Psichiatria e criminalità, “servono strutture di lungodegenza per prevenire”

Lo psichiatra Tito Gattoni ha lavorato per oltre 30 anni nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere: “Quando il disturbo si manifesta e inizia a diventare psicosi, occorre prendere in carico all'interno di una struttura. Così eviteremmo tanti omicidi e suicidi”. Con la pandemia, situazione più grave: “Mi risultano almeno 70 suicidi collegati ad essa”

Psichiatria e criminalità, “servono strutture di lungodegenza per prevenire”

 “Dobbiamo superare il pregiudizio verso le strutture e riconoscere la necessità della presa in carico residenziale, prima che la psicosi diventi rabbia, violenza e in alcuni casi crimine”: ad affermarlo è lo psichiatra Tito Gattoni, esperto della relazione tra disturbo psichico e criminalità, a cui ha dedicato anche un libro, “Follia e criminalità”. Più recente “La ruggine dell'anima. L'ansia e le sue storie”, pubblicato nel 2019. Follia, ansia e criminalità che Gattoni conosce bene e a imparato a sostenere, lavorando per oltre 30 anni all'interno dell'Ospedale psichiatrico giudiziario Castiglione delle Stiviere.

Lo abbiamo interpellato per analizzare con lui gli ultimi drammi familiari, in cui madri, padri, figli, hanno tolto e si sono tolti la vita. Ultimo l'operaio del torinese, che ha ucciso il figlio di 11 anni e poi si è suicidato. In molti di questi casi, erano riferiti stati di “depressione” o in generale di disturbo psichico. Ma cosa si può fare, perché il disagio non esploda in violenza e in dramma? Che responsabilità hanno i servizi, quando la solitudine e la disperazione trasformano un padre in un killer?

Partiamo dall'insorgere del disturbo: qual è la sua origine e come si può prevenire?

C'è una correlazione stretta tra aspetti genetici e ambientali, un intreccio tra il contesto e i principi etici e morali dell'individuo. Una condizione di disagio economico, instabilità lavorativa e affettiva genera ansia, da cui il disagio, da cui la rabbia e poi, nei casi peggiori, la violenza. È un continuum. La prevenzione spetta al politico, a cui è demandato l'aspetto sociale: per esempio, un lavoro fisso, una sicurezza economica rendono più stabili anche le persone geneticamente predisposte ai disturbi mentali. Un ruolo di prevenzione fondamentale si gioca poi all'interno della famiglia: famiglie stabili, così come il lavoro e affetti sicuri e diversificati, sono fattori protettivi per tutte le patologie mentali, quando la predisposizione genetica non è eccessivamente predominante. Laddove invece, all'interno del contesto familiare, predominino aggressività, odio, indifferenza, è più facile che l'individuo cresca fragile. Successivamente, è la scuola il fattore ambientale decisivo. Fattori protettivi per i giovani sono anche l'attività fisica, soprattutto in gruppo, e l'assenza di uso di sostanze e alcol. A 20-25 anni, la personalità è formata e diventa più difficile intervenire a livello preventivo. Se quindi la persona manifesta problematiche particolari, bisogna intervenire con psichiatra.

Con quali strumenti e in quali luoghi?

Il problema è proprio questo: chi ha una psicosi ha bisogno di un trattamento prolungato, ma non ci sono strutture di lungodegenza statali, solo strutture private. Con la legge 180 sono stati chiusi i manicomi, senza che però venissero create strutture alternative. Sono rimasti solo gli ospedali, che però quasi mai sono in grado di curare la malattia mentale, che ha bisogno di continuità terapeutica. Ci sono le comunità e cliniche private, ma le prime spesso non sono in grado di affrontare psicosi gravi, le seconde sono spesso molto costose e non riescono a far fronte a tutte le richieste. Altrimenti, ci sono le strutture giudiziarie, attualmente le Rems, dopo che il crimine è stato commesso.

Ma è questo che si vorrebbe evitare: che dal disturbo psichiatrico si arrivasse al crimine...
Perché questo si possa fare, occorre una presa in carico tempestiva, strutturale, continuativa e di qualità, che solo lo Stato può assicurare. Il ricovero in strutture statali capaci di farsi carico del disagio prima che esploda è fondamentale. Ma c'è anche un pregiudizio da superare, potrei raccontare tante storie...

Per esempio?
Un uomo era stato ricoverato a Castiglione perché, alcolizzato, aveva cercato di uccidere la moglie. Lei non lo aveva denunciato, erano stati i figli. Ce ne siamo presi carico e cura: dopo un mese però la donna voleva che tornasse a casa, diceva che lui non le avrebbe mai fatto del male. E' difficile far credere a chi ama che con l'amore non si può risolvere tutto. E' difficile far accettare un ricovero, con i suoi tempi lunghi. Ma alla fine, dopo diversi mesi, crediamo di aver fatto tornare a casa un uomo diverso e, spero, non più pericoloso. Dobbiamo riformare la psichiatria e le legge 180 e bisogna comprendere l'urgenza di questa riforma. L'informazione può giocare un ruolo importante, facendo sì che questi casi non passino inosservati.

La pandemia ha aggravato la situazione?
Certamente sì: da quando è iniziata, ho contato almeno 70 suicidi direttamente collegati ad essa, ma immagino siano molti di più. Malattie mentali come la depressione sono in forte aumento, ma anche le psicosi e l’uso di sostanze, che stanno causando anche un declino demografico. Sono soprattutto i giovani a farne le spese. A Padova è stato inaugurato recentemente un centro per le psicosi giovanili. E' la prima Università in Europa, insieme a Berlino e Londra, a dotarsi di una struttura del genere: un luogo necessario, dal momento che ci siamo accordi di giovani anoressiche già a 10 anni, o ragazzi psicotici a 12. Qui i ragazzi rimangono anche per diversi mesi, ricevendo le attenzioni e le cure necessarie. Non dobbiamo avere pregiudizi verso le strutture: in molti casi, sono l'unica soluzione. Lo Stato deve riorganizzare i servizi di presa in carico, non c'è alternativa. E poi dobbiamo superare questo momento di emergenza: l'isolamento ha danneggiato fortemente, sopratutto i più giovani.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)