Pnrr e non autosufficienza, verso il ddl. “10 motivi per un sistema nazionale assistenza anziani”

Il Patto per la non autosufficienza scrive al presidente Draghi e ai ministri Orlando e Speranza, indicando i 10 passaggi fondamentali per “imboccare la strada giusta verso una riforma dell'assistenza per gli anziani”. Gori: “Le quattro priorità: sistema unico, semplificazione del percorso, interventi appropriati e finanziamento pubblico”

Pnrr e non autosufficienza, verso il ddl. “10 motivi per un sistema nazionale assistenza anziani”

La non autosufficienza divenga oggetto di tutela pubblica, tramite una globale riforma del sistema di assistenza rivolto agli anziani: è questa, in sintesi, la richiesta che oggi viene rilanciata dalle 48 organizzazioni aderenti al “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”, da mesi al lavoro per indicare strategie e accompagnare il governo verso una riforma tanto attesa quanto irrimandabile. Dopo aver presentato, pochi mesi fa, le proprie “Proposte per l’introduzione di un Sistema Nazionale Assistenza Anziani”, oggi il gruppo di lavoro torna a sollecitarle, in una versione sintetica e semplificata. “Dati i tempi del Pnrr, è certo ormai che entro l'estate il disegno di legge delega sarà presentato dal governo – spiega a Redattore Sociale Cristiano Gori, coordinatore del Patto e docente di Politica sociale nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Trento – E' vero che la presentazione da parte del governo non è che il primo passo, cui seguirà la discussione in Parlamento e poi i decreti delegati: è anche vero, però, che se si sbaglia il primo passo, si preclude l'intero cammino. Per questa ragione, abbiamo voluto richiamare l'attenzione delle istituzioni sulla nostra proposta, presentandola in forma semplificata. Gli assi fondamentali sono quattro: sistema unico, semplificazione del percorso, interventi appropriati per gli anziani (riguardo domiciliarità, accompagnamento e residenzialità) e finanziamento pubblico dei livelli essenziali”

10 motivi per un Sistema nazionale

Ed ecco, nello specifico, i “10 motivi per introdurre il sistema nazionale assistenza anziani”.

Primo, “la nascita di un nuovo settore dello stato sociale. Si vuole introdurre il Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA), che comprende tutte le misure di responsabilità pubblica – sociali e sanitarie – per l’assistenza agli anziani non autosufficienti. Come già avvenuto nelle altre riforme europee, la non autosufficienza diventa così un ambito autonomo del welfare. Dar vita allo Sna rappresenta un passaggio storico: significa riconoscere la specificità degli interventi forniti e attribuire al settore, sinora trascurato, la necessaria legittimazione istituzionale e politica”.

Il secondo motivo è superare la frammentazione: “Lo Sna supera l’attuale frammentazione degli interventi per costruire un unico sistema integrato della non autosufficienza. Un simile cambiamento modifica tanto le relazioni tra le filiere pubbliche delle politiche sanitarie e delle politiche sociali, quanto quelle tra loro e le realtà del privato e del terzo settore. L’utilizzo di tutte le risorse disponibili viene definito e programmato congiuntamente dai diversi soggetti coinvolti, a livello statale, regionale e locale. Nei territori, le diverse risposte sono fornite insieme, nel contesto di progetti assistenziali integrati”.

Terzo, tutela pubblica e quindi finanziamento pubblico: “La tutela della non autosufficienza va riconosciuta quale responsabilità pubblica. Di conseguenza, lo Sna si fonda su un finanziamento pubblico atto a garantire il diritto all’assistenza. Alla definizione del principio devono seguire azioni coerenti: si prevede, dunque, un incremento delle risorse dedicate in grado di assicurare adeguati livelli essenziali sanitari (Lea) e sociali (Leps) per la non autosufficienza. Tali livelli sono da definire, in coerenza con la nuova logica, in modo contestuale e unitario”.

