Senza dimora. Il rapper, il rider, l'imprenditore: storie da un dormitorio di Milano

Una sera al centro “Acquabella” di via Don Carlo San Martino, dove Cisom e Misericordie gestiscono 20 posti letto per i senza fissa dimora di Milano. Le storie: l'imprenditore egiziano che ha perso tutto e il cantante nigeriano che cerca il successo “per toccare il Re”

Senza dimora. Il rapper, il rider, l'imprenditore: storie da un dormitorio di Milano

MILANO - L'ultimo ad arrivare, alle 22:30, è un uomo afgano con l'asilo politico. Citofona, parcheggia la bicicletta senza legarla e deposita in stanza il suo zaino termico a forma di cubo giallo targato “Glovo”, il colosso spagnolo delle consegne in bicicletta che di recente ha acquisito Foodora. “Oggi poco lavoro – racconta mentre cena da solo seduto all'angolo su uno dei due tavoli da sagra apparecchiati nella sala – ho passato tutto il tempo fuori dal McDonald di piazzale Loreto, ma non è sempre così”. “Ero grasso prima e adesso guarda – sorride fiero l'afgano mostrando i risultati del duro pedalare in città sulla sua pancia –: Un giorno ho fatto quasi 80 chilometri dentro Milano: 20 consegne, tre-quattro chilometri a consegna”. Viene dalla provincia di Helmand, Afghanistan meridionale. Quando ne parla s'intristisce d'improvviso: “Ho lasciato lì mio figlio, ora ha sette anni”. Si alza e se ne va a dormire nella stanza E. Fino al 31 marzo potrà stare qui, al centro “Acquabella” di via Don Carlo San Martino 10, lungo l'arteria che conduce alla periferia est di Milano: dentro a un ex edificio del Comune sono stati affidati per due mesi 20 posti letto, divisi in stanze da 3-4 brandine ciascuna, al Corpo italiano di soccorso dell'Ordine di Malta (Cisom) e alle Misericordie, oltre ai servizi di distribuzione cena, colazione e materiali per l'igiene personale. I cibi caldi li consegna alle 19:30 Fondazione Arca: il menù di giovedì 21 febbraio prevede riso bianco, pasta, legumi, sugo, cosce di pollo, pomodoro a spicchi e ananas fresca. Caffè solubile o tè caldo una volta finito il pasto. A distribuirli sono i quattro volontari del Cisom presenti: Lorenzo, Chiara, Rossana e Giorgia. A cui si aggiungerà Giovanni più tardi. I due uomini monteranno il turno di notte. Il loro lavoro consiste nel verificare che gli ospiti abbiano l'autorizzazione per un posto letto rilasciata dal Casc – Centro aiuto stazione centrale – registrarli, distribuire beni e viveri e infine tenere compagnia durante la serata.
Ci sono storie umane di ogni tipo: “Come andato il colloquio?” chiede Lorenzo a un italiano solitario. “Non bene” e rimette la testa sul piatto. Non ha voglia di parlare. Un egiziano arzillo prende il suo borsone ed estrae uno sterminato elenco di fogli: sono fatture per grandi quantità di carne “halal”, bolle di consegna, documenti che attestano come, fino al 2014, lui fosse un piccolo imprenditore del commercio con tre attività aperte nell'hinterland milanese. Racconta la vicenda, confusa, di uno o più soci che gli hanno portato via tutto. “Mangia e stai zitto – gli intima l'amico seduto di fronte – non stai parlando con un giudice, non può fare nulla per aiutarti”. Un iraniano, elegante nei modi, distinto e curato, passa le mezzore al cellulare. Poi dice a una delle volontarie di essere un dissidente politico in attesa di asilo. Ha l'appuntamento per aprile. Francis è un giovane nigeriano, l'unico centrafricano del dormitorio. Figlio unico, viene da Lekki, vicino Lagos, è stato un militare ed è ossessionato dall'idea di fare i soldi con la sua musica per scalare la piramide sociale. Parla solo di questo. Intona per i volontari uno dei brani rap scritti di suo pugno. Gli unici a non gradire sono gli altri ospiti del dormitorio. Glielo fanno notare con un accenno di discussione, subito sedata. Francis si tranquillizza e mostra i videoclip su youtube di un amico in Canada, con cui sarebbe in contatto per raggiungerlo. Lui ce l'ha fatta – dice – e dopo aver raggiunto il successo è stato anche ricevuto in patria da uno dei monarchi che in Nigeria sono figure ibride, a metà fra l'autorità politica, quella spirituale e quella del capo tribù. “Anche io voglio poterlo toccare – dice il giovane nigeriano indicando sul cellulare le immagini del suo amico che s'inchina al cospetto del Re –. E pensa che lui nemmeno le scrive da solo le sue canzoni”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)