Programma 2121, progetto innovativo per il reinserimento dei detenuti nella società

L’aumento dei detenuti negli ultimi vent’anni, conseguenza anche dell’alta recidività, ha causato un incremento degli oneri finanziari degli Stati. Il progetto, promosso da Ministero della Giustizia e multinazionale Lendlease, mira all’inserimento lavorativo della popolazione detenuta. Giordano: “Se il carcere non ripristina la legalità, non contribuisce al benessere sociale”

Programma 2121, progetto innovativo per il reinserimento dei detenuti nella società

Un carcere che non rieduca amplifica i problemi sociali. L’aumento dei detenuti negli ultimi vent’anni, conseguenza anche dell’alta recidività che affligge l’Italia, ha causato un incremento degli oneri finanziari degli Stati per la sicurezza pubblica e la coesione sociale. Il Programma 2121, promosso dal Ministero della Giustizia italiano e da Lendlease, una multinazionale globale che opera nel settore delle costruzioni con una specializzazione nella rigenerazione urbana, interviene per proporre una soluzione e per favorire l’inserimento lavorativo dei detenuti nella società. L’occupazione, infatti, rappresenta un fattore determinante per la diminuzione della recidiva ovvero la ripetizione di un reato da parte di chi è stato in precedenza condannato.

Se non utilizziamo il carcere come luogo di ripristino della legalità, non contribuiamo alla sicurezza e al benessere della società”, spiega Filippo Giordano, professore associato di economia aziendale dell’Università Lumsa di Roma e docente di Business Ethics e Responsabilità sociale della Bocconi. “Nel progetto si cerca di allineare i fabbisogni delle imprese con le competenze delle persone in carcere”.

Il Programma 2121

Il progetto accoglie l’ideale riabilitativo affermato dalla nostra Costituzione, all’articolo 27, che esprime: “Le pene non possono coesistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Tale obiettivo, nella prassi, non è sempre perseguito. Nonostante il lavoro penitenziario sia una leva strategica per l’inclusione sociale, al 31 dicembre 2019 soltanto il 30% circa della popolazione detenuta era impiegata in attività lavorative, e di questi solo il 13%, 2381 detenuti, per datori terzi rispetto all’amministrazione penitenziaria.
Il Programma 2121, il cui nome deriva dall’art. 21 dell’ordinamento penitenziario e dal periodo temporale in cui si struttura (2018-2021), prende le mosse dall’intenzione di valorizzare la presenza del Carcere di Bollate nelle immediate vicinanze del sito MIND Milano Innovation District, il progetto di riqualificazione dell’area che nel 2015 ha ospitato l’Expo universale. Il consorzio guidato da Lendlease ha scelto di promuovere nell’area MIND un progetto di realizzazione di un distretto scientifico e tecnologico sulle scienze della vita, valorizzando l’impatto sociale e coinvolgendo il sistema penitenziario. Il Programma ha così trasformato la prossimità di un carcere, normalmente considerato un punto di debolezza nel mercato immobiliare, in un punto di forza: contribuire al miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti e impiegare forza lavoro nel settore delle costruzioni.
La partecipazione della Pubblica amministrazione testimonia, inoltre, la determinazione delle istituzioni di allargare il modello del carcere di Bollate a tutto il sistema carcerario lombardo, in vista di un’ulteriore estensione all’intero sistema carcerario nazionale sotto il coordinamento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap). 

“Sono diversi gli elementi innovativi del progetto – prosegue Giordano –. Innanzitutto la presenza di una grande multinazionale in grado di mobilitare risorse e di offrire un contesto lavorativo vicino alla realtà e con la possibilità di una crescita professionale. In secondo luogo, la partnership pubblico-privata che può offrire la possibilità di operare a livello interistuzionale per risolvere un problema complesso. Questo è possibile mediante un sistema di collaborazione che richiede che tutti gli attori non siano autoreferenziali ma lavorino insieme e nel lungo periodo”.

La fase pilota del progetto: il 95% dei partecipanti ha apprezzato l’esperienza

Nel concreto, il Programma 2121 offre ai detenuti la possibilità di sviluppare competenze lavorative, di ricevere un’indennità equiparabile ai tirocini post-universitari e il reintegro nella vita sociale fuori dal carcere. I beneficiari, secondo i criteri di buona condotta, si sottopongono ad un processo di selezione che prevede una profilazione delle competenze, colloqui con le aziende, partecipazione alla formazione di soft skills erogata da Anpal Servizi e un tirocinio di durata semestrale rinnovabile. 

A novembre 2018 ha avuto inizio la fase pilota del programma. I detenuti ammessi alla prima fase sono stati 10. Di questi, 6 inseriti con un tirocinio semestrale, 3 attraverso un tirocinio trimestrale, ed uno attraverso un contratto di lavoro a tempo determinato. L’offerta formativa offriva ruoli di responsabilità nel contesto di mansioni diverse, inclusa l’amministrazione d’ufficio, la gestione della sicurezza e la progettazione Autocad. “Il primo giorno mi è stato detto “per noi sei equiparato a ogni normale dipendente”, e io non pensavo sarebbe stato veramente così, e invece è andato effettivamente così” testimonia un detenuto partecipante a questa fase.

Dei 10 detenuti che hanno partecipato, 7 sono stati riconfermati: 6 attraverso il prolungamento del tirocinio e uno attraverso un contratto di lavoro a tempo determinato. 
I partecipanti hanno manifestato un incremento in termini di apprezzamento nei confronti del Programma da un 79% iniziale al 95% al termine dell’esperienza.  A settembre 2020 è stata avviata la seconda fase di Programma 2121 che vede il coinvolgimento, oltre al carcere di Bollate, anche a quello di Opera.

L’esito positivo del programma e la riduzione del comportamento recidivante e l’effettivo reinserimento è, tuttavia, da misurare nel lungo periodo. “Nel breve tempo si possono misurare se sono aumentate le competenze, la qualità della vita, fattori individuali e relazionali e altri elementi che nel lungo periodo riducono le ricadute criminose. L’intento del Programma è, infatti, - conclude Giordano – portar fuori dal carcere persone che hanno approfittato del periodo per riqualificarsi ed acquisire professionalità a servizio della legalità”.

Camilla Canale

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)