"Storie di chi resta". Viaggio nel vissuto delle famiglie colpite da una morte sul lavoro

Difficilmente le cronache degli infortuni mortali sul lavoro parlano del dolore delle famiglie e ancora meno dell’impegno delle assistenti sociali dell’Inail che le accompagnano dopo il lutto. Ecco il racconto di cosa accade quando i riflettori della cronaca si spengono

"Storie di chi resta". Viaggio nel vissuto delle famiglie colpite da una morte sul lavoro

Angelo (nome di fantasia) se n’è andato nell’agosto del 2018 colpito da un montacarichi contenente materiali edili per un lavoro di manutenzione. È caduto dal terzo piano di una palazzina. Causa di morte: politrauma contusivo toracico con fratture costali, lacerazione ilo polmonare sinistra ed emotorace. È probabile che si sia sbilanciato il montacarichi e che, nell’oscillazione, Angelo sia rimasto colpito, perdendo i sensi e poi precipitando al suolo. Angelo aveva 52 anni, amava leggere e faceva sport. Aveva una moglie e un figlio di appena sette anni. «Alla notizia siamo stati tutti molto toccati dall’età dell’infortunato e dalla presenza di un bambino di sette anni», racconta Alessia Viviana Congia, assistente sociale della Sede Inail di Torino Centro. «Abbiamo cercato di muoverci tempestivamente perché ogni passaggio per arrivare al riconoscimento dell’evento, e alla liquidazione delle prestazioni dovute, fosse il più veloce possibile». I primi contatti sono con alcuni familiari di Angelo e, solo qualche settimana dopo, l’équipe multidisciplinare ha l’occasione di incontrare la moglie Sonia (anche in questo caso il nome è di fantasia). «Inizialmente il dolore e la paura per il futuro di Sonia occupavano tutto lo spazio dell’incontro, ma il fatto stesso che lei li esplicitasse dimostrava che c’erano le condizioni per poter esprimere il proprio vissuto emotivo», prosegue Congia. A Sonia viene proposta la partecipazione a un gruppo di auto-mutuo -aiuto. «Io e la collega dell’équipe multidisciplinare, che aveva promosso questa iniziativa insieme a me, abbiamo prima preparato il gruppo all’ingresso di una persona che viveva un’esperienza così recente di perdita e poi abbiamo accompagnato progressivamente il suo ingresso nel gruppo, garantendo la nostra presenza a ogni incontro», precisa l’assistente sociale.

In seguito Sonia non ha più potuto partecipare agli incontri del gruppo di auto-mutuo-aiuto per ragioni di lavoro, ma resta comunque in contatto con le assistenti sociali Inail e, quando le attività si spostano online a causa della pandemia, ricomincia a partecipare ad alcuni appuntamenti tematici e ad altre iniziative. Un anno e mezzo dopo l’infortunio mortale di Angelo, Sonia non riesce ancora a metabolizzare l’accaduto. La vita va avanti lo stesso e lei fa di tutto per trasmettere a suo figlio fiducia e serenità, ma alla fine del 2021 chiede al Servizio sociale dell’Inail di attivare uno spazio di ascolto per il bambino, in modo da poterlo aiutare a gestire e comprendere meglio le emozioni e i vissuti legati alla perdita del padre.

