Tensioni agricole. I mercati dei cereali e quelli zootecnici ripropongono tutti i problemi e le fragilità del settore
Tensioni di mercato alle stelle, dunque. Accade anche in Italia. E non solo per quanto concerne la pasta.
Scarsità. Non per tutti, certo. Anche se la concomitanza di una serie di circostanze (climatiche ed economiche), porta molti osservatori del sistema agroalimentare e pensare che le difficoltà di reperimento degli alimenti possano estendersi. Segnale preoccupante, che va di pari passo con le tensioni che, sempre più importanti, trapelano dall’immagine di comparto saldo e coeso (e ancora fermo ai suoi aspetti bucolici), che in molti ambienti viene proposta del settore.
Come sempre, bastano pochi numeri per capire molto. Coldiretti, per esempio, ha fatto rilevare (con ragione) che dal grano al pane il prezzo aumenta di dodici volte. Non si tratta di una “sparata”. Con riferimento ad una analisi effettuata da Assopanificatori sull’aumento dei prezzi in autunno, i coltivatori fanno notare che un chilo di grano tenero è venduto a circa 26 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3,1 euro al chilo con un rincaro quindi di dodici volte, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito. Certo, tra il campo e la tavola vi sono diversi passaggi di fatto irrinunciabili. Ma il dato colpisce. Così come colpisce anche la grande variabilità dei prezzi al consumo che, viene sempre fatto notare, “non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano, che per lungo tempo sono state al di sotto dei costi di produzione”.
Sempre in tema di cereali (e cioè le coltivazioni di fatto tra le più importanti per l’alimentazione umana in tutto il mondo), dal sistema dell’industria italiana della pasta è arrivato qualche giorno fa un forte allarme. “Tra marzo e maggio non avremo abbastanza grano per fare la pasta”, ha spiegato un importante industriale attribuendo il problema ad una delle più importanti aree di produzione: il Canada. “Che è di gran lunga il primo produttore al mondo di grano duro e che quest’anno ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate anziché le solite 6,5″. Il risultato? Si sta assistendo ad una corsa all’accaparramento che non ha situazioni simili nemmeno risalendo ai periodi di guerra. Certo, si potrebbe dire, ci sono sempre i buoni e gloriosi grani duri nostrani: il problema è che i raccolti sono comunque scarsi e la materia prima per fare la pasta non è sufficiente.
Tensioni di mercato alle stelle, dunque. Accade anche in Italia. E non solo per quanto concerne la pasta.
“La situazione del prezzo del latte alla stalla è diventata insostenibile con pressioni al ribasso che non hanno ragione d’essere e che mettono a rischio tutto il sistema degli allevamenti in un momento in cui con la pandemia Covid è necessario continuare a garantire le forniture alimentati alle famiglie italiane”. Ha tuonato sempre qualche giorno fa il capo di Coldiretti, Ettore Prandini, facendo riferimento alla complessa condizione in cui si trova la zootecnica nazionale. “Siamo pronti – ha aggiunto -, alla mobilitazione per difendere le stalle italiane”. In questo caso, i problemi arrivano da una concomitanza di difficoltà: da un lato gli allevatori sono sotto pressione per i prezzi di vendita troppo bassi, dall’altro, i prezzi di acquisto di molte materie prime e dei foraggi (dal mais alla soia) stanno crescendo a dismisura. Gli allevatori chiedono più attenzione e quelli che tecnicamente si chiamano “contratti di fornitura” nei quali tra industrie di trasformazione e allevatori siano “concordati compensi equi perché a fronte dei i rincari delle materie prime alla base dell’alimentazione degli animali è fondamentale assicurare la sostenibilità finanziaria degli allevamenti sottraendoli al rischio di chiusura a causa di prezzi sotto i costi di produzione”.
Ma quale conclusione generale si può trarre da tutto questo? Sicuramente che il sistema agroalimentare nazionale e mondiale è molto più complesso di quanto si possa pensare. Una complessità che va di pari passo con una fragilità che permane nonostante tutte le innovazioni tecnologiche a disposizione dei produttori. E’ forse bene pensare di più a tutto questo: il cibo rimane fondamentale per tutti. Anche nell’era digitale.