Quarto, miglioramento dei servizi, che divengono “riconoscibili e facili da raggiungere. La riforma – si legge nel documento - vuole superare gli ostacoli che rendono spesso difficile, per familiari e anziani, stabilire il primo contatto con i servizi pubblici. Lo fa puntando sul Punto Unico di Accesso, presso la Casa della Comunità, quale luogo fisico di facile individuazione che offre informazioni sugli interventi disponibili, orientamento su come riceverli e supporto nelle pratiche amministrative”.

Il quinto motivo è l'unificazione della valutazione. “S’intende semplificare l’attuale pletora di valutazioni delle condizioni degli anziani, troppe e non connesse tra loro. L’accesso allo Sna è determinato dalla sola Valutazione Nazionale di Base (VNB), che assorbe le diverse valutazioni nazionali esistenti e definisce la possibilità di ricevere le prestazioni statali. Alla VNB è collegata la successiva valutazione multidimensionale territoriale, di competenza di Regioni e Comuni, per ottenere le prestazioni di loro responsabilità: svolta la prima, gli anziani sono indirizzati alla seconda, che parte dalle informazioni raccolte in precedenza”

Sesto motivo è la valorizzazione di una domiciliarità che sia “unitaria, appropriata e continua. La permanenza a casa degli anziani non autosufficienti – ricorda il Patto - rappresenta la priorità dello Sna. In questa prospettiva, si prevedono tre mosse per superare le attuali criticità dei servizi domiciliari. Primo, assicurare risposte unitarie da parte di Comuni e Asl. Secondo, offrire un appropriato mix di prestazioni: medico-infermieristico-riabilitative, di aiuto all’anziano nelle attività fondamentali della vita quotidiana e di affiancamento a familiari e badanti. Terzo, garantire l’assistenza per il tempo effettivamente necessario, stabilendone la durata in base ai bisogni di anziani e familiari”.

Accanto alla domiciliarità, va mantenuta la possibilità della residenzialità, che però va anch'essa rivista e riformata. Ed è questo il settimo “motivo” della riforma: “Per poter assistere in modo appropriato gli anziani che non è possibile seguire a domicilio, i servizi residenziali richiedono un’azione di aggiornamento sostanziale. Si vuole garantire la dotazione di personale necessaria – per numerosità e competenze – a rispondere opportunamente ai diversi bisogni. S’intende assicurare la qualità degli ambienti di vita, privilegiando modelli costruttivi e organizzativi amichevoli, domestici e familiari, la tutela dei diritti e della privacy. Si prevede l’integrazione delle residenze con le comunità locali e con l’intera filiera dei servizi del territorio”.

Ottavo asse portante è l'accompagnamento, che diventi però “più equo e appropriato”. A tal proposito, “la riforma dell’indennità di accompagnamento, tramutata nella prestazione universale per la non autosufficienza, si inscrive a pieno titolo in questa prospettiva. La prestazione conferma l’universalismo, mantenendo la possibilità di riceverla esclusivamente in base al bisogno di assistenza. Incrementa l’equità, graduando l’ammontare in modo che aumenti al crescere di tale bisogno. Migliora l’appropriatezza, prevedendo la scelta tra l’utilizzarla come contributo economico o per ricevere servizi alla persona, e incentivando questi ultimi”.

Nono asse portante sono le famiglie e in particolare i caregiver familiari: “Il sostegno ai familiari che si prendono cura degli anziani non può restare una questione settoriale, ma deve rappresentare un obiettivo che attraversa l’intera architettura dello Sna. I nuovi interventi sono stati disegnati in tale ottica; ne è un esempio la previsione di un’assistenza a domicilio che garantisca un appropriato pacchetto di prestazioni e una durata adeguata. Nondimeno, si prevedono specifiche misure rivolte ai familiari quali supporto psicologico, forme di conciliazione tra impegni di cura e di lavoro, tutele previdenziali e altre”

Infine, attenzione e centralità per gli assistenti familiari: “La riforma deve collocare la figura delle assistenti familiari ('badanti') all’interno dello Sna. Da un lato, prevedendo incentivi economici per lo svolgimento della loro attività in modo regolare. Dall’altro, mettendo a punto un profilo professionale nazionale che precisi l’insieme di competenze necessarie e il relativo iter formativo. L’obiettivo è un lavoro di cura di qualità, per chi lo compie e per chi lo riceve”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)