Angelo è solo uno dei tanti, tantissimi morti sul lavoro denunciati ogni anno dalle cronache. Solo nei primi mesi del 2022 l’Inail ne ha già contati oltre 200, ma la lista si allunga di giorno in giorno. «È doveroso porre l’attenzione sulla grave recrudescenza del fenomeno sociale degli infortuni sul lavoro che hanno drammatiche conseguenze sulla vita dei lavoratori, sulle loro famiglie e sulla società intera», commenta Margherita Caristi, assistente sociale presso la Direzione centrale Prestazioni socio-sanitarie dell’Inail. «Le nostre Sedi territoriali, che sono investite direttamente dal fenomeno infortunistico con esito mortale, prevedono l’attivazione tempestiva di più funzioni interne (medico-legale, di servizio sociale, ispettiva, amministrativa) nell’erogazione di prestazioni e servizi a supporto dei familiari superstiti», prosegue. «La figura dell’assistente sociale, mediante la collaborazione con le funzioni Vigilanza e Prevenzione interne alla Sede, nonché attraverso la creazione di strette sinergie territoriali con istituzioni e figure professionali preposte alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, può dare un importante contributo nel promuovere la cultura della prevenzione nelle comunità di vita e nei luoghi di lavoro, mettendo a disposizione la propria conoscenza del tessuto sociale ed economico-produttivo del territorio e le proprie competenze nella costruzione e potenziamento di reti territoriali di protezione per i lavoratori».

Già dal 2011, il “Regolamento per l’erogazione di dispositivi tecnici e di interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione” prevedeva la possibilità di realizzare progetti a supporto dei familiari dei lavoratori vittime di infortunio al fine di favorire il raggiungimento di livelli di consapevolezza e di adattamento utili per far fronte alle conseguenze dell’evento lesivo. L’attuale “Regolamento per l’erogazione degli interventi per il recupero funzionale della persona, per l’autonomia e per il reinserimento nella vita di relazione”, adottato nel dicembre 2021, estende la platea dei beneficiari degli interventi per il reinserimento nella vita di relazione anche alle persone unite civilmente, nonché ai conviventi risultanti dallo stato di famiglia anagrafico dell’infortunato/tecnopatico. Insomma, oltre alla rendita, all’assegno funerario per sostenere le spese di sepoltura e all’ulteriore prestazione economica una tantum a carico del Fondo di sostegno per le famiglie vittime di infortunio mortale, istituito presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, i familiari che hanno perso un proprio caro per via del lavoro possono beneficiare di tutti gli interventi messi in campo dai servizi sociali dell’Istituto per il reinserimento nella vita di relazione. «Gli interventi di sostegno sono attivati anche nei confronti dei familiari colpiti dal trauma della morte del lavoratore, i quali oltre all’angoscia e al dolore per la perdita della persona cara, allo smarrimento e al senso di solitudine interiore, si trovano spesso a dover affrontare con urgenza le conseguenze del drammatico evento: riorganizzazione dei tempi e compiti familiari, ridefinizione dei ruoli all’interno del nucleo familiare, instabilità della condizione economica», chiarisce Caristi. «Il tentativo è quello di fare impattare tali conseguenze il meno possibile sull’intero nucleo familiare, soprattutto quando al suo interno sono presenti figli minori».

La presenza di bambini in famiglia costringe i genitori a uno sforzo supplementare: al dolore per la perdita del coniuge si aggiunge la difficoltà di garantire ai propri figli quella sicurezza e stabilità di cui, in un momento così complicato, avrebbero particolarmente bisogno. «Il lutto, la sensazione di essere perduti, la paura di non riuscire ad assumere un nuovo ruolo genitoriale, le esigenze pratiche e le numerose problematiche con cui spesso occorre misurarsi (economiche, lavorative, talvolta anche giuridiche e fiscali) rischiano di bloccare la capacità di reazione del familiare, condizionandone anche la capacità di tutela e di cura dei figli rimasti orfani di un genitore», dice ancora Caristi. «Si rendono necessari, pertanto, tempestivi interventi di ascolto e di supporto psicologico-emotivo, in grado di accogliere la sofferenza e di dare sostegno, ma anche interventi di carattere educativo mirati a favorire la ricerca di modalità funzionali di reazione all’evento mortale e di riorganizzazione della vita del nucleo familiare, garantendo un ambiente che sia affettivo e di cura per i figli minori».

(Questa inchiesta in tre parti è pubblicata sul numero di giugno di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

Antonella Patete

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)