Storie di calcio, riscatto e migrazione. Dal Veneto alla Basilicata, lo sport più amato ricostruisce le vite

Due storie di calcio che in questi giorni, mentre i campionati nazionali stanno per terminare, hanno trovato spazio ed eco su Facebook.

Storie di calcio, riscatto e migrazione. Dal Veneto alla Basilicata, lo sport più amato ricostruisce le vite

“Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore/ non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,/ un giocatore lo vedi dal coraggio,/dall’altruismo e dalla fantasia”.

Le note e le parole de “La leva calcistica della classe ‘68” di Francesco De Gregori (1982) hanno fatto da colonna sonora nell’indimenticabile sfida Italia-Marocco in “Marrakech Express”, di Gabriele Salvatores (1989). Ma possono essere anche la colonna sonora di due storie di calcio che in questi giorni, mentre i campionati nazionali stanno per terminare, hanno trovato spazio ed eco su Facebook. Da nord a sud Italia, Paese che per sua indole e natura ama specchiarsi su un rettangolo verde, dove – come nella vita – lotti, sudi, soffri, gioisci, perdi o vinci.

La prima di queste due storie viene dal Due Palazzi di Padova.

Ci sono uomini che nella loro vita hanno sbagliato e che per questo oggi stanno pagando il loro debito con la giustizia. È il caso dei ragazzi della Polisportiva Pallalpiede. Tutti detenuti del carcere di Padova. Giovani di diversa nazionalità, perché – si sa – il calcio è una lingua che si parla in tutto il mondo. Al di là di ogni lingua, cultura, tradizione. Ed errore.

Nata dal progetto “Rimettiamoci in gioco” promosso dalla onlus Nairi, da cinque anni la Polisportiva Pallalpiede milita a Padova nel campionato di Terza categoria. Allenati oggi da mister Fernando Badon, con le loro casacche bianco rosse, come quelle del calcio Padova, per quattro anni consecutivi i ragazzi si sono aggiudicati la “Coppa disciplina”. Il codice etico della squadra è molto chiaro: non sono tollerati comportamenti violenti e chi trasgredisce va fuori rosa.

Sabato 27 aprile l’impresa: per la prima volta nella sua storia la Polisportiva Pallalpiede ha vinto il campionato di Terza categoria. Un’annata trionfale, sempre nelle posizioni di vertice della classifica. Un’annata che è già storia, anche se il prossimo anno i ragazzi della Pallalpiede non potranno essere iscritti al campionato di Seconda categoria. L’impossibilità di giocare in trasferta (tutte le partite vengono disputate all’interno delle mura del Due Palazzi), impedisce infatti alla squadra di conseguire il titolo. Questo però non toglie nulla all’importanza di un’impresa che va al di là del semplice risultato sportivo. Perché “non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”.

La seconda storia ci porta in Basilicata, a Picerno, comune di circa 5.800 abitanti in provincia di Potenza. Domenica scorsa, con la vittoria sul Bitonto, la squadra di mister Domenico Giacomarro ha conquistato la promozione in Lega Pro. Una festa che va oltre il calcio quella della squadra lucana. Una festa che racconta le storie di vecchi e nuovi migranti. C’è il patron Donato Curcio, emigrato poco più che ventenne negli Stati Uniti, che ha poi investito a Picerno la fortuna realizzata a Buffalo. E c’è la storia di Sambou Boubacar (Gambia) e Aboucbacar Soumahoro Langonea (Costa d’Avorio). Entrambi sono arrivati qualche anno fa in Italia “sul barcone”. “Ciascuno di noi ha vissuto tante sofferenze – racconta Aboucbacar -. Se siamo qui, se c’è una comunità che ci ha accolto e ci vuole bene, dobbiamo ringraziare Dio. Tanti altri non sono riusciti ad arrivare”.

“Nino capì fin dal primo momento,/ l’allenatore sembrava contento/ e allora mise il cuore dentro alle scarpe/ e corse più veloce del vento/. Prese un pallone che sembrava stregato,/ accanto al piede rimaneva incollato,/ entrò nell’area, tirò senza guardare,/ ed il portiere lo fece passare”. Perché “un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”.

Irene Argentiero

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Fonte: Sir