“Per me l’affido è…”. Le risposte dei cittadini per “riprogettare una diversa normalità”

Una ricerca sul grado di conoscenza dell’affido familiare ha concluso un progetto portato avanti da 5 associazioni marchigiane. Il sociologo, Stefano Ricci: “Le tante risposte al questionario sono un segnale importante di un’attenzione alla tematica e di una sensibilità che deve trovare sponda nei decisori politici e negli operatori pubblici”

“Per me l’affido è…”. Le risposte dei cittadini per “riprogettare una diversa normalità”

“Per me l’affido è…”. Si intitola così la ricerca che ha voluto indagare sul grado di conoscenza o percezione del fenomeno dell’affido familiare. L’indagine prende spunto dalla pubblicazione di un questionario on line, compilando il quale i cittadini hanno contribuito proprio a fornire un prezioso feedback e le informazioni utili per capire il livello di comprensione dell’istituto dell’affido e per migliorare, nel contempo, il livello degli interventi di aiuto ai bambini che si trovano temporaneamente in difficoltà.

La presentazione dei risultati della ricerca è avvenuta all’interno di un convegno da remoto che ha rappresentato l’ultima tappa del progetto partito un anno fa, contraddistinto appunto da una fase di formazione dei volontari e dalla predisposizione e dalla messa online del questionario. Si tratta di un progetto che ha avuto il sostegno del Centro di servizio per il volontariato delle Marche, e che è stato presentato dalle associazioni marchigiane di volontariato locale in rete, che si occupano di affido familiare, vale a dire: Ecco Tuo Figlio odv, di Ancona; Famiglie per l’accoglienza aps, di Ancona; La Goccia onlus, di Macerata; Mondo Minore onlus, di Capodarco di Fermo; Un Tetto odv, di Senigallia. Partner dell’iniziativa sono stati anche il Comune di Ancona, assessorato ai Servizi Sociali, e Asur-Equipe Integrata Affidi, Area Vasta 2. Il tutto in collaborazione con l’Associazione Meta Cometa onlus, di Ancona.

“Le varie fasi del progetto sono state realizzate nonostante la situazione della pandemia. Il convegno finale, anche se online, è stata un’occasione di restituzione dei risultati del questionario e di proposte ai decisori per il contrasto del disagio minorile e per il rilancio dell'affidamento familiare”, ha spiegato Stefano Ricci, sociologo, ex dirigente regionale, esperto del settore nonché padre affidatario e fondatore di una comunità familiare per minori. Assieme a Ricci, ad analizzare e spiegare i risultati del questionario nel corso del convegno, anche la psicoterapeuta Simona Cardinaletti e la psicologa Stella Roncarelli.

I risultati del questionario. Sono ben 545 i questionari compilati online da altrettante persone, divise tra marchigiani (502) e residenti fuori regione (43).
Per la maggior parte di genere femminile (408), coloro che hanno risposto al questionario sono ricompresi nella fascia di età 41-50 anni (173 questionari), seguiti dalla fascia di età 51-60 anni (149) e 31-40 (103). Di fatto, il 60% di chi ha interagito ha tra i 41 e i 60 anni, vale a dire la fascia di età più interessata all'affido.
La maggior parte è coniugata/o (333), con uno o più figli. Ma c’è anche un discreto numero di persone che vivono sole (110).
La maggioranza fa parte di un gruppo o di un’associazione (309), mentre ben 418 su 545 ha oppure ha avuto in passato esperienze di volontariato.
"Segno che la sensibilità verso un'esperienza di accoglienza è forte anche in relazione alla sperimentazione di una dimensione associativa - ha spiegato Ricci -. E l'esperienza del volontariato è uno dei criteri importanti per esprimere il proprio senso di cittadinanza".

E’ stato poi chiesto ai cittadini se nel loro territorio ritenessero che le situazioni di disagio presenti, in cui è coinvolto anche un minorenne, fossero frequenti. In questo caso 219 persone hanno parlato di casi “abbastanza frequenti”. E, nel caso venissero a conoscenza di situazioni di disagio, la maggior parte delle persone ha risposto che valuterebbe le situazioni (199) ma anche che segnalarebbe le situazioni ai servizi sociali (174). E 86 si rivolgerebbero ad associazioni che si occupano di minori.

Ed ancora: 254 persone conoscono l’istituto dell’affido familiare per esperienza di conoscenti o amici, 121 per esperienza diretta, 96 per sentito dire.
In questo senso, tra chi conosce già l’affido familiare, la maggior parte ha ricevuto informazioni da amici o parenti (267), seguito da chi ha avuto notizie direttamente dalle famiglie affidatarie (204), da servizi territoriali o Gruppi affidi (177) e da associazioni di volontariato (165)

Quanto alle motivazioni dell’affido, chi ha risposto al questionario ha ritenuto importante avere del tempo libero da impiegare utilmente (252), molto importante (291) o importante (230) il desiderio di aiutare gli altri; importante (286) o molto importante (158) il desiderio di sentirsi utili/impegno civile; importante (281) o molto importante (128) fare un servizio per la collettività.
Quanto alla buona riuscita dell’affidamento, per tanti è molto importante (349) o importante (159) lo stesso minorenne; importante (240) o molto importante (227) la famiglia di origine; molto importante la famiglia affidataria (471); importante (295) o molto importante (189) la magistratura minorile; molto importante (264) o importante (245) i servizi sociali; importante (255) o molto importante (253) la scuola e i servizi educativi; molto importante (313) o importante (200) la rete delle famiglie affidatarie; importanti le amministrazioni pubbliche (296), il volontariato (295).
"Un ruolo fondamentale per la riuscita dell'esperienza dell'affido viene data alla famiglia di origine e al minore - ha spiegato Simona Cardinaletti -. Ma va evidenziata anche l'importanza data alla rete delle famiglie affidatarie".
Infine, quanto ai risultati dell’affido, la maggior parte sembra propendere per avere meno minori allontanati dalla propria famiglia, nonché avere più rientri di minori nella famiglia di origine dopo l’affidamento. Ma anche che i servizi sociali iniziano a lavorare con metodo “per progetti integrati”, che ci siano più famiglie disponibili ad accogliere un minorenne in affidamento, che vi sia aumento dell’associazionismo familiare e delle reti di solidarietà familiare, che ci siano servizi più qualificati offerti territorialmente a favore delle famiglie con figli, la soddisfazione del minorenne e della famiglia di origine, l’aumento degli affidamenti familiari rispetto all’accoglienza in comunità residenziale.

“Le tante risposte al questionario date anche da persone che non conoscevano l’affidamento familiare sono un segnale importante di un’attenzione alla tematica e di una sensibilità che deve trovare sponda nei decisori politici e negli operatori pubblici che organizzano questa importante opportunità garantita da una legge nazionale”, ha spiegato Stefano Ricci.
Che ha aggiunto: “Favorire l’affidamento familiare, nella logica della ‘famiglia che aiuta un’altra famiglia’, è una risposta ancora più importante dopo l’isolamento determinato dall’emergenza Covid-19. La clausura forzata nelle case ha penalizzato di più le persone fragili e, in particolar modo, i bambini e le bambine, soprattutto quelli che vivono in famiglie che si trovavano in difficoltà, aggravate dalla pandemia”.

“In questo anno ‘sospeso’ sono diminuiti gli allontanamenti dei minorenni dalla propria famiglia di origine e non certo perché le situazioni siano migliorate... – ha concluso -. I servizi sociali sono stati ulteriormente penalizzati, spesso chiusi e riaperti solo in parte. Il bisogno di socialità è cresciuto in tutte le famiglie; l’affidamento familiare è un segno di solidarietà e di accoglienza che può dare non solo risposte ai bisogni dei bambini e delle bambine ma anche un esempio che è possibile, oltre che necessario, riprogettare una diversa normalità, impostata sulla fiducia e sull’apertura”.

Daniele Iacopini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)