Pensioni e Rsa, “serve riprogettazione sociale complessiva”

I due temi sono stati al centro di un dibattito nell’ambito dell’evento “Futura: lavoro, ambiente, innovazione” a cura della Cgil con la sociologa Chiara Saraceno, Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S.Egidio e Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil

Pensioni e Rsa, “serve riprogettazione sociale complessiva”

Durante l’evento “Futura: lavoro, ambiente, innovazione”, che si è svolto da venerdì scorso a ieri a cura della Cgil si è parlato di “Progetti per una società inclusiva” con Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S.Egidio, la sociologa Chiara Saraceno e Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil.

Sono tre gli elementi che connotano le trasformazioni in corso: l’invecchiamento della popolazione (con una speranza di vita a 81 anni per gli uomini, 84 per le donne), la denatalità (1,3 figli di media) e in prospettiva la diminuzione della popolazione. Per Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil, è necessario ripensare tutta la struttura  della società con i suoi nuovi bisogni. Il ripensamento delle politiche sociali deve quindi essere legato alle politiche di sviluppo e dell’occupazione. E’ necessario guardare in avanti, superando contrapposizioni e stereotipi. Per Ghiselli, è necessario vedere l’anziano come risorsa e per far questo è necessario mettere in campo concrete politiche per l’invecchiamento attivo. Sul tema della progettazione del futuro è intervenuta la sociologa Chiara Saraceno: in Italia, ha detto, manca un equilibrio tra generazioni. Le donne sono state punite dalla riforma Dini. Oggi lo squilibrio è molto forte: ci vuole una pensione minima garantita a tutti a prescindere. Non servono riformine. “Bisogna iniziare a pensare seriamente – ha dichiarato Saraceno – a chi andrà in pensione tra venti e trent’anni e a quali condizioni potrà andarci”.

Nel dibattito sul rapporto tra generazioni è emerso quindi  il tema della riforma. Ghiselli ha ricordato che il sindacato ha chiesto una riforma strutturale e giusta, non una ennesima misura tampone come quota 100. La riforma riguarda i giovani, per questo il sindacato avanza l’idea di una pensione di garanzia minima. Ma nello stesso tempo è necessario rivedere il concetto di speranza di vita, perché i lavori non sono tutti uguali. Il segretario confederale ha spiegato poi che oggi la situazione previdenziale è completamente cambiata perché si applica il sistema contributivo. Quello che conta è il montante contributivo. Quindi si deve introdurre una flessibilità in uscita (62 anni) e lasciare al lavoratore la libertà di scegliere.

Se per le pensioni del futuro bisogna pensare con una ottica di venti o trent’anni, per la condizione degli anziani bisogna mettere in campo interventi già da oggi. Per Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S’Egidio, dopo la strage degli anziani il problema è saltato all’attenzione di tutti. Metà sono morti in istituti. E’ vero quindi che si sta realizzando il sogno di vivere a lungo. Ma questo sogno rischia di trasformarsi per molti anziani in una maledizione. “Non siamo stati capaci – ha detto Riccardi – di pensare a una società sul lungo periodo a misura di anziano”. Quello che è successo nelle Rsa, ci ha mostrato due drammi: la situazione reale degli istituti e la solitudine. Anche per Chiara Saraceno, le Rsa sono una tragedia, ma sono una soluzione molto minoritaria, la maggioranza degli anziani vive in solitudine a casa, anche se le donne anziane sole hanno una rete famigliare. Sia per Riccardi, sia per Saraceno la soluzione giusta è quella dell’assistenza domiciliare.

Riforma delle pensioni ed emergenza Rsa sono i due temi di attualità. Ma secondo i tre partecipanti al panel non si possono scollegare da una visione d’insieme di riprogettazione sociale complessiva, sia dal punto di vista di un nuovo rapporto tra giovani e anziani, sia dal punto di vista del rapporto con gli immigrati. Un progetto per cui il sindacato mette a disposizione la sua grande rete territoriale. Gli immigrati sono protagonisti della nostra società: “Anche qui – ha aggiunto Riccardi – dobbiamo uscire dalla cultura dell’emergenza e immaginare un paese con questa componente, io credo che sarà un paese migliore. Qui ci troviamo con il problema dell’integrazione e con quella della cittadinanza ai bambini nati in Italia, il cosiddetto ius culturae”. “Non c’è altra via che l’integrazione”, ha concluso Ghiselli.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)