritano favori. Basta con la solita cultura in cui il sociale è il mondo di chi fa le cose chiudendo un occhio e con la benevolenza di chi gli sta intorno, il mondo in cui non ci sono diritti e non ci sono favori. Qui non si fanno le cose perché si è poverini. Ma riconoscendo la dignità di una persona che merita la sua autonomia e che non deve passare il tempo o essere tenuta a bada", scrive il giornalista economico Marco Ferrando nel volume Il coraggio di essere uguali, che ripercorre la nascita e lo sviluppo di Chicco Cotto. "Finora non solo ha funzionato, ma addirittura ha attirato capitali e pone nei fatti di fronte a un trampolino, dove non tutti possono essere in grado di saltare. È il grande tuffo, il grande salto nel mare dell’ordinarietà, del voler essere realmente uguali". Ma in una prospettiva completamente rovesciata, spiega don Bonsignori: "I 'normali' dovrebbero avere il coraggio di sentirsi uguali e non superiori, chiocce dei ragazzi con disabilità".

Fino al 2020 Chicco Cotto veleggiava su un bilancio di circa 900 mila euro, 50 “negozi” e una trentina di dipendenti fra Piemonte, Arezzo e San Marino. La pandemia, però, ha frenato i consumi del 40% a causa della chiusura di scuole, biblioteche, aziende, uffici: unica eccezione i distributori del caldo e del freddo installati negli ospedali. "I nostri dipendenti in cassa integrazione volevano tornare a lavorare", confida il sacerdote. "Ma la crisi è la migliore delle possibilità: da qualche mese abbiamo un gruppo partner, Your Best Break di Ivs Italia, colosso presente in molti luoghi, come per esempio nelle stazioni ferroviarie e nelle metropolitane. Quindi le nostre macchinette ora si chiamano BreakCotto. Ed entro il 2021 puntiamo ad avere un centinaio di nuovi occupati", assicura don Andrea. Nel gruppo di lavoratori e lavoratrici con varie disabilità – dalla sindrome di Down alla tetraplegia, dall’autismo al ritardo mentale – la mansione 'viene cucita addosso' alla bravura e alle qualità; la persona viene valutata con una visita congiunta da un medico del lavoro e da un neuropsichiatra. C’è chi può lavorare due ore al giorno e chi otto, in base alle sue caratteristiche", dice il sacerdote, che ha "tradotto" per loro, con un’agenda visiva a vignette, il corso di sicurezza sul lavoro frequentato da lui e da un educatore. "Lo decliniamo in modo diverso, con il linguaggio giusto. Ma basta con il buonismo e lo stereotipo della cooperativa sfigata, per favore. I ragazzi superano un colloquio, lavorano con dignità e bravura, sono stipendiati, escono con i colleghi, si emancipano a volte da genitori iperprotettivi e timorosi che i figli non siano all’altezza". Invece scoprono insieme una straordinaria normalità.

(L’articolo è tratto dal numero di SuperAbile INAIL di marzo, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

Laura Badaracchi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)