Tra lacci e legami: la vita in un reparto di psichiatria

In “L’arte di legare le persone” Paolo Milone, che ha cominciato a lavorare nel 1980 in un centro di salute mentale, poco dopo la loro istituzione, racconta la psichiatria come un corpo a corpo incessante tra operatori sanitari e pazienti. Aprendo una finestra scomoda sulla contenzione meccanica

Tra lacci e legami: la vita in un reparto di psichiatria

Ma che poesia “L’arte di legare le persone” (Einaudi) dello psichiatra genovese Paolo Milone. Le parole ti entrano dentro una per una, così come i personaggi, le atmosfere, le situazioni. Perfino gli odori del Reparto 77 ti pare di sentire. E pazienti, infermieri, psichiatri ti sembrano tutti gli attori di uno spettacolo teatrale che le pagine scritte riescono a ricreare sotto i tuoi occhi. Con umanità e spirito di servizio Milone, che ha cominciato a lavorare nel 1980 in un centro di Salute mentale, poco dopo la loro istituzione, per proseguire dal 1988 al 2016 in un reparto ospedaliero, racconta la psichiatria come un corpo a corpo incessante tra operatori sanitari e pazienti, dove l’esserci conta più del riflettere e del teorizzare. Ma apre anche una finestra scomoda, provocatoriamente annunciata già dal titolo del volume, sulla contenzione meccanica: una pratica tuttora utilizzata in psichiatria, ma sempre più contestata da ampie frange del personale medico e della società civile. “Non è cattivo chi lega, legare è faticoso. È cattivo chi abbandona il paziente”, scrive Milone. Ma il dibattito ovviamente resta aperto e per tanti la psichiatria rimane (o meglio dovrebbe diventare) l’arte di non legare le persone.

(La recensione è tratta dal numero di luglio di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

Antonella Patete

